friedkin pallotta

DALLE POLEMICHE PER DE ROSSI E TOTTI ALLA QUESTIONE STADIO: ECCO COSA HA CONVINTO PALLOTTA AD APRIRE UNA TRATTATIVA PER CEDERE LA ROMA - IL MAGNATE USA DAN FRIEDKIN PRONTO ALLA SCALATA: ENTRO QUALCHE SETTIMANA FORMULERÀ LA PRIMA OFFERTA UFFICIALE (DA 600 MLN) – BALDISSONI IN USCITA – IL TOUR DEL TYCOON TEXANO A ROMA TRA INCONTRI DI LAVORO (LA QUESTIONE STADIO E’ STRATEGICA) E TAVOLE IMBANDITE

Matteo Pinci per la Repubblica

 

dan friedkin

La strada era segnata dall' estate. Quando il management della Roma propose a Pallotta un piano che rivoluzionava la strategia seguita fino a quel momento: cessioni soltanto per necessità sportive, stop alla politica di vendere giocatori strategici per sopravvivere. La conseguenza era la necessità di un aumento di capitale da 150 milioni di euro.

 

Così è iniziata la ricerca di un socio da parte del presidente americano dei giallorossi. Ricerca culminata nel profilo di un altro statunitense, Dan Friedkin. La missione a Roma si è conclusa: lui è ripartito mercoledì, ieri mattina i suoi uomini, una ventina. Entro qualche settimana completerà la due diligence sui conti del club giallorosso e formulerà la prima offerta ufficiale: il dado è tratto.

pallotta

 

Ma cosa ha convinto Pallotta ad aprire una trattativa per cedere la Roma? Soltanto 18 mesi fa, al club giallorosso si era interessata una delegazione di sauditi, emissari del principe Mohammed Bin Salman in persona. A loro, dopo i primi discorsi esplorativi, Pallotta aveva detto: «Non vendo». In questo anno e mezzo però ha dovuto fare i conti con una serie di delusioni che ne hanno minato le convinzioni. La prima crepa profonda è stato l' addio di De Rossi e le accuse che ne sono seguite.

 

baldini pallotta

Era convinto di avergli offerto molto, un posto da dirigente operativo, anche più che a Totti. Il "no" con umiliazione pubblica in quella conferenza e le successive accuse dei tifosi lo hanno ferito. Ancora di più lo strappo di Totti, che magari non reputava un amico ma che avrebbe voluto aiutare a diventare un dirigente formato, salvo sentirsi sbattere la porta in faccia («In due anni Pallotta non l' ho mai sentito»). Poi lo stadio, il vero spartiacque. Era arrivato fiducioso di chiudere la partita burocratica in tre/quattro anni. Ne sono passati sette, con due progetti diversi e 80 milioni spesi, ma a Trigoria si parla ancora di "fiducia". Con l' urgenza di investire altri 150 milioni, Pallotta ha aperto alla ricerca di investitori.

 

Certo lo stadio è un asset chiave anche per Friedkin: nei piani di sviluppo, una Roma senza stadio faticherà ad attestarsi sui 250 milioni annui di ricavi. Lo stadio sarebbe un volano da 400/450 milioni di fatturato. Indispensabile per evitare di dipendere ancora in futuro da altri aumenti di capitale. Il magnate che distribuisce Toyota negli Usa è pronto a lanciare la sua scalata.

dan friedkin

 

Sottoscriverà parte dell' aumento di capitale, 130 milioni, diluendo la partecipazione di Pallotta, e poi andrà a trattare il 51% del club, valutato un miliardo. Certo non si accontenterà di una quota di minoranza, che invece potrebbe conservare Pallotta. I legali sono già al lavoro per strutturare la proposta economica, dopo i kick off meeting dei giorni scorsi.

 

Ed è già partita una corsa a ricollocarsi da parte di tanti fuoriusciti della gestione Pallotta: movimenti destinati però a restare insoddisfatti. Il management della Roma ha dato il via a una "pulizia" della squadra, cedendo i giocatori non strategici o problematici. In autunno il ritocco ha coinvolto la governance, da cui presto uscirà anche il vice presidente Baldissoni. Ora c' è da ristrutturare la proprietà. E Friedkin può trasferire l' entusiasmo che nella gestione Pallotta era venuto meno.

 

DAL DE RUSSIE ALLO STADIO

Matteo Pinci per la Repubblica- Roma

pallotta

 

Raccontano che di tempo per girarla come avrebbe voluto non ne abbia trovato. Una passeggiata serale, utile a smaltire il jet leg, in una via Margutta deserta o quasi: erano giorno in cui il volto di Dan Friedkin non diceva ancora nulla a nessuno, a Roma. Oggi forse non sarebbe così facile per il magnate statunitense di 54 anni, maggior distributore di auto Toyota sul territorio americano, passare inosservato.

 

Oggi, l' altro americano a Roma compare su siti e giornali, diventando familiare anche a chi l' aveva visto inconsapevolmente volteggiare sulle ali di uno Spitfire nella scena finale del film " Dunkirk" di Christopher Nolan.

 

Le cinque giornate romane tra venerdì e mercoledì sono scivolate via tutte piuttosto simili per Friedkin, con lunghe riunioni negli uffici di via Principessa Clotilde, percorrendo a piedi i 230 metri che la separano dall' ingresso dell' hotel de Russie, il suo quartier generale. Con lui, oltre a legali, consiglieri finanziari e advisor, anche la moglie Debra e uno dei suoi quattro figli. Ha infilato una visita in viale Tolstoj all' Eur, dove è stato ricevuto dal management della Roma, pur nel completo anonimato.

 

totti de rossi

Curiosamente, passare al setaccio i social non è servito per rintracciare un suo scatto, un selfie con un curioso, con un impiegato dell' hotel: nulla. « Da noi non è abitudine, non facciamo mai foto con i nostri clienti», confessa una ragazza che lavora al de Russie. Certo non ha fatto in tempo a vivere la città come turista, ma non era la prima volta che la visitava, anzi.

 

Lo dimostra la scelta dei ristoranti per le cene: l' ultima, martedì, da Pierluigi in Piazza dei Ricci, con altre quattro persone, apprezzando la tartare di tonno con mango e salsa al basilico e un piatto di pasta. Non un caso: lì si erano fermati, a Roma, anche l' ex presidente Obama e il regista Tarantino. Insomma, il suggerimento a mister Friedkin potrebbe essere arrivato da amici molto influenti. Altra cena, altro giro, per un menù con vista sui Fori.

totti de rossi

 

In realtà gli avvistamenti a posteriori si sono moltiplicati: tassisti giurano di averlo accompagnato personalmente a Trigoria, ma il tycoon si è spostato sempre con auto private, anche se una visita nel centro sportivo - che nessuno conferma - non è esclusa. E' ripartito la sera di mercoledì lasciando l' hotel intorno alle 19. Potrebbe tornare a dicembre, quando la trattativa potrebbe essere già definita con Pallotta. Roma lo aspetta, lo stadio Olimpico pure. Certo Roma- Brescia, tra pioggia e pochi spettatori, non era la cornice giusta per dare il benvenuto (forse) a chi ha intenzione di regalare alla Roma una nuova occasione per sognare.

mauro baldissoni foto mezzelani gmt35

 

 

pallotta cessioni

 

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...