andrea agnelli beppe marotta

PER LA JUVE IL PROBLEMA NON E’ STATO L’ADDIO DI CR7 MA QUELLO DI MAROTTA - DOPO IL TRICOLORE, L’AD INTERISTA HA GESTITO IL CALO DI LIQUIDITÀ DI ZHANG E TROVATO VALIDI SOSTITUTI AI BIG CEDUTI. I BIANCONERI INVECE HANNO LACUNE E VOCI DI CORRIDOIO DICONO CHE MAX ALLEGRI NON SIA GRANCHÉ SODDISFATTO DELLA ROSA - I TIFOSI BIANCONERI IMPUTANO AI PROPRI DIRIGENTI UNA PROGRESSIVA PERDITA DI LUNGIMIRANZA, DI ANNO IN ANNO, NEL PIANIFICARE IL FUTURO. E RIMPIANGONO MAROTTA…

Gabriele Gambini per “La Verità”

 

BEPPE MAROTTA E STEVEN ZHANG

Un fantasma si aggira per l'Europa del pallone, quello del consumismo, e si noti bene senza spaventarsi, consumismo con la «esse», termine che assume significati multilivello. Da un lato, ricorda a tutti che per allestire una squadra competitiva per la Champions League occorre spendere tanti soldi, facoltà concessa, in tempi di crisi, solo alle squadre foraggiate dai petrodollari.

 

Dall'altro che i portafogli delle società, soprattutto quelle italiane, sono consumati ed è indispensabile un sapiente mix di creatività sul mercato, tempismo nel condurre le trattative, visione strategica, per allestire rose complete senza indebitarsi. Sbarcare il lunario, insomma, senza sbancare i conti correnti, fare le nozze con i fichi secchi accontentando il palato dei tifosi. Qui entra in gioco il talento dei dirigenti sportivi di primo livello, capaci di tracciare la linea di demarcazione tra un club in salute e uno in difficoltà.

 

beppe marotta

Nella Serie A appena cominciata balza all'occhio l'esempio virtuoso dell'Inter e del suo amministratore delegato, quel Beppe Marotta da Varese la cui carriera recente si è mossa sull'asse Torino-Milano, determinando, numeri alla mano, fortune e sfortune di Juventus e Inter. Fortune con la sua presenza, disgrazie con la sua assenza. Guardiamo in casa nerazzurra. Approdato alla corte della famiglia Zhang a cavallo tra 2018 e 2019, quando i cinesi ancora non avevano chiuso i rubinetti di spesa, ha posizionato le pedine sullo scacchiere del mercato cercando di dare coerenza a un progetto in divenire.

BEPPE MAROTTA CON STEVEN ZHANG

 

Alla base della strategia c'è stato l'ingaggio di Antonio Conte, pezzo pregiato della panchina da lui lanciato ai tempi della Juve, scelto per compattare l'organico garantendo agli undici messi in campo un orizzonte progettuale il più possibile plasmato a sua immagine e somiglianza. Conte metteva il becco, talvolta con la collaudata tecnica delle rimostranze pubbliche, pure sugli acquisti, sapendo come farsi accontentare. In quella stagione i margini di spesa erano ampi: arrivarono Stefano Sensi dal Sassuolo e Nicolò Barella dal Cagliari - quest' ultimo diventato uno dei tre pilastri del centrocampo della Nazionale -, arrivò quel Romelu Lukaku capace di far dimenticare la partenza di Icardi.

 

beppe marotta foto mezzelani gmt

L'anno dopo, con margini risicati per gli acquisti, giunse pure Achraf Hakimi. Con lui lo scudetto, prima volta dopo uno strapotere decennale juventino, e i bianconeri annoveravano in rosa ancora CR7. Poi dalla Cina è giunto il diktat: i soldi sono finiti, non si spende più, anzi, si vende l'argenteria. Parte Hakimi, destinazione Psg, al prezzo di 68 milioni di euro, parte Lukaku, sponda londinese del Chelsea, per 115 milioni, se ne va Conte, allenatore poco incline a entrare nei ristoranti da 100 euro con 10 euro in tasca. Il rischio smobilitazione era elevatissimo, ma le mosse azzeccate, gestendo le pressioni della proprietà di Nanchino, lo hanno compensato.

 

simone inzaghi

Si siede in panchina Simone Inzaghi, reduce da convincenti stagioni con la Lazio e stipendiato con emolumenti di gran lunga inferiori a quelli del tecnico salentino, Edin Dzeko, filibustiere dell'area di rigore con piedi educati e senso del gol, viene prelevato dalla Roma praticamente gratis, riempiendo la casella di Lukaku senza farlo (per ora) rimpiangere. Un'esigua parte del denaro ricavato dalla cessione di Hakimi - 12 milioni circa - viene convogliata su Denzel Dumfries del Psv Eindhoven, prospetto dalle potenzialità rosee, ancora da dimostrare, ma pur sempre terzino della nazionale dei Tulipani.

BEPPE MAROTTA

 

C'è stato tempo anche per accontentare una richiesta dell'allenatore: ingaggiare Joaquin Correa, pupillo di Inzaghi, che si è presentato con una doppietta nella sfida col Verona. Apologia dei nerazzurri? Niente affatto, ma la sensazione è che la squadra abbia perso poca della sua recente competitività. Tira aria un po' diversa invece a Torino. Voci di corridoio dicono che Massimiliano Allegri non sia granché soddisfatto del materiale umano a disposizione.

massimiliano allegri beppe marotta

 

La partenza di Ronaldo è stata destabilizzante, il discusso labiale del mister toscano con Giorgio Chiellini dopo la sconfitta contro l'Empoli («Non è squadra...», avrebbero sentenziato i due) è emblematico. In più, c'è chi sostiene che Miralem Pjanic sarebbe stata pedina assai gradita ad Allegri per puntellare un centrocampo vulnerabile, e sarebbe arrivato a Torino con metà ingaggio pagato dal Barcellona. L'approdo sfumato avrebbe alimentato la delusione. Ulteriori voci di mercato parlano addirittura della possibilità di scritturare Sergio «El Kun» Aguero per l'attacco, finalizzatore esperto e rapace.

ANDREA AGNELLI E BEPPE MAROTTA

 

Che sia verità o semplice cicaleccio, alla fine si è deciso di riprovarci con Moise Kean, giovane dal talento un po' troppo bizzoso. I tifosi bianconeri imputano ai propri dirigenti una progressiva perdita di lungimiranza, di anno in anno, nel pianificare il futuro. Per questo, sussurrano i pettegoli, il fantasma di Marotta, dipendente al soldo delle società che lo ingaggiano, ma fermo nello scandire una propria autonomia decisionale, aleggia sotto la Mole

beppe marotta max allegri

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…