SINNER, THE WINNER: “SONO PROGRAMMATO PER VINCERE” – ALLA VIGILIA DEGLI INTERNAZIONALI JANNIK SI CONFESSA: “SE NON VINCO LA PARTITA NON DORMO LA NOTTE, E SE MI PRENDONO A PALLATE MI VIENE L'UMORE NERO - IL TALLONE D'ACHILLE? LE VESCICHE AL PIEDE DESTRO. LE MIE OSSA HANNO APPENA SMESSO DI CRESCERE, PER RISOLVERE IL PROBLEMA SONO ANDATO…” - NON SARÒ MAI QUEL TIPO DI GIOCATORE ECLETTICO, CHE VIENE A RETE, PREFERIRÒ SEMPRE STARE DIETRO, SUL FONDO. QUESTO NON VUOL DIRE CHE… - SORTEGGIO INTERNAZIONALI: SINNER DALLA PARTE DI RUBLEV, AL SECONDO TURNO POSSIBILE DERBY CON FOGNINI – FOTO BY MEZZELANI DAL FORO ITALICO

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Foto di Ferdinando Mezzelani per Dagospia

Emanuela Audisio per “il Venerdì di Repubblica”

 

Giacca a vento scura su una felpa rossa, cappuccio sulla testa, camminata dinoccolata. Potrebbe essere uno skateboarder, un boscaiolo, un surfista in gita nella baia più ricca del Mediterraneo. Invece è un Top 12 della racchetta.

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Quando si scopre la testa, viene fuori la chioma arancione che nel suo sport porta bene, da Rod Laver a John McEnroe. Jannik Sinner, vent' anni, è il braccio armato del tennis italiano. Anche accelerato e intenso. Se tira non è per far tornare indietro la palla, stile già definito sturm-und-bang.

 

Cinquecento posti scalati in due anni. Un fenomeno fatto a modo suo: «Tu non sei umano», gli rinfacciò il kazako Aleksandr Bublik, sconfitto, al momento della stretta di mano. Si aspettava un ragazzino, non un grande dittatore. Da qui la delusione: da quale pianeta vieni? Il marziano, come Ice-Borg, non si lascia distrarre, resta concentrato, più gli altri si arroventano più lui si raffredda.

 

Perché Sinner non esce mai dalla sua bolla, la sua essenza è dentro il campo, le misure della vita sono quelle del suo rettangolo preferito: 23,77 metri di lunghezza e 10,97 di larghezza. «Quando sono in campo sto bene, tutto torna, il rumore di fuori si spegne, anzi non esiste più, tutto ha una sua logica».

 

«ASTEMIO? CHE VUOL DIRE?»

Se Sergio Leone amava Clint Eastwood perché l'attore aveva solo due espressioni - una con il cappello e una senza - Sinner il cappello quando gioca non se lo toglie mai. Bel sorriso. Viene dalle montagne, si è trasferito (per allenarsi) al mare, è residente come molti tennisti nel principato di Monaco.

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Haus Sinner è a Sesto Pusteria, comune del Trentino-Alto Adige, nemmeno duemila abitanti, paese con una stazione meteo, ma senza ospedale, per questo Jannik nasce a San Candido, terra di confine. Riservato, non molto espansivo, meno congelato di Gustavo Thoeni che dopo l'oro olimpico nello sci a Sapporo rispose a 107 domande 84 volte con un monosillabo.

 

Dice: «Non bevo, né vino né birra». Ah è astemio, allora. «Cosa vuol dire?». Zero alcolici. Jannik ha imparato prima il tedesco e poi l'italiano. Aggiunge: «Devo tagliare il cibo. Niente fritti, purtroppo i dolci mi fanno impazzire, ma ho dovuto cancellare anche quelli. Via tiramisù e panna cotta».

