A OPORTO CI POTEVA SCAPPARE IL MORTO – L’ODISSEA DEI TIFOSI INTERISTI ALLO STADIO DO DRAGAO – “ITALIANO? NON PUOI ENTRARE”; “SEI INGLESE? ALLORA SÌ”. NEGATO L’ACCESSO A UN MIGLIAIO DI TIFOSI NERAZZURRI IN POSSESSO DI REGOLARE BIGLIETTO. IN MOLTISSIMI SONO RIMASTI FUORI DALL’IMPIANTO AMMASSATI E MANGANELLATI DALLE FORZE DELL’ORDINE:

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E’ UN MIRACOLO CHE NON SIA FINITA IN TRAGEDIA – L’INDAGINE DELL’UEFA – VIDEO

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Estratto dell’articolo di Matteo Cruccu per corriere.it

 

 

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«Italiano?», « No, no, I’m from England». Mai avrei pensato in vita mia di dover camuffare le mie origini per poter ottenere qualcosa. Eppure è quel che è assurdamente successo martedì sera in quel di Porto, dove l’Inter disputava gli ottavi di Champions, al culmine di una serie di equivoci (e di disastri organizzativi da parte della società ospitante) che hanno rischiato di trasformarsi in una tragedia.

 

Ma riavvolgiamo il nastro: quando apprendo che i nerazzurri dovranno recarsi in Portogallo il primo tentativo, mio e di due amici, è quello di ricorrere all’acquisto dei biglietti nel settore ospiti. Non sono moltissimi e sono quasi tutti appaltati agli Inter Club, di cui non facciamo parte: uno dei due amici vive in Lussemburgo e riesce a comprare direttamente lui dal sito del Porto i biglietti (60 euro l’uno), perché non c’è alcuna limitazione all’acquisto nei cosiddetti settori neutri (cioé non le curve). Come del resto accade spesso a San Siro, dove i tifosi avversari sono mescolati con i nostri al di fuori della Nord e della Sud ( e così è accaduto all’andata infatti).

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(…)  Ci rechiamo al Dragao, lo stadio del Porto. E subito vediamo un’atmosfera che non ci convince, poco amichevole nonostante le rassicurazioni, con gli italiani, a qualunque settore appartengano , che sistematicamente vengono mandati in una sorta di anticamera cuscinetto tra il settore ospiti e il resto dello stadio.

 

Andiamo anche noi in quest’area e presto capiamo che da questo limbo difficilmente potremo uscire. Non si avanza verso gli ospiti, con la scala che porta verso questo ingresso nel frattempo stipata all’inverosimile come si è visto in diverse instantanee: un qualunque inconveniente creerebbe il disastro, perché le vie di fuga sono pochissime. Realizzato che non è stata prevista un’area «aggiuntiva» per gli interisti, proviamo a tornare all’ingresso per il nostro posto, ma ci viene detto che in quanto italiani dalla zona «limbo» non possiamo uscire. Italiani e basta, non interisti, tifosi o quant’altro. La situazione intanto si fa irrespirabile con la gente sempre più ammassata su quelle maledette scale. A un certo punto, a partita ormai quasi iniziata, ci consentono di riprovare a metterci in fila nel nostro settore dove avevamo il biglietto regolarmente acquistato.

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Ci andiamo, ma anche qui, ci accorgiamo, di nuovo, che qualcosa non va, come del resto avevamo subodorato all’inizio: la polizia controlla i documenti alla gente in fila, se scopre che sei italiano (italiano e basta) ti prende e ti riporta kafkianamente nel limbo da cui eravamo fuggiti. Inoltre molti di quei biglietti non funzionano ai tornelli (disattivati? Errore tecnico?): anche lì ti viene chiesto il documento. «Italiano? Non puoi entrare». Se invece dissimuli, l’addetto alla porta ti consente di accedere. Di qui l’idea di camuffarci: l’amico entra con la patente lussemburghese, io mi spaccio per inglese e non mi chiedono nulla, l’altro per norvegese e invece non basta. Io e il lussemburghese riusciremo dunque ad entrare, per il secondo tempo ormai, l’altro no: rimandato di nuovo in quel limbo (dove resteranno almeno 500 italiani), decide di rinunciare. Sembra una commedia di quart’ordine, senonché si è rischiata la tragedia in quel budello. Inaccettabile a questi livelli.

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