irma blank ruggeri

UN MARZIANI A ROMA - LA CAPITALE DELLE ARTI E’ UNA SPLENDIDA DONNA DEL NOVECENTO: ALLA GALLERIA NAZIONALE 40 ARTISTE IN MOSTRA: DOMINA IL PERCORSO UNA FORMIDABILE MARISA MERZ – NEL PERCORSO ESPOSITIVO ANCHE I TRAVESTITI GENOVESI SECONDO LISETTA CARMI – AL PALAEXPO’ IRMA BLANK (1934) È IN MOSTRA CON UN’INSTALLAZIONE DEL 1992. LYDIA SILVESTRI RIPENSA UNA DIMENSIONE FALLICA CON SPIRITO DADAISTA E INVENZIONI DA PENSIERO FLUIDO, QUASI AD ANTICIPARE UN’EPICA QUEER DELLA SCULTURA IN MARMO E BRONZO…

Gianluca Marziani per Dagospia

marisa merz galleria nazionale

 

Cari amici terrestri, vedo che il tema DONNA sta assumendo i contorni di una nuova onda del pensiero morale, versione evoluta delle carte paritarie che molte democrazie da tempo perseguono e non sempre difendono. Sarebbe bello se riusciste a integrare l’universo femminile in un processo selettivo che, slegato dal sesso e dagli orientamenti di gender, pesi il valore in una competizione alla pari, senza privilegi di natura maschilista e forzature d’indole machista.

 

Vedo ormai la via per una nuova civiltà generazionale, dove pedagogia infantile ed educazione familiare mettono i maschi fuori dalla piramide (qui il maschio si sente vertice) ma dentro il cerchio (qui il maschio fluttua senza un centro rituale). Nel frattempo, visto che la buona educazione terrestre passa per i buoni canoni culturali, musei e fondazioni offrono rinnovate visuali sul Novecento, ribaltando archetipi fasulli, ridando valore ad artiste di limpido talento, riscrivendo avanguardie e movimenti coi giusti contrappesi di gender.

 

marinella senatore galleria nazionale

Roma, oltre ad essere la città più propositiva nei periodi d’emergenza, si conferma la più sensibile verso l’universo DONNA nelle sue molteplici prospettive. Tre eventi espositivi tracciano una mappa di favolose madame delle arti visive, alcune defunte, altre vive e in attività, tutte diversamente diamantine per attitudine ed empatia.

 

Talenti di varia natura, speciali nel modello creativo e nella personalità iconografica, detentrici di una pratica spontanea che ha messo in discussione certezze e valori, svuotando la retorica del maschilismo con metafore visive di sinuosa e appuntita efficacia.

 

“IO DICO IO” - Galleria Nazionale

Da una frase di Carla Lonzi nasce una mostra (a cura di Cecilia Canziani, Lara Conte, Paola Ugolini) che intreccia linguaggi e generazioni, lungo la linea di un femminile che diventa coscienza, vitalità, militanza, autonomia, rinata bellezza. La direzione museale di Cristiana Collu ha sempre posto la questione in maniera centrale, evitando ogni diktat ideologico, avvalorando letture “altre” ma senza mistificare la Storia con militanze vendicative.

 

marinella senatore a la fondazione

“Io dico Io” segue la natura recente del museo e si distende su diversi ambienti, offrendo un circuito di tematiche galleggianti, non semplici da legare assieme ma ricche di suggestioni visive, accostamenti sensoriali, di circuiti ideali che invitano il pubblico a scivolarci dentro, senza cronologie lineari e passaggi didattici. La mostra è un flusso di apparizioni stimolanti, un oceano iconico di metodi ossessivi e pazienti, complessi riti artigianali, stratificazioni narrative, invenzioni estetiche.

 

Domina il percorso una formidabile Marisa Merz (1926-2019) che ha sempre ritratto la fisionomia della donna assoluta, fuori dal tempo sociale, fusione primitiva di potenza e cura amorevole, fragilità e bellezza resistente. Sempre a Torino viveva Carol Rama (1918-2015), maestra di fuoco e terra che immaginava un’informale di natura dadaista, tra gomme metaforiche, cuciture carnali, grafismi del karma, erotismi mestruali…

 

lydia silvestri quadriennale al palazzo delle esposizioni

Nel percorso incontrerete i travestiti genovesi secondo Lisetta Carmi, la pittura spirituale di Irma Blank, il naturismo poverista delle geometrie di Renata Boero (1936), i ritratti protoglam firmati Giosetta Fioroni (1932), le nebulose poetiche di Elisa Montessori (1931), gli espressionismi dolci di Antonietta Raphaël, (1895-1975), la sinuosità del sicofoil secondo Carla Accardi (1924-2014)…

 

QUADRIENNALE D’ARTE 2020 “FUORI” al Palazzo delle Esposizioni

Una bella rassegna che si allinea alle scritture curatoriali delle biennali nel mondo. La Quadriennale FUORI (con la direzione artistica di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol) distribuisce nelle sale un elevato numero di nomi al femminile, ribaltando le proporzioni di ruolo degli ambienti lavorativi, spingendo per un equilibrio che l’ambiente artistico compie da tempo in modo abbastanza naturale.

 

irma blank e il lavoro del 1992 riproposto alla quadriennale

Irma Blank (1934) è in mostra con un’installazione del 1992: 38 tele in sequenza su doppia parete, scandite da un blu oceanico in cui ogni pennellata corrispondeva al singolo respiro, frutto di un approccio metodico nel silenzio assoluto dello studio. La singola tela è stata dipinta da un lato e poi dall’altro, partendo dal centro, ricreando una scrittura astratta e prelinguistica, sorta di viaggio ancestrale nel rito fertile della produzione emotiva.