 

Ma se è magro da far spavento. «La nutrizione è importante, se ti alimenti male sei più debole. E io voglio fare attenzione a tutto, lassù l'aria è sottile». Traduzione: ai vertici della classifica mondiale si arriva in pochi, anche i particolari contano e magari una fetta di Sacher ti stronca la salita. Nello sport si chiamano marginal gains: l'obiettivo si raggiunge occupandosi anche dell'un per cento, degli aspetti irrilevanti. Però se te lo dice un ragazzo di vent' anni fa effetto. Perché capisci che la sua vita è capitalizzare ogni gesto. Il resto è solo uno sfondo.

 

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Sinner con la racchetta vuole arrivare lassù, dove l'aria è rarefatta. «Da me pretendo il cento per cento, voglio sempre lottare, mi esalto nei punti importanti, sono programmato così».

 

Dice proprio programmato. Da bambino sciava, a sette anni è stato campione italiano di categoria in gigante, ma nel 2015 c'è stata l'occasione per fare il salto e lui è partito per il mare, per la Liguria, per studiare e mangiare tennis tutto il giorno all'accademia di Riccardo Piatti. «Il tennis ha questo di bello, che se perdi un punto puoi subito rifarti, invece se scendi dalla montagna e fai uno sbaglio sei condannato.

 

E a me di arrivare quinto o sesto non andava. Perché è inutile girarci attorno, io se non vinco la partita non dormo la notte, anzi mi domando perché, voglio subito riallenarmi per non rifare gli stessi errori. Non sono di quelli che allargano le braccia, se perdo il match-point è ancora peggio, e se mi prendono a pallate mi viene l'umore nero».

 

Bene, non giriamoci attorno, come è stata la vita da baby professionista? «I miei genitori, di origine tedesca, mi hanno sempre appoggiato, si chiamano Siglinde e Hans Peter, lavorano presso un rifugio della Val Fiscalina.

 

Ho un fratello, Mark, di tre anni più grande a cui sono molto legato. Però quando, dopo una sconfitta, chiamavo mamma per farmi consolare mi rispondeva che non poteva stare al telefono perché aveva da fare. Papà è cuoco, quando viene a trovarmi a Montecarlo sono contento, perché mi cucina, mamma serve ai tavoli».

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«LE MIE OSSA NON CRESCONO»

Il senso del lavoro, la strada da fare, la costruzione della perseveranza. Mai un lamento, un gemito, il dolore si gestisce, inutile imprecare. Sinner ha una carnagione molto delicata, piedi ossuti, dita lunghe. Il suo tallone d'Achille: le vesciche al piede destro. Inquadrato spesso dalla telecamera, senza calzino, incerottato, nel momento della sua via Crucis.

 

«Le mie ossa hanno appena smesso di crescere, così mi ha detto il medico, sono andato a fare esami in un centro che non rivelo, per vedere di risolvere il problema.

Bendo i piedi, metto imbottitura nelle scarpe, ma niente ha funzionato.

Ognuno ha le sue fragilità, in questo momento sono fuori Medvedev, Nadal, Berrettini, tutti per infortuni di gioco.

 

Non serve maledire, né farti compatire, devi saper accettare e continuare a combattere».

In tanti si stancano, anche a guardare il mondo dalla vetta. L'australiana Ashleigh Barty, numero uno, ha appena dato l'addio al tennis, a nemmeno 26 anni è già una ex, dice che vuole fare altro. «Mi ha sorpreso, eccome. Io non ci penso proprio.

 

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Però lei è fatta così, bisogna capirla, aveva già smesso anni fa per darsi al cricket, forse il campo le stava stretto o voleva stare di più con il suo fidanzato, prossimo marito. Di sicuro è una che ama provare cose nuove, però i suoi sogni li ha realizzati, ha vinto quello che voleva». L'idea che un sentimento possa far deviare la traiettoria di una pallina non fa per lui che appartiene alla Tennis Nation. «A me non verrebbe in mente di lasciare, credo nemmeno tra un po', però per un tennista prof australiano le trasferte sono impegnative, veramente down under, giù di sotto.

 

Metti che sei il numero 150 del mondo e ti piace tornare spesso a casa: te lo devi scordare perché ti devi pagare le spese e fare avanti e indietro con l'Australia è massacrante». E quanto lo è il pensiero di una guerra alle porte mentre la pallina rimbalza in campo?

