Giulia Zonca per “La Stampa”
Guardami ovvero non distogliere la vista, non sentirti imbarazzato. L'invito è quello di un padre alla figlia di due anni, ma vale per tutti. È Zheng Tao, 4 ori alle ultime paralimpiadi, 50 stile libero, 50 dorso, 50 farfalla, 4x50 e zero bracciate: «Guardami figlia mia. So andare veloce anche senza braccia». E non chiede di fissare quello che manca, i due moncherini all'altezza delle spalle non definiscono la sua vita, Tao si aspetta che la bambina guardi lui e sia fiera di chi è arrivato dove voleva pure se sembrava impossibile. Lui ha superato il dolore e il rischio di diventare un esaltato convinto di essere super umano dopo aver sconfitto la sorte. Zheng vince ori dal 2012, sbriciola record, fa collezione di gare straordinarie, ma questi sono gli unici Giochi in cui è felice. Davvero soddisfatto.
Nuota senza arti superiori, lo fa da sempre, il suo primo tuffo è stato un immersione a 13 anni: credeva di affondare senza possibilità di tenersi a galla e invece ha scoperto di saper volare sull'acqua. Da subito «il pesce volante senza braccia». Un soprannome che sembra il titolo di una fiaba per una storia capace di ispirare un romanzo. Questo ragazzo cinese, stufo di essere straordinario, ha perso le braccia perché da bambino si è lasciato attraversare dalla corrente. Un incidente orrendo che lo poteva uccidere, che lo ha cambiato, però non lo fermato.
Da quando ha scoperto che l'acqua è il suo elemento non ha fatto che migliorare ed è entrato in una nazionale che spende parecchio per gli atleti disabili. In Cina sono 85 milioni, quanto la popolazione della Germania, e i centri di alta specialità per chi passa allo sport sono tanti e tecnicamente avanzati. La medaglia di Zheng nei 50 stile libero è la vittoria numero 500 alle Paralimpiadi per la Cina dal 1984 a oggi, solo a Tokyo hanno messo insieme 184 podi. Il Pesce volante ha 30 anni, è abituato ai successi, si allenava 6 giorni a settimana, anche 10 km al giorno, dose da fondista. Poi ha detto basta: «Non faccio che aumentare i carichi, non faccio che spingermi oltre, voglio divertirmi».
Ha diminuito la fatica, è rimasto il talento e il piacere di nuotare. Per questo dopo i 50 dorso, specialità in cui parte aggrappato a un telo che regge in un morso, ha guardato la telecamera: «Guardami figlia mia». Ruqi è piccola, a lei viene spontaneo guardare papà e non può ancora capire il messaggio. Forse non ci sarà mai bisogno di spiegarglielo, magari i genitori le leggeranno «Murène», il racconto scritto dalla francese Valentine Goby e ricalcato sulle esperienze del Pesce volante senza braccia. In quelle righe, il ragazzo che ha perso le proprie abitudini e per un attimo crede di aver salutato con loro anche l'identità, impara a nuotare per amore.
Zheng lo sapeva già fare e rischiava di farsi bruciare dal suo dono, da quella scossa che prima gli ha tolto le braccia e poi gli si è agitata dentro trasformandolo in moto perpetuo. Senza tregua, senza nessuna possibilità di poter apprezzare i Giochi o godersi i trionfi. A Rio, nel 2016, è diventato famosissimo, la patria gli ha conferito la più alta onorificenza con cui ringraziano i giovani, il premio 4 maggio, dalla data che celebra la protesta studentesca anti imperialista. È tornato da eroe e ha capito che se non avesse trovato una misura avrebbe perso molto più delle braccia, avrebbe compromesso la ragione.
Il suo tecnico, anche direttore della squadra di nuoto paralimpica, è il suo mito. Non deve essere stato semplice spiegare a Zhang Honghul che i suoi metodi estremi lo stavano condannando alla tristezza. È la Cina dei risultati a ogni costo eppure l'allenatore legge «Il vecchio e il mare» ai suoi ragazzi: «Un uomo può essere distrutto, non sconfitto», Hemingway dentro l'ideologia comunista e non è certo la prima volta. Zheng ha preteso di più. Ora i km quotidiani non sono dieci, però la passione è raddoppiata e l'oro ha un altro colore. «Guardami», non per vedere l'atleta fenomeno, ma il papà da favola
zheng tao zheng tao 6 zheng tao 2