marziani scultura roma

UN MARZIANI A ROMA - DAL CONTROVERSO TRIBUTO DEL 2012 DI OLIVIERO RAINALDI A GIOVANNI PAOLO II ALLA STAZIONE TERMINI ALLE ‘FOGLIE DI PIETRA’ DI GIUSEPPE PENONE DAVANTI ALLO STORE DI CASA FENDI, VIAGGIO NELLA SCULTURA CAPITALE – E POI “GOAL” DI MARIO CEROLI A VIALE TIZIANO, LA GRANDE SPIRALE” DI ETTORE COLLA E L'ANELLO DI STACCIOLI ALLA GALLERIA NAZIONALE. "ROMA CAPITALE DEL MONDO REGGE LE REDINI DELL’ORBE ROTONDO…"

Gianluca Marziani per Dagospia

 

pietro consagra

Nessun turista per caso, scomparsi venditori ambulanti e gladiatori coatti, prostitute ormai senza salario e senza via Salaria, lockdown per guide turistiche e guidatori isterici, niente scippi e niente shopping: per tutti solo cibo, medicine e tabacchi, la nuova trilogia del vivere essenziale, un socialismo delle merci che sostanzia il minimo garantito (ma non per tutti, cara democrazia terrestre) mentre ci priva del godimento formato sudore. Roma è desertificata come mai accaduto finora, neanche in un’alba di ferragosto si era vista una Capitale inorganica e cartolinizzata, urbe zoologica per animali senza gabbia, città di monologhi da marciapiede e autobus da horror notturno. Roma, che di solito ha la personalità del set congenito, quasi fosse “The Roman Truman Show”, diventa oggi luogo postfilmico, oltre l’immaginario da sceneggiatori virus oriented, città della marmotta in cui ogni mattina ci alziamo per replicare azioni da salotto e supermercato.

 

L’era del contagio globale offre panorami mitici ma senza effetti speciali, al punto da rendere plausibile il realismo apocalittico di Cormac McCarthy. La primavera 2020 ci regala una Roma bellissima nel suo paradosso drammatico, un rehab metropolitano che ha messo in lavatrice asfalto, marciapiedi, sampietrini e verde pubblico. Solo oggi, con una città asettica che neanche Antonioni avrebbe fatto tanto, possiamo tracciare il circuito gratuito della scultura urbana.

 

giuseppe penone

Quando sono sceso sulla Terra destinazione Roma, ho subito guardato le opere pubbliche con occhio protettivo: mi sembravano tanti giganti buoni, in attesa obbediente nel loro spazio assegnato; una piccola metafora dell’educazione civica che oggi tocca tutti noi, per farci rispettare lo spazio come bene condiviso, distanziato e igienizzato.     

 

Partiamo dal piazzale davanti a Stazione Termini, dal controverso tributo del 2012 di Oliviero Rainaldi a Giovanni Paolo II. “Conversazioni” è un bronzo di sette metri ricoperto da una patina aliena, un veleggiante colosso con un mantello che sembra una tenda indiana. Mentre respira verso le Terme di Diocleziano, ricorda un rifugio cavernoso tra Batman e Louise Bourgeois, metafora accogliente di una città caotica dal grande cuore collettivo.    

oliviero rainaldi.ipg

 

A poche centinaia di metri, a Largo S. Susanna, si stagliano i quattro marmi bianchi di Pietro Consagra. “Giano” è un totem del 1997 dalle geometrie organiche, cinque metri d’altezza, a metà tra un carapace e un deserto scarnificato; semaforo neolitico dello sguardo che ci porta nel candore di una materia seduttiva, bifronte quindi aperta nei contenuti, metaforica come riusciva alla grande astrazione informale.  

 

Si scende verso via del Corso, fermata Largo Goldoni, davanti allo store di casa Fendi. Qui la natura innaturale ha fatto il suo decorso con Giuseppe Penone, raffinato artista di fama mondiale, maestro di alberi scultorei che tanto piacciono alle borghesie culturali. “Foglie di pietra” è un doppio tronco scarnificato che sostiene un masso marmoreo, una crescita d’artificio sul marciapiede che fronteggia il negozio. Fusione in bronzo d’equilibri sottili e veggenze climatiche, si esalta nella sua collocazione detonante, nella timida solitudine da anima persa, perfetta metafora del minimo necessario per restare diritti mentre portiamo in spalla il peso dell’esperienza.      

