conte e zhang

GODETEVI LO SCUDETTO FINCHÉ CONTE NON SBROCCA - MADRON APRE TAG43.IT: "L’ALLENATORE HA VINTO MA NON NE PUÒ PIÙ, COL PRESIDENTE ZHANG NON SI È MAI PRESO E LA BARACCONATA DEL FOTOMONTAGGIO DI MESSI CON LA MAGLIA DELL’INTER ANDATO IN ONDA SULLA TIVÙ CINESE LO FECE IMBESTIALIRE - IL PARADOSSO È CHE NELL’ANNO DEL TRIONFO I SOLDI NON ARRIVANO E IL RISCHIO È SVENDERE I GIOIELLI: PER IL DIVORZIO È SOLO QUESTIONE DI TEMPO..."

Paolo Madron per www.tag43.it

 

steven zhang scudetto

Bilanci al tracollo. Compratori in fuga. La latitanza della proprietà cinese che ha lasciato sola la dirigenza dell’Inter. Il pallone è rotondo, la testa di Antonio Conte quadrata. Quella di Zhang Kangyang, per tutti Steven Zhang, tradisce la giovane età del ragazzino che quando entra nel luna park di San Siro resta abbacinato.

 

Cinque anni fa suo padre, padrone della conglomerata Suning, ha comprato l’Inter dalle mani dell’indonesiano Thohir e gliel’ha affidata. Dall’Indonesia alla Cina, dalla padella alla brace.

 

ANTONIO CONTE

Per un po’ le cose hanno marciato, la polvere è rimasta sotto i tappeti. Poi in Cina i conti della Suning hanno sbandato e alla testa della holding è subentrato di fatto il governo di Shenzen. A quel punto Zhang è sparito lasciando molti interrogativi e debiti.

 

Lo ha fatto in fretta e furia, come si trattasse di una fuga, e con iniziative che hanno destato sconcerto come la decisione di trasferire nottetempo in Svizzera le sue auto di lusso parcheggiate a Milano. Con gran sorpresa degli autisti che il giorno dopo non le hanno più trovate. Da allora un lungo silenzio rotto di tanto in tanto da una voce che ne annunciava il ritorno.

 

Fuga da Milano e (tardivo) ritorno

STEVEN zhang

Cosa avvenuta, dopo sei mesi di assenza, giovedì 28 aprile, quando Zhang è sbarcato a Malpensa. Ma a fare che? A godersi la festa per lo scudetto conquistato in anticipo sabato 1 maggio o a cercare di risolvere una situazione societaria che dire pesante è un eufemismo?

 

Crisi di numeri, ma anche di sfiducia della prima linea che si è sentita sola a sobbarcarsi responsabilità che l’azionista avrebbe quanto meno dovuto condividere. Inconcepibile. Tanto che Antonio Conte ha già fatto sapere che se ne vuole andare, e non solo perché sicuro che è quasi impossibile sbrogliare la matassa. Con Zhang non si è mai preso, forse anche mai capito. Sta di fatto che lui lo cercava e l’altro non rispondeva, perché quando vogliono i cinesi sanno fare muro come pochi.

 

steven zhang scudetto 2

Conte chiama, Zhang non risponde

Poi l’episodio che lo ha fatto imbestialire. È successo quando il giovane presidente ha trasmesso sulla tivù cinese del gruppo lo spot con il fotomontaggio di Messi con la maglia dell’Inter e sullo sfondo il Duomo, chiara allusione a un imminente arrivo del fuoriclasse da Barcellona. Una baracconata, e lì Conte non ci ha più visto.

 

Uno che invece ci vede benissimo è Alessandro Antonello. L’amministratore delegato dell’Inter sta vivendo sulle spine, e non potrebbe essere diversamente quando hai a che fare con una posizione finanziaria negativa per 550 milioni. E con il fiato dei revisori sul collo: si sa che da un anno e mezzo sono iscritti a bilanci ricavi inesistenti attribuibili a fantomatiche sponsorizzazioni di società cinesi che gravitano nell’orbita della galassia Suning.

il proprietario interista steven zhang

 

SuperLega, la salvezza svanita in una notte

Solo che non si può andare avanti in eterno come se niente fosse, bisogna svalutare. Ma se svaluti rischi di andare a patrimonio negativo, con tutte le conseguenze (libri in tribunale, commissariamento) che solo a evocarle i tifosi vanno fuori di testa.

 

Si può ridursi in queste condizioni nell’anno in cui la squadra si è appuntata lo scudetto? Si può, perché passione non fa rima con gestione, e i numeri sono refrattari alle mozioni del cuore. Zhang deve trovare sull’unghia 250 milioni per scongiurare il peggio. La soluzione gli era stata servita su un piatto d’argento dalla SuperLega, del cui pingue premio di ingaggio i nerazzurri avrebbero beneficiato. Ma si sa come è andata a finire.

