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— S.S.Lazio (@OfficialSSLazio) December 22, 2019
2nd Goal Lazio.
Lulic ?
Supercoppa Arab eh Italia
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GUARDATEVELO TUTTA SERA, FINANCHE IN LETTO
Buonanotte & Sogni d’Oro !!#JuveLazio 1-3pic.twitter.com/wYf3wEXWnK
— Papo (@Certo_Che_Se) December 22, 2019
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, c’è qualcosa di implacabile e di inequivocabile nei risultati finali dell’agone sportivo, in questo caso del football. Dalla partita appena finita e che la Lazio ha strameritato di vincere, traggo l’impressione che questa Juve e questa Lazio si affrontassero dieci volte, otto o nove volte vincerebbe la Lazio, una squadra il cui meccanismo generale è perfetto.
In casa juventina s’era fatto un gran vociare sulla necessità di tenerne lì davanti tre, tutti e tre contemporaneamente, il terzetto degno di accendere fuoco e fiamme. E come se il gioco del football nascesse o per lo meno si decidesse lì davanti, e questo perché tieni lì davanti tre campioni smisurati. Il fatto nudo e crudo è che quando la Juve attaccava la Lazio ergeva una linea Maginot fatta di otto o nove uomini, e questo perché nei movimenti al centro del campo questa Lazio è superiore a questa Juventus. E’ semplice semplice.
Al centro del campo i loro reparti si armonizzano e si consolidano meglio dei nostri. E’ semplice semplice. La Juve di questo torneo 2019-2020 ha puntato su due giocatori “svincolati” che dovevano nobilitare il gioco del nostro centrocampo, il francese Rabiot e lo scozzese Ramsey. Dall’inizio del torneo nessuno dei due è stato mai rilevante neppure per dieci minuti. Centrocampo contro centrocampo, la Lazio ci è superiore. E’ semplice, semplicissimo. Giocano in cinque, e che cinque. E a non dire la fulminea perfezione dei loro attacchi in contropiede, contro i quali Sarri ha avuto ragione di giocarsi la carta Demiral, quel gran turco tanto veloce quanto ostinatissimo in difesa. Carta che non è bastata a parare tutte fiondate delle saette laziali, cinque o sei da cardiopalma di cui almeno tre letali.
MUGHINI CON LA MAGLIA DELLA JUVENTUS
Non ho il cappello in testa. Lo avessi, me lo leverei al passaggio di Simone Inzaghi e dei suoi prodi. Dirò una cosa in più. Che magnifico e furbissimo presidente quel Lotito, che con l’aiuto di Tare e con la spesa di quattro soldi ha messo in piedi una squadra capolavoro.
GIAMPIERO MUGHINI