 

Navigo via computer e scendo verso il quartiere Flaminio, luogo di echi metafisici, ex terreno di battuage notturno nei dedali del Villaggio Olimpico, portato a nuova vita diurna con l’Auditorium di Renzo Piano e il Maxxi di Zaha Hadid. Davanti al CONI di Viale Tiziano si staglia lo scatto inaspettato, l’oggetto anomalo e straniante, la scultura ad effetto meteorite caduto. L’autore di “Goal” è Mario Ceroli, uomo della Pop Art In legno, qui artefice di un colosso da 35 tonnellate per oltre 16 metri d’altezza. Un incastro di poliedri concentrici, omaggio a Leonardo e alle vie scientifiche della società, opera di rara potenza nello spazio pubblico romano. Realizzata per i mondiali di Italia 90, oggetto di recenti vandalismi, la scultura in legno di pino russo si dimostra empatica, aperta e universale. Contiene la sfera planetaria e il pallone da calcio, macro e micro dentro la sua vertigine di scienza e flash creativo.     

colla

 

A pochi passi da viale Tiziano ci si avvia verso il Maxxi di via Guido Reni. La scultura di cui parlarvi è un neon firmato Maurizio Nannucci, una scritta da muro esterno che amplifica le tensioni scultoree del museo stesso, rendendo la parete un foglio elettrico del quartiere. La frase dice simbolicamente “More than meets the eye”, affinché si guardi oltre il visibile, in modo meno scontato, evitando le trappole del pensiero unico. Per residenti e spettatori assidui è un riferimento luminoso che obbliga alla traduzione, stimolando sinapsi che solo l’arte può accendere. Perché tradurre, non dimentichiamolo, significa dialogo e conoscenza, due armi che aiutano ad uscire da patologie spesso non tracciabili.   

 

Cambio di sponda, mi muovo verso il Foro Italico e raggiungo Arnaldo Pomodoro al Ministero degli Esteri, lì dove domina la più famosa scultura novecentesca nel territorio romano. Per chiunque abbia frequentato la Tribuna Tevere dello Stadio Olimpico, parliamo della fatidica “palla” dove darsi appuntamenti prima o dopo il match. “Sfera Grande” del 1967 è un magnifico esemplare dei mondi spaccati di Pomodoro, ben integrato ai contenuti di un ministero che cura le diplomazie col mondo. Sospesa su un letto d’acqua, la sfera in bronzo non perde drammaturgia e conferma l’ingegno fantasy dello scultore, la sua natura visionaria e surreale. Ma anche la veggenza sul futuro di un pianeta ferito, da suturare con estrema cura collettiva.  

 

Mi muovo sul Lungotevere ed eccomi a Piazza Monte Grappa, davanti al palazzo di Finmeccanica, qui dove spunta la fontana della Dea Roma del polacco Igor Mitoraj. Realizzata nel 2003, si staglia come volto ieratico della memoria che ci osserva, una testona di travertino dalla manutenzione controversa e dai risultati altalenanti. Mi sorge un dubbio: ma fosse più bella quando sembra il rudere di un paradiso perduto, avvolta dai segni del tempo, eco silente di una classicità ormai impossibile?

staccioli

 

Adesso risalgo verso il Museo Etrusco, lo supero e giungo davanti alla collezione in esterni de La Galleria Nazionale. Scelgo tre opere che considero perfette. La prima è “La Grande Spirale” di Ettore Colla, un antitotem giocoso che nacque a Spoleto per la mostra del 1962 “Sculture nella città”. Semplice ma spiazzante, terrena e al contempo spirituale, diviene contraltare geometrico all’anello di dieci metri firmato Mauro Staccioli. “Roma 2010” è un invito olistico al salto spaziotemporale, alla soglia verso mondi nuovi, una definizione del tutto tramite l’impatto del quasi nulla. La considero la più bella tra le sculture che cercano l’essenziale nello spazio finito, metafora in rarefazione che incornicia porzioni mentre si irradia verso gli orizzonti dello sguardo infinito.

