GLI EROI CHE SALVARONO L’ARTE DALLA GUERRA – ECCO CHI SONO I "MONUMENTS MEN" ITALIANI CHE DIFESERO I NOSTRI CAPOLAVORI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE - GIAN ALBERTO DELL'ACQUA E LA FUGA CON I DIPINTI DI LOTTO, LA SINDONE NASCOSTA AL SANTUARIO DI MONTEVERGINE. E A PADOVA... - LA STORIA DEI MONUMENTS MEN, I SOLDATI CHE SALVARONO L’ARTE DALLA GUERRA, È NOTA DAL 2014 GRAZIE ANCHE  AL FILM DI CLOONEY - VIDEO

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monuments men monuments men

Pierluigi Panza per il "Corriere della Sera"

 

La storia dei Monuments men è nota al grande pubblico dal 2014 grazie al film diretto e interpretato da George Clooney.

 

Ricostruendo le biografie dei componenti britannici e americani della sottocommissione «Monuments, Fine Arts and Archives» che operarono nella Penisola, Alberto Meomartini e Andrea Villa hanno raccolto in un libro ( Identity Men. Gli uomini e donne che hanno difeso il patrimonio culturale italiano 1943-1951 , Skira, pp.285 euro 18) alcuni episodi che mettono in luce anche l' impegno di protagonisti italiani. Le conseguenze della risalita in Italia degli Alleati furono gravi per il Patrimonio: si va dal semplice bivacco dentro il Tempio di Paestum al bombardamento di Montecassino, a quello di Milano dal quale scampò il Cenacolo ma non la Scala (della quale Meomartini è consigliere).

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I nomi dei salvatori vanno da quello di Rodolfo Siviero a Emilio Lavagnino, Palma Bucarelli... ma se l' archeologo Leonard Woolley fu lo 007 dei Monuments men inglesi (anche Agatha Christie si ispirò a lui), il James Bond italiano fu Gian Alberto Dell' Acqua che negli anni dal '39 alla Liberazione mise a repentaglio la sua vita per mettere in salvo i capolavori di Brera, dove lavorava con Fernanda Wittgens.

 

LOTTO PALA MARTINENGO LOTTO PALA MARTINENGO

Nella primavera del '44 corse voce che si stava preparando un bombardamento su Bergamo. Dell' Acqua si precipitò per rimuovere i capolavori di Lorenzo Lotto, in particolare l' enorme tavola nella chiesa di San Bartolomeo. Il dipinto fu caricato di traverso su un camion sgangherato messo a disposizione dall' azienda tranviaria di Milano. Durante il trasferimento l' autocarro perdette una ruota e si inclinò paurosamente, quasi scivolando nel Lago Maggiore. Dell' Acqua ebbe un' idea per sistemare l' ingombrante «Pala Martinengo»: nasconderla all' interno della statua del San Carlone di Arona alta oltre 30 metri.

 

Il 25 settembre 1939 due automobili Lancia salirono i tornanti che conducevano al santuario di Montevergine a 1.270 metri sulla cima del Monte Partenio. A bordo monsignor Paolo Brusa e monsignor Giuseppe Gariglio, cappellani di Vittorio Emanuele III che portavano in salvo, chiusa in una cassa di legno ben foderata, cinta con uno spago, la Sacra Sindone.

sacra sindone montevergine 5 sacra sindone montevergine 5

 

Per la prima volta il lenzuolo usciva dalla cappella del Guarino Guarini dove era finita dopo l' acquisto da parte dei Savoia in Francia. La reliquia aveva «dormito» una notte nella cappella dell' Annunziata del palazzo del Quirinale prima dell' ultimo strappo verso l' Irpinia. Il nascondiglio fu comunicato a Pio XII ma non al duce. La Sindone rimase a Montevergine sino al settembre del 1943 quando l' area diventò l' immediata retrovia del fronte a seguito dello sbarco a Salerno.

 

la sacra sindone a montevergine la sacra sindone a montevergine

L' Unesco ha stimato che a causa dei bombardamenti tra la fine del 1942 e la primavera del 1945 siano andate distrutte nella Penisola una ventina di biblioteche pubbliche, con perdita di tre milioni di volumi stampati e 40 mila manoscritti. Su iniziativa dello storico Adolfo Omodeo si istituì una commissione per il recupero di documenti. Emerse che presso la Scuola apostolica dei padri Passionisti di Calvi Risorta si trovavano centinaia di casse provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Napoli: furono riportate a Napoli dal generale Clark. Altri libri furono ritrovati da Diane Keller nel convento di San Francesco a Minturno, vicino a Gaeta.

cappella ovetari mantegna 9 cappella ovetari mantegna 9

 

I Monuments men più anonimi furono, però, i cittadini.

 

Nel bombardamento di Padova dell' 11 marzo 1944 furono danneggiati il santuario di Sant' Antonio e la chiesa degli Eremitani e la Cappella Ovetari di Mantegna. L' indomani centinaia di cittadini si misero a raccogliere i frammenti degli affreschi in previsione di un futuro restauro, concluso nel 2006.

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