chailly

“LA SCELTA DI DIRIGERE BORIS GODUNOV, ZAR ASSASSINO, È UN GESTO POLITICO. MA NON C’È ALCUN LEGAME CON PUTIN, È UN ATTO DI DIFESA DELLA CULTURA” - IL MAESTRO CHAILLY E LE POLEMICHE SULLA PRIMA DELLA SCALA: “LA GRANDEZZA DI QUEST’OPERA HA UN DEBITO PROFONDO NEI CONFRONTI DI VERDI E DI QUEL CUPO REALISMO CON IL QUALE DIPINGE MACBETH. LA SUA VERTIGINE DEL POTERE. IL TITOLO È POLITICO, NEL SENSO DI DIFESA DELLA CULTURA. VOGLIAMO FAR COMPRENDERE CHE…" - LA DAGO-RIVELAZIONE: CI SARANNO SUL PALCO REALE MATTARELLA, MELONI E URSULA VON DER LEYEN

https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/rsquo-rsquo-posto-te-se-non-rsquo-rsquo-metteteci-334222.htm

 

Gian Luca Bauzano per corriere.it

 

riccardo chailly

Nel mondo è tra i 10 titoli operistici più amati. Ma questa non è la ragione della scelta di aprire il prossimo 7 dicembre la stagione del Teatro alla Scala con Boris Godunov di Musorgskij. «Capolavoro assoluto, pietra miliare nell’arte e non solo lirica. Patrimonio dell’umanità. Impensabile non portare a compimento un progetto come questo pensato anni fa. Oggi questa proposta viene fatta dialogare dai media con la situazione politica internazionale, il conflitto russo-ucraino. Ma non è così».

 

Riccardo Chailly non esita nel rispondere. Il direttore musicale scaligero, sul podio della serata di Sant’Ambrogio, alla quale è stata annunciata la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ci tiene a sottolineare l’importanza di questa scelta per la Scala e per la nostra cultura. «Un capitolo legato al mio percorso artistico, condiviso con il sovrintendente scaligero Dominique Meyer. L’idea del progetto è in parte scaturita parlando anni fa con Ildar Abdrazakov durante le prove di Attila di Verdi, titolo con cui nel 2018 ho aperto la stagione».

 

BORIS GODUNOV

 

 

All’epoca Abdrazakov era Attila, ora è Boris nell’edizione firmata dal regista danese Kasper Holten: «Siamo entrati in sintonia sin dall’inizio. Anche se non avevamo mai lavorato assieme. Nelle sue idee registiche mi ritrovo», dice Chailly. Allestimento giocato sulla narrazione della secolare storia russa, scritta su un gigantesco rotolo di pergamena che dall’alto attraversa la scena e si appoggia su una macro carta del “continente” russo che è cornice all’azione, divisa in sette quadri autonomi tratti dall’omonimo testo di Puskin.

 

Boris una scena del nuovo spettacolo

riccardo chailly e sergio mattarella 3

Vicenda cupa: narra dell’ascesa al trono, nella Russia di fine ‘500, di Boris Godunov. Diviene zar grazie all’assassinio del giovane e vero erede, lo zarevic Dimitri. Anni di regno violento e l’arrivo del monaco Grigorij, impostore pretendente al trono di Boris, portano quest’ultimo alla follia e alla morte.

 

Abdrazakov, da Attila a Boris...

«Un interprete eccezionale. Lavoro con lui da almeno 20 anni. Anche su progetti sinfonico-corali. La sua autorevolezza vocale corrisponde al peso dell’interpretazione di questo ruolo.

Boris Godunov

 

Durante le prove di Attila iniziammo a parlare della potenza della partitura, della drammaticità della vicenda, del valore profondamente simbolico della narrazione. In particolare della versione che dirigo il 7 dicembre, quella del 1869, la prima scritta da Musorgskij, poi soggetta a riadattamenti richiesti dalla censura dell’epoca».

 

In scena il cosiddetto l’Ur-Boris, quasi un inedito per la Scala.

«Definirei scabroso per la sua modernità questo testo musicale. Con i professori d’orchestra, durante le prove abbiamo commentato l’originalità delle soluzioni. Versione già diretta nel 2002 da Valery Gergiev ma al Teatro degli Arcimboldi. Ora approda alla Scala. Idealmente riallacciandosi a uno storico 7 dicembre, quello del 1979: Claudio Abbado esegue questa partitura ma, rispetto ai sette quadri originari della prima stesura, ne aggiunge altri due scritti successivamente da Musorgskij».