«È brutto, noi la guerra non la conosciamo, ma i miei nonni sì e oggi basta un missile e tutto finisce, insomma c'è una tecnologia che fa molti danni. Però penso che vietare i tornei ai tennisti russi non sia giusto, non hanno colpe, e tra l'altro spesso vivono tutti all'estero».

 

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C'è una corrente di pensiero anglosassone che la reputa poco divertente, anzi noioso, per lo spettacolo del tennis che avrebbe bisogno di tipi più stravaganti, con personalità più eccentriche. Agli spettatori piace vedere tennisti chiassosi e geniali, che litigano, magari perdono, ma fanno audience, tipo Kyrgios, che lei ha battuto a Miami. E non la monotonia al potere.

 

«Ognuno ha la sua modalità, ci conosciamo, non si possono stravolgere caratteri e gioco per compiacere il pubblico. Però penso che il rispetto venga prima di tutto, io ci tengo. Posso migliorarmi, la strada è ancora lunga, ma non sarò mai quel tipo di giocatore eclettico, che viene a rete, preferirò sempre stare dietro, sul fondo. Questo non vuol dire che non farò smorzate, palle corte, mi sto attrezzando per qualche scelta in più e già mi sembra di fare più punti con il servizio.

 

Ho il potenziale per andare lontano». Voi NextGen siete la generazione che doveva mandare a casa i Big Three, i tre grandi vecchi oligarchi del tennis, Federer, Nadal e Djokovic, 109 anni tutti insieme, rischiate anche di offuscare quella di mezzo, Medvedev, 26 anni, Zverev, 24, Tsitsipas, 23. «Se allude ai successi dello spagnolo Carlos Alcaraz, 18 anni, si vedeva subito la sua straordinarietà, non solo ha talento, ma ha qualcosa più degli altri. Noi ai Big Three dobbiamo molto. Tre giocatori diversi e ognuno con grandi qualità. Quella che reputo una fortuna, e lo dico da atleta, è averli visti giocare, allenarsi, aver potuto guardare il modo in cui lavorano. E a volte anche condividerlo. Un'occasione immensa».

 

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«SARÀ DIVERTENTE»

Dopo sette anni con coach Piatti a Bordighera, ha deciso di cambiare aria e guida. Quasi volesse liberarsi di un padre putativo. E se ne è andato via di casa una seconda volta. Per alcuni voglia di libertà, per altri irriconoscenza. Per lei? «Sentivo che dovevo cambiare e trovare nuovi stimoli.

 

Ci ho pensato, ho deciso, ho fatto. Io sono così, vado, non ho paura, mi butto, anche se non è stata una cosa semplice, al momento dell'addio mi sono emozionato, perché significava separarsi da tutto un gruppo e un ambiente con cui ero cresciuto. Sì, mi sono commosso, perché quando lasci sai che i rapporti cambieranno. Ora sto lavorando con Simone Vagnozzi, ci vuole tempo, a volte sono soddisfatto e altre no, i momenti in cui le cose non vanno come vorresti ci sono sempre».

 

Sinner tifa Milan e ama gli eroi che durano. «Sono stato un fan di Tomba e di Kobe Bryant, mi piacciono LeBron James e Ibrahimovic perché alla loro età sono ancora dei performer, ho trovato eccezionali le parate di Donnarumma agli europei di calcio». Agli Internazionali di Roma c'è. «Sì, mi piace giocare in Italia e sono contento torni il pubblico, perché in fondo non sono così musone, essere amati e sostenuti è bello».

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E la musica? «Non la uso per caricarmi, però ascolto spesso le canzoni di Avicii, il dj svedese, morto nel 2018». Sì, si è suicidato a 28 anni, troppo stressato dalla fama e dall'abuso di alcol. Chissà se Sinner è veramente un imperturbabile e chissà quando alzerà la testa oltre le righe del campo. Per lui il futuro ha il formato rettangolare. Giura: «Sarà divertente».

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