AMORE DZEKO PER LA BOSNIA: "A FINE CARRIERA TORNERO’ A CASA, LA MIA VITA È LÀ. LA GUERRA? MI RICORDO QUASI OGNI COSA, MA FU PEGGIO PER I MIEI GENITORI. ERO UN BAMBINO E FORSE È STATO MEGLIO NON CAPIRE TUTTO. MA QUELLA GUERRA NON SERVIVA A NIENTE" – SENZA TOTTI E DE ROSSI LA ROMA HA PERSO QUALCOSA – IL RAPPORTO CON MANCINI AL CITY: ‘OGNI TANTO MI INCAZZAVO, MA…’ – E POI PARLA DEL RAZZISMO E DI QUEL SOPRANNOME...

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Paolo Brusorio per “la Stampa”

 

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Da piccolo lo chiamavano kloc, il lampione. Con quel fisico era impossibile non farsi notare, ma sapeva di presa in giro. «Da bambino tutto ti dà fastidio, mi dicevano che con il tempo avrei capito. Così ora mi scivola tutto addosso».

 

Edin Dzeko è tornato in Bosnia e venerdì sfiderà l' Italia a Zenica, 70 km da Sarajevo.

La sua Sarajevo. Della Nazionale è il capitano e agli spareggi di Nations League cercherà di portarla agli Europei dopo averla rappresentata ai Mondiali.

 

Repubblica Ceca, poi Germania, Inghilterra e infine Italia: da calciatore errante che cosa significa giocare nel suo Paese?

«I miei genitori, mia sorella, i miei amici: tutti vivono a Sarajevo. Anche per questo la nazionale mi dà un' emozione unica. Spesso mi chiedono perché non smetto, ma io gioco con il cuore e lascerò quando mi chiederanno di farlo».

Quando torna, trova il tuo Paese cambiato?

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«È casa mia, non ci vado spesso e quando capita voglio fare tutto in pochi giorni. Come se dovessi recuperare il tempo. Io parlo spesso con mia moglie su che cosa fare a fine carriera, ecco, voglio tornare a casa. La mia vita è là».

 

Come convincerà i figli?

«Ogni tanto devo pensare anche a me stesso. Verranno con me e quando saranno grandi decideranno».

 

Ha mai raccontato loro della guerra? Dei bombardamenti sulla città quando aveva cinque anni, degli amici morti sotto le macerie?

«Io non amo parlare della guerra e loro sono troppo piccoli. Magari un giorno lo farò, sperando che nessuno di loro debba mai passare quello che ho vissuto io».

 

Che cosa le è rimasto di quegli anni?

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«Mi ricordo quasi ogni cosa, ma fu peggio per i miei genitori. Ero un bambino e forse è stato meglio non capire tutto, la gente ancora adesso non ha compreso che quella guerra non serviva a niente».

 

In quale nazione si è sentito più straniero?

«Nella Repubblica Ceca. Era la prima volta che andavo via da casa, mi sentivo solo, non parlavo la lingua. Avevo 20 anni e i social non esistevano ancora. Fu molto triste».

 

In Italia si sente straniero?

«Non sono italiano, ma ci sto bene».

 

Dzeko è italiano in che cosa?

«Ormai gesticolo come voi quando parlo. Il primo passo è imparare la lingua: se vai in un paese straniero e non sai esprimerti, allora è meglio stare a casa».

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Mancini l' ha allenata al Manchester City per due stagioni: l' ha ritrovato ct, sorpreso?

«Sapevo che era la sua volontà e ci è riuscito. Lui mi ha voluto in Inghilterra, nel nostro rapporto c' è stato un po' di tutto».

 

Tipo?

«Sono uno che vuole sempre giocare, lui non sempre mi sceglieva. Qualche volta ho sbagliato io, altre lui. Ogni tanto mi incazzavo, ma non la prendeva mai sul personale. Il rapporto è stato buono, quando lo vedo ci abbracciamo».

 

La Bosnia è stata la squadra che più ha messo in difficoltà l' Italia. Ora siete praticamente fuori, che cosa è successo?

«Saremmo dovuti esserci noi dietro all' Italia. Non la Finlandia. In alcune partite siamo stati molli, forse ci è mancata la mentalità. Ora abbiamo poche speranze, pensiamo alla Nations League: la partita di venerdì forse non servirà per il girone, ma a prepararci sì».

 

Con Mancini c' è una nuova Italia, è d' accordo?

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«Sì, anche contro di noi hanno giocato in modo un po' diverso. Ma solo agli Europei vedremo se l' Italia è davvero tornata».

 

Gioca con Zaniolo: pregi e difetti?

«Il primo giorno in allenamento andava a mille. E così ha continuato. Il talento ce l' ha, ma deve migliorare. È un bravo ragazzo e deve essere grato alla Roma, ora non deve pensare al futuro. Magari un giorno andrà altrove, gli ho detto di guardare avanti e non accontentarsi mai».

 

Che cos' è il talento per Dzeko?

«Una dote innata, ma inutile senza il lavoro. Da ragazzo allenavo solo il sinistro, convinto che il destro fosse già a posto. E ora calcio meglio di sinistro. Mai smettere di migliorarsi».

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Il più talentuoso con cui ha giocato?

«Forse David Silva. O Yaya Touré: un animale, in cinque anni ha perso un pallone».

 

Senza Florenzi è il capitano della Roma: sensazioni?

«Quella fascia l' hanno indossata Totti e De Rossi, pesa. Ma sono pronto».

 

Che cosa è cambiato da quando loro hanno lasciato?

«Con loro avevi più personalità in campo e fuori, si è perso qualcosa. Con me, Kolarov, Fazio, Mirante e Florenzi ci sono tanti giovani, ora sta a noi indirizzarli».

 

Dzeko all' Inter sembrava fatta, poi che è successo?

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«Il mercato è troppo lungo, nel mio caso ha pesato. Con la testa ero ovunque, così nel primo giorno di ritiro ho parlato con Fonseca e gli ho detto che mi sentivo un giocatore della Roma».

 

Si considera un nuovo acquisto?

«Sono più motivato e più contento. Quando sei così rendi di più».

 

Che qualità deve avere un allenatore per entrare nella testa di Dzeko?

«Deve avere personalità ed essere onesto. Fonseca lo è: ti parla con schiettezza anche quando non giochi, sa dare importanza a tutti. Ci ha fatto capire che qui c' è un progetto, non siamo di passaggio».

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Nell' ultimo Roma-Napoli è andato sotto la curva per zittire i cori razzisti, che cosa ha provato ?

«La cosa migliore è che dopo il mio intervento hanno smesso con quei cori».

 

Ha cercato di mettersi nella testa di certi tifosi?

«Non li comprendo proprio. Ho giocato con ragazzi di ogni paese, siamo tutti fratelli. Non capisco che cosa abbiano in testa, certa gente deve stare a casa. Allo stadio non ci serve».

 

La Juve resta imbattibile?

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«Sono sempre i favoriti, ma l' Inter può impensierirli. Conte trasmette fiducia».

 

E la Roma?

«Dopo una partenza negativa, ci siamo ripresi. Perdere a Parma non ci voleva, ma questa società deve stare in alto».

 

Il difensore più ostico?

«Chiellini. In campo mi dà davvero fastidio, la Juve ha vinto tanto anche grazie a lui».

 

È ambasciatore Unicef: se le dessero la bacchetta magica come la userebbe?

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«Non vorrei vedere più nessuna guerra nel mondo».

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