 

 

riccardo chailly 1

Nel 1979 il gesto di Abbado venne letto come audace. La Scala il tempio del melodramma italiano nel mondo, inaugurava la sua stagione con un titolo “straniero”. Era capitato solo un’altra volta, nel 1974 con Fidelio di Beethoven e lo dirigeva un tedesco, mitico, Karl Böhm. La scelta abbadiana risultò essere una pagina indimenticabile negli annali scaligeri: a firma di Jurij Ljubimov la regia, a dir poco ieratica. Non solo. Si tratta del primo 7 dicembre presidenziale per Sandro Pertini, insediatosi al Quirinale nel 1978; al palco centrale preferisce la poltrona in platea, una scelta, questa, che lo contraddistingue ogni volta che andrà alla Scala. Dove Boris, opera amata da Arturo Toscanini, nel 1909 aveva avuto la prima rappresentazione italiana.

 

 

boris godunov

Ma Abbado, del quale lei è stato assistente, dica la verità, non c’entra proprio nulla con questa scelta?

«Resta indelebile il ricordo di quella serata del 1979. Come potrei dire il contrario. Pur non essendo più il suo assistente, Claudio mi aveva dato il permesso di seguire tutte le prove. All’epoca, però, grazie a lui, stavo scoprendo Mahler e Berg, Shönberg e il sinfonismo di Brahms. Ed è stata una sua scelta a farmi iniziare l’esplorazione del repertorio russo alla Scala. Questo Boris rappresenta il terzo capitolo di quel percorso»: Abbado nel 1981 invita Chailly a dirigere La fiera di Sorocincy, titolo sempre di Musorgskij; poi nel 1994, oltre un decennio dopo, è la volta di Prokofiev: un indimenticabile Angelo di fuoco. Adesso Boris.

 

Anche lei, come aveva fatto all’epoca Abbado, fa una scelta non italiana per il 7 dicembre. Una virata dal suo percorso scaligero iniziato con Verdi giovane, Puccini...

chailly

«Fondamentale per un direttore musicale imprimere a un teatro scelte culturali significative. Boris in realtà è la naturale “continuazione”, potremmo dire, del mondo verdiano di Macbeth, opera con cui abbiamo inaugurato il te atro nel 2021. Ci sono soluzioni musicali nelle due partiture che collegano le due opere. E noti una cosa, le date: l’ Ur-Boris è del 1869 e solo quattro anni prima Verdi siglava la seconda versione di Macbeth. Come scriveva un grande del podio come Tullio Serafin, la grandezza di quest’opera ha un debito profondo nei confronti di Verdi e di quel cupo realismo con il quale dipinge Macbeth. La sua vertigine del potere».

 

Uno zar russo e un monarca scozzese, assassini per conquistare il trono e infanticidi. Se non c’è politica e attualità in questo...

«La vertigine del potere, come scriveva appunto Serafin, purtroppo rappresenta un comune denominatore di tante realtà, in tanti momenti storici. Se intende che dirigere Boris alla Scala sia una scelta politica nel senso di legarla all’attualità di questi mesi, assolutamente no. Al contrario è politica, nel senso di difesa della cultura. Far comprendere che l’arte non può avere etichette di qualsiasi tipo.

boris godunov con Ildar Abdrazakov

 

Oltre 25 anni fa con Decca lanciammo un progetto pluriennale di denuncia nei confronti della discriminazione e del razzismo artistico. Iniziammo a incidere la cosiddetta Entartete Musik, la “musica degenerata”. Così il nazismo aveva etichettato la produzione di geni come Mahler, Zemlinsky, Berg o Schönberg, tutti artisti ebrei condannati dal regime solo per la loro origine. Fu un gesto politico. Certo. Ma nel senso di difendere il valore assoluto dell’arte. La scelta di dirigere Boris oggi e in occasione di una serata come l’inaugurazione della Scala, con i riflettori dei media di tutto il mondo puntati, si lega a considerazioni come questa».

 

claudio abbado 4

Despoti, assassini, infanticidi. Eroi negativi. Una luce di speranza?

«La troviamo alla fine di questa prima versione. Boris poco prima di morire ha una delle sue allucinazioni. Lo ritengo il climax dell’opera. Musicalmente potentissimo. Le sue ultime parole sono: “Perdonate”. Su un rullo di timpano rarefatto, la tragedia si chiude. L’anima è redenta».

 

 

riccardo chailly

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”