 

Gli strani rapporti tra Suning e LionRock

Quindi sul campo resta Goldmann Sachs e le sue mirabolanti alchimie per realizzare l’impresa. Il dossier è in mano a Gregory Carey, banchiere di lungo corso attivo tempo fa anche in Italia nell’affare degli stadi (anche l’Inter dovrebbe averne uno nuovo di zecca, sindaco di Milano permettendo, ed è stato scelto il progetto degli architetti americani di Popolous) e per la parte legale a Paul Grey, partner dello studio legale londinese Dla Piper.

 

la celebrazione dello scudetto interista

Sulla loro strada però c’è un intoppo, anzi un macigno. LionRock Capital, il fondo di Hong Kong che aveva aiutato la Suning a comprarsi l’Inter rilevando una parte delle quote (31%) in mano al vecchio proprietario Thohir, rivuole i soldi.

 

Ha in mano una put che obbliga il cinese a riprendersele, e intende farla valere. Ma siccome la conglomerata cinese alla voce Inter ha le casse vuote, che si fa? Ed è qui che interviene Goldman Sachs con un’operazione di cui Tag43 ha visto le carte (vedi qui sotto).

 

Quel prestito al 9%

Si tratta di far emettere alla Great Horizon, il veicolo lussemburghese che custodisce la maggioranza assoluta dell’Inter, un prestito per liquidare LionRock. Solo che per piacere al mercato e renderlo appetibile ha bisogno di un rendimento molto alto, oltre il 9%.

 

steven zhang

Giallo nel giallo, all’origine quello di LionRock si configurava come un portage per conto della stessa Suning, si pensava che dietro ci fossero soldi suoi. Evidentemente non è così, o qualcosa nei rapporti tra le due società è andato storto.

 

Goldman Sachs e la ricerca del socio

Ricapitoliamo. Mentre la pazienza di Conte ha superato il limite, l’ad sportivo Giuseppe Marotta fa i salti mortali per far sentire un clima di normalità alla squadra e Antonello pensando ai numeri non dorme di notte.

 

Great Horizon deve liquidare LionRock, riprendersi il 100% della società per trovare poi un socio di minoranza. La cifra richiesta per un 25/30%? 250 milioni, 35 dei quali avrebbe deciso di tenerseli bontà sua la Suning e 5 se ne vanno in commissioni.

 

steven zhang

Dunque, sul conto dell’Inter dovrebbero arrivare poco più di 200 milioni giusto per pagare gli stipendi arretrati e tenere a bada i fornitori. Goldman Sachs ha portato al tavolo della trattativa molti fondi di private equity (da Bain a BC Partners a Fortress e altri) i quali si sono comportati come quegli avventori che una volta letto il menù del ristorante si alzano con una scusa e se ne vanno.

 

630 milioni che fanno scappare

Perché lo fanno è molto semplice: vedono la situazione debitoria complessiva della società, sanno le difficoltà in cui si imbatte la Suning a casa sua, e immaginano che i soldi investiti difficilmente torneranno indietro. Un escamotage ci potrebbe essere, imitando i cugini del Milan.

 

steven zhang

Quando il fondo Elliott prestò 320 mln a un altro cinese, il misterioso Yonghong Li, che non fu in grado di rimborsarli, scattò la clausola del “loan to own”. Tradotto in soldoni, “se non mi restituisci il denaro divento il padrone”. Ma trovarsi padrone di un’azienda disastrata quasi mai, a meno di clamorose rinascite, si rivela un grande affare. Tra i tanti spauracchi che consigliano i fondi a girar la testa altrove ci sono i 102 milioni di perdita del 2020 e gli oltre 630 di debiti complessivi.

 

ANTONIO CONTE

La morale della favola è un paradosso: l’Inter che sta dominando sul campo, che ha vinto lo scudetto, che ha una squadra di formidabili calciatori, rischia di schiantarsi sotto il peso dei suoi bilanci color rosso profondo. Conte da una parte, i conti dall’altra. Strade separate. Il divorzio, a meno di salvifiche soluzioni che però i numeri attuali non contemplano, sarà ineluttabile.

antonio conteANTONIO CONTEANTONIO CONTEantonio conteANTONIO CONTEantonio conteantonio conteANTONIO CONTEantonio conte foto mezzelani gmt28LITE TRA ANTONIO CONTE E ANDREA AGNELLIantonio conte

Ultimi Dagoreport

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)