 

La terza opera è un ruggito del leone o meglio, un verso silente dei leoni di Davide Rivalta sulla scalinata a tastiera della Galleria Nazionale. Mi sono innamorato di loro al primo sguardo, una passione totale per quelle fiere nere dalla materia lavica, segno di potenza che trattiene l’azione, di saggezza universale, di attesa del nuovo giorno. Sono loro, i nuovi leoni di Roma, a rafforzare la vigilanza atavica della lupa capitolina. Incarnano il soccorso che arriva da lontano, la forza saggia dei maestri, segno di una città meticcia dal cuore aperto, dove anche un marziano come me ha trovato la sua piccola integrazione.   

 

Il vostro Marziani da tastiera si ferma qui, cosciente di quante altre opere occupino spazi tra quartieri e rioni. Nel mio resoconto ho scelto le sculture del cuore, quelle che tracciano la mia sottile linea rossa nel deserto odierno. Avremo modo di allargare il racconto, parlando della collezione di Villa Glori, degli interventi in altri parchi pubblici, dei palazzi di Tor Marancia, delle centinaia di muri tra Ostiense, Testaccio, San Lorenzo e non solo, delle sculture di Paolo Buggiani e altri autori antagonisti, del museo abusivo firmato Seth… risentiamoci a breve, le sorprese romane non finiscono mai.

 

mario ceroli

Ripensando a Ceroli, Pomodoro e Staccioli, passo e chiudo con le parole di Federico Barbarosssa: Roma caput mundi regit orbis frena rotundi (Roma capitale del mondo regge le redini dell’orbe rotondo)…

Ultimi Dagoreport

antonio tajani pier silvio berlusconi marina roberto occhiuto deborah bergamini pietro labriola alessandro cattaneo

DAGOREPORT – QUALCOSA DI GROSSO SI STA MUOVENDO IN FORZA ITALIA: STUFA DI ESSERE PRESA PER I FONDELLI DAL PARACULISMO POLITICO DI TAJANI E DEI SUOI COMPARI SETTANTENNI GASPARRI E BARELLI, MARINA BERLUSCONI DA' IL VIA LIBERA AL CAMBIO DI LEADERSHIP IN FORZA ITALIA: IL PRESCELTO E' ROBERTO OCCHIUTO, REDUCE DA UNA TRIONFALE RICONFERMA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE CALABRIA - IL PROSSIMO 17 DICEMBRE IL 56ENNE GOVERNATORE LANCERÀ LA SUA CORRENTONA NAZIONALE IN UN LUOGO SIMBOLO DEL BERLUSCONISMO, PALAZZO GRAZIOLI, CONTORNATO DAI FEDELISSIMI DELLA CAVALIERA DI ARCORE, i "NORDISTI" DEBORAH BERGAMINI E ALESSANDRO CATTANEO - CHE C'AZZECCA ALL'EVENTO DI OCCHIUTO, LA PRESENZA DELL'AD DI TIM, PIETRO LABRIOLA? C'ENTRA LO SMANTELLAMENTO DEL SERVIZIO CLIENTI "TELECONTACT" DI TIM...

ignazio la russa matteo salvini giorgia meloni maurizio lupi

DAGOREPORT: HOMO HOMINI “LUPI” - DIVENTATO UN BRAVO SOLDATINO DELLA FIAMMA, PER LA SERIE "IN POLITICA NON SI SA MAI...", IL MODERATISSIMO CIELLINO MAURIZIO LUPI SI BARCAMENA TRA I FRATELLI LA RUSSA E I FRATELLI D'ITALIA - ALLE LUSINGHE DI CANDIDARLO NEL 2027 A SINDACO DI MILANO DI 'GNAZIO, ORA AGGIUNGONO LE COCCOLE DELLA DUCETTA CHE SI E' SCAPICOLLATA ALL’ASSEMBLEA DEL NANO-PARTITO FONDATO DAL SOSIA DELLA FIGLIA DI FANTOZZI - ESSI': SE PASSA LA NUOVA LEGGE ELETTORALE, CON SOGLIA DEL 40%, ANCHE L’1% DI “NOI MODERATI” POTREBBE SERVIRE ALLA MELONA PER DE-SALVINIZZARE LA MAGGIORANZA... - VIDEO

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO