antony gormley

IRON GORMLEY - RIELLO: ARRIVA ALLA ROYAL ACADEMY DI LONDRA UNA RETROSPETTIVA DEDICATA AL NUME TUTELARE DELLA SCULTURA BRITANNICA - IL CAPOLAVORO “IRON BABY” - QUALCUNO RIFERENDOSI ALL’ARTISTA USA L’ESPRESSIONE “THE IRON MAN” CHE SUONA AFFETTUOSAMENTE AZZECCATA - L’OPERA PIU’ AMMIRATA E MEDIATIZZATA E’... PER LA SUA SPETTACOLARE TEMPRA QUESTA MOSTRA PIACE ANCHE AI NON ADDETTI AI LAVORI... – VIDEO

 

Antonio Riello per Dagospia

 

Antony Gormley

Antony Gormley (classe 1950, ma appare in foto sempre estremamente giovane rispetto alla sua eta’ anagrafica)  per la scultura Britannica e’ una specie di “Nume Tutelare”. In fondo piu’ o meno lo stesso ruolo che ricopre qui David Hockney per la pittura.

 

Gormley, un nome che si lega a grandi opere che segnano il paesaggio come “Angel of the North” (1994-1998) che si trova in Northumbria, vicino a Newcastle, e che rimanda, tra altre cose, anche al progetto che prevede l’utilizzo, a Londra, del quarto plinto in Trafalgar Square per ospitare installazioni artistiche pubbliche di grande visibilita’ (iniziato nel 1999 e fortemente voluto dallo scultore assieme alla Cass Sculpure Foundation).

 

Proprio per questo una sua mostra personale alla RA avrebbe potuto essere una storia un po’ pomposa, scontata e retorica. Quelle robe di “regime” poco appetitose e sostanzialmente celebrative. Ma il mondo accademico e i musei britannici non sono mai esattamente prevedibili e riservano (nel bene e nel male, naturalmente) sempre qualche sorpresa.

 

I punti essenziali a favore della mostra sono due. Il primo riguarda una eccezionale capacita’ da parte dell’artista e dei curatori (Martin Caiger-Smith e Sarah Lea) di mettere in perfetta relazione le installazioni con gli spazi della RA, in questo senso davvero una lezione magistrale di equilibrio dinamico tra contenitore e contenuto. Qualcosa che trasforma la visita in una avventura sensoriale sinestesica (anche l’odore del ferro fa la sua parte…). Il secondo punto consiste semplicemente nella grande varieta’ di opere che l’artista e’ riuscito a sfornare per l’occasione. Non ci si annoia mai e ogni sala ha una freschezza che non e’ per niente pretestuosa.

Antony Gormley

 

“Iron Baby” (1999) e’ la scultura visibile all’aperto nella Annenberg Courtyard: il corpo di un neonato in metallo in scala 1:1. Resilienza e fragilita’ assieme. Il metallo, e l’acciaio in particolare, e’ da sempre il materiale di Gormley per eccellenza. Qualcuno riferendosi all’artista usa l’espressione “the iron man” che suona affettuosamente azzeccata.

 

Un primo spazio e’ dedicato ai lavori degli anni 70 e 80 dove pietra, cemento e metallo suggeriscono l’idea di uno studio affollato di prove ed esperimenti. Come si dice in gergo un (virtuoso) “backstage”.

 

Il suo lavoro e’ illuminato da una felice attitudine umanistica, il metallo non e’ piu’ prevedibile sinonimo di fascinazione per la “civilta’ delle macchine”.

 

Si intuisce da subito come la ricerca di Gormley sia una sintesi tra un minimalismo organico e certi temi propri dell’Arte Povera. Ma contemporaneamente si puo’ anche notare una sottile e continua attrazione per la Land Art: in un modo o nell’altro la Natura e’ sempre protagonista nelle sue opere (in primo piano o magari solo sullo come una vaga presenza/mancanza sullo sfondo).

 

Antony Gormley

Delle lunghe sbarre in acciaio in tensione portano l’immaginazione verso i vettori della fisica e la velocita’ della luce. “Co-Ordinate VI” (2019) e’ un lavoro che si avvicina alle atmosfere di un Giovanni Anselmo o di un Mario Merz. Fisica dello spazio tempo (con paradosso incluso).

 

“Clearing VI” (2019) e’ una delle installazioni piu’ belle e tecnicamente intriganti della mostra. Occupa una sala enorme e consiste in un pazzesco groviglio fatto di piu’ di 8 Km lineari di tondino di acciaio (a sezione quadrata in questo caso) che si dipana occupando in pratica ovunque. Un vero e proprio labirinto tridimensionale che il visitatore puo’ affrontare e attraversare, qualora se la senta. Vuoto e pieno si giocano assai bene la partita.

 

Una altra sala che lascia il segno e’ quella che contiene “Matrix III” (2019). Immaginate una nuvola sospesa al soffitto fatta tutta di grate di ferro industriale. A seconda de punto di osservazione appare piu’ spessa, densa e solida oppure piu’ vuota e fragile. L’artista la descrive come: “il fantasma dell’ambiente che noi tutti abbiamo eletto ad habitat primario”.

 

Una elaborata, e apparentemente sconclusionata, costruzione in metallo, “Cave” (2019) occupa una sala adiacente. Ci si puo’ entrare come si entra in certe attrazioni delle giostre, una specie di tunnel dove la claustrofobia e l’oscurita’ si accompagnano alla fisicita’ molto particolare del materiale. Una sensazione non comune al limite della fatica psicofisica.

 

Antony Gormley

“Lost Horizon” (2008) disorienta in modo diverso e richiama quelle figure umane primordiali che sono i suoi lavori piu’ noti. Stavolta questi simulacri di corpi anziche’ essere come al solito in piedi sul pavimento sono fissati in modo incoerente anche sulle pareti e sul soffitto. Il tutto da’ la sensazione al visitatore di essere dentro a una di quelle incisioni di Escher dove il sopra diventa il sotto e viceversa. Il senso della gravita’ sembra andare a farsi benedire.

ANTONIO RIELLO

 

L’opera piu’ ammirata e mediatizzata e’ comunque “Host” (2019). Una vera sorpresa: il pavimento e’ ricoperto da uno strato di acqua e sale di diversi centimetri di spessore. Le pareti della RA si specchiano sulla superficie dell’acqua mentre un forte odore salmastro suggerisce luoghi e tempi lontani. Questa volta il contrasto (potente) e’ tra l’esterno ed l’interno.

 

In altri spazi sono raccolti molti disegni su carta e su taccuini, che coprono diversi anni di attivita’. Alcuni riguardano un suo lungo soggiorno australiano altri sono stati realizzati in Gran Bretagna. Tutti hanno una loro precisa autonomia rispetto ai lavori scultorei e tutti sono molto belli. La loro preparazione e i materiali usati (colla fatta con pelle di coniglio, colori realizzati con procedimenti tradizionali, etc. etc.) fanno pensare alle botteghe medievali d’arte con i loro “segreti del mestiere”.

ANTONIO RIELLO

 

E’ in gioco un artista che sa rappresentare bene un certo modo di fare arte concettuale usando con sapienza tecniche e materiali della tradizione. Immaginiamo un signore con delle considerevoli visioni poetiche che trasforma in realta’ materiale grazie ad un fabbro di grande talento. Entrambi nel loro ruolo molto bravi e creativi. Nel caso di Gormley il signore e il fabbro questione sono la stessa persona.

 

Per la sua spettacolare tempra questa mostra piace anche ai non addetti ai lavori, e questo non e’ necessariamente da considerarsi un limite.

 

Anthony Gormley

Royal Academy of Arts

Burlington House, Piccadilly

Londra W1J 0BD

Fino al 3 Dicembre 2019

 

 

 

 

 

 

ANTONY GORMLEYAntony Gormley

 

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