cabrini rossi

“PAOLO ROSSI? UN PORTASFIGA. PRIMA DEL RIGORE CHE SBAGLIAI IN FINALE CON LA GERMANIA, SI ERA AVVICINATO CHIEDENDOMI SE ME LA SENTISSI…” – ANTONIO CABRINI RACCONTA IN UN LIBRO LA SUA AMICIZIA CON PABLITO: “CAPITAVA CHE SQUILLASSE IL TELEFONO IN CAMERA, QUANDO ERAVAMO IN RITIRO, IN LINEA DELLE RAGAZZE CHE MI CERCAVANO. 'NO, ANTONIO NON C'È, MA CI SONO IO' ERA LA SUA RISPOSTA...”- LA GAVETTA, IL MONDIALE D’ARGENTINA, BEARZOT, LA SQUALIFICA PER IL CALCIOSCOMMESSE E LA TRIPLETTA AL BRASILE – VIDEO

 

Estratto del libro di Antonio Cabrini pubblicato da "la Stampa"

 

paolo rossi antonio cabrini

Tra me e Paolo è nato un grande rapporto d'amicizia anche fuori dal campo. Tra Rossi e la Juventus, invece, il rapporto è stato tormentato, ma sicuramente sincero. Lui è uno dei figli della Vecchia Signora, essendo cresciuto nel settore giovanile bianconero. Poi, la diaspora. Ha dovuto sudare per indossare la maglia della prima squadra, farsi le ossa a Como, Vicenza (soprattutto) e Perugia.

 

Ritorna alla Juventus nel 1981, in piena squalifica per il calcioscommesse. E pazienza se Paolo era un giocatore di altissimo livello, già nel giro della Nazionale in cui, tra l'altro, abbiamo esordito insieme nel 1978, chiamati a sorpresa da Bearzot (io ero al termine della mia prima "vera" stagione alla Juventus dopo un anno di apprendistato passato per lo più in panchina) per partecipare ai Mondiali argentini.

paolo rossi antonio cabrini

 

Il Mister, nella lista dei 23, aveva ancora delle caselle da riempire. Un mese prima della convocazione la federazione aveva organizzato un'amichevole a Verona con una squadra sperimentale. È una carta che si usa anche oggi quando il commissario tecnico vuole testare nomi nuovi. Dopo il match, Bearzot si avvicina a me. «Non dire niente a nessuno, ma ti porto in Sudamerica» mi comunica. Le stesse parole le dice anche a Paolo. Entrambi rimaniamo muti come pesci, e al momento della presentazione dell'elenco i nomi "Cabrini" e "Rossi" compaiono come per magia. L

 

paolo rossi antonio cabrini

a cosa stupefacente è che poi quella Coppa del Mondo la viviamo da protagonisti, visto che siamo titolari. E proprio lì inizia l'amicizia tra me e Paolo: in Nazionale siamo inseparabili, condividiamo la stessa camera. Un'amicizia preceduta qualche anno prima da un preambolo, ai tempi in cui lui era nelle giovanili della Juve e io in quelle della Cremonese: ci incrociammo nella finale del Trofeo Albertoni, quello che vinsero i miei Grigiorossi dopo i calci di rigore.

 

Ricordo quel ragazzo mingherlino che aveva lottato come un leone per arrivare lì, combattendo contro alcuni disturbi accusati nella fase della crescita: aveva problemi alle articolazioni ed era stato operato ai menischi in tenera età. Eppure, eccolo. Alla Juventus, dicevamo, arriva nell'estate del 1981.

PAOLO ROSSI MARCO TARDELLI ANTONIO CABRINI GAETANO SCIREA MICHEL PLATINI

 

Mancano ancora parecchi mesi al termine della squalifica, ma lui si allena come se dovesse giocare ogni domenica, fin dal precampionato a Villar Perosa. In cuor suo sa che Bearzot lo vuole per i Mondiali che si giocheranno l'anno successivo. E il Mister lo porta in Spagna nonostante Paolo abbia giocato solo 3 o 4 partite con la Juventus una volta terminato lo stop. Una scelta impopolarissima, che contribuisce a metterci contro la stampa. Una scelta che però alla fine ha pagato, perché Bearzot se ne fregava altamente di quello che scrivevano i giornali.

 

cabrini

A noi ripeteva: «Pensate a giocare, al resto ci penso io». Paolo, nelle prime tre partite, non tocca un pallone. Poi, si trasforma. Gol a raffica: capocannoniere della Coppa del Mondo e, a fine anno, Pallone d'Oro. I tre gol al Brasile sono stati un capolavoro. Per tanti motivi. Il principale è che i Verdeoro erano considerati da tutti come favoriti per il trionfo finale. Secondo me quello è stato il Brasile più forte della storia, più forte addirittura di quello con Pelé e Garrincha.

 

cabrini1

Era zeppo di stelle, tra cui Socrates, Zico, Cerezo, che sarebbero arrivati presto in Italia, mentre Falcao faceva già parte della Roma. Quella vittoria fu la svolta, soprattutto a livello mentale, suo e di tutta la squadra. Da quel momento, anche se buttavi la palla a casaccio nell'area avversaria, la prendeva sempre Rossi. Una calamita...

ANTONIO CABRINI COVER

 

E anche un portasfiga. Prima del rigore che sbagliai in finale con la Germania, si era avvicinato chiedendomi se me la sentissi. Se sono qui è ovvio che me la sento! Nella richiesta c'era dell'altro, perché, nel caso mi fossi rifiutato, sarebbe toccato a lui, che stava lottando per il titolo di capocannoniere... Fuori dal campo era una macchietta. Mi faceva da receptionist. Capitava che squillasse il telefono in camera, quando eravamo in ritiro, in linea delle ragazze che mi cercavano. «No, Antonio non c'è, ma ci sono io» era la sua risposta classica. Che sagoma.

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