 

Lisetta Carmi (1924) è una delle grandi fotografe italiane, divenuta famosa col ciclo “I travestiti” in cui raccontava la comunità transessuale a Genova negli anni Sessanta. I curatori hanno scelto la serie del 1968 dal titolo “Il parto”: una sequenza durissima su una nascita senza censure, vero close-up warholiano con un bianconero che decolora il sangue mentre trafigge il voyeurismo e la retorica pornografica.

 

Simone Forti (1935) è una coreografa d’avanguardia che calibra nella performance la dimensione del corpo detonante. Le sue azioni fisiche la rendono una scultura vivente che si impregna di eventi e materiali naturali. Nei video in mostra l’artista interagisce con gli elementi di una spiaggia e con carte di giornali, diventando un collante tra la persistenza fragile delle cose e la resistenza militante di un corpo scrivente, autonomo, atomizzante.

 

claire fontaine presso la fondazione

Angela Ricci Lucchi (1942-2018) ha prodotto il più rigoroso progetto di videoarte sperimentale in Italia. Assieme a Yervant Gianikian (1942), fin dagli anni Settanta, ha riciclato e manipolato chilometri di pellicole impresse, ricostruendo i margini della Storia, ridefinendo i colori degli eventi, (ri)mappando i pesi e le misure delle memorie collettive.

 

Cloti Ricciardi (1939) ha sempre mescolato l’attivismo politico con l’anima artistica, integrando teoria e pratica nelle sue performance militanti degli anni Settanta. L’opera “Respiro”, concepita nel 1968, è un progetto ancora limpidissimo: una tela abitabile come una camera gassosa, ventre allegorico che si dilata e comprime come fosse un polmone, in connessione diretta con l’azione fisica dello spettatore.

 

Cinzia Ruggeri (1942-2019) ha creato oggetti onirici che mescolano moda e design, intuendo le direzioni postmoderne del Fashion System da social media. Una coppia di stivali e due pochette diventano una doppia Italia con il corredo di Sicilia e Sardegna. Il profilo di un décolleté si trasforma in una scarpa a scala che sale sulla parete. Lo spago ricrea la silhouette di un abito-rete che si apre allo spazio ambientale. Oggetti indossabili che diventano abitabili, motori che producono dissenso attraverso la loro sensualità giocosa ma vigile. 

 

claire fontaine a la fondazione

Lydia Silvestri (1929-2018) aggiunge un tassello alla storia della scultura italiana, rompendo quel monopolio che dava ai maschi una centralità sui materiali pesanti e sul lavoro muscolare. La Silvestri cercava l’erotismo ambiguo delle forme sessuali, una dimensione fallica qui ripensata con spirito dadaista e invenzioni da pensiero fluido, quasi ad anticipare un’epica queer della scultura in marmo e bronzo. Viste assieme in un allestimento ad isola, queste sculture irrompono nella semantica degli oggetti tribali, inventando un feticismo onirico per una sessualità non più binaria.

Nanda Vigo (1936-2020) rappresentava la Milano cosmopolita degli anni Sessanta, quello spirito architettonico che immaginava spazi tecnologici e immersivi, in armonia con il design industriale e il minimalismo americano. I curatori hanno puntato sui legami tra specchi e neon, ricreando un ambiente sensibile che ci lascia fluttuare senza un centro, in bilico tra il “reale” dell’arte e la “fantasia” del mondo fuori dal museo.

 

PASQUAROSA (con CLAIRE FONTAINE e MARINELLA SENATORE) - LA FONDAZIONE

Bella l’intuizione di Pier Paolo Pancotto che ha riscoperto l’arte di Pasquarosa (1896-1973) attraverso un dialogo postmoderno con Claire Fontaine e Marinella Senatore. Nata ad Anticoli Corrado e giunta a Roma nel 1912, Pasquarosa fu la compagna del pittore Nino Bertoletti ma, soprattutto, una pittrice con una vita da romanzo e una strepitosa autonomia di gender. I suoi modi e modelli sfidavano le convenzioni di una borghesia ottocentesca, incline a considerare la musa ma non la creatrice di mosse e azioni indipendenti. La sua pittura pendeva dal lato del buon ordine figurativo, senza distopie d’avanguardia visiva.

cinzia ruggeri quadriennale al palazzo delle esposizioni

 

Al contempo, era una figurazione d’ordine (ritratti e molte nature morte) che nascondeva le ebollizioni di un colore “trasgressivo”, una carica umana e sensuale che trasudava dai suoi fiori lisergici, dai dettagli matissiani, da un gusto alla Bonnard in cui il colore rispecchiava tutto il pathos interiore. Ad accompagnare Pasquarosa ci sono due nomi che danno lustro al presente: Marinella Senatore con diverse opere (già presente a La Galleria Nazionale con una luminaria testuale) e Claire Fontaine (collettivo nato a Parigi nel 2004) coi loro strepitosi statement su lettere a Led. Due installazioni e un doppio video misurano la convergenza della Senatore con l’universo karmico di Pasquarosa; un’installazione e le scritte luminose misurano il presente militante di Claire Fontaine, con frasi che inglobano l’autonomia “selvaggia” di Pasquarosa, la sua libertà identitaria, il suo essere un simbolo per il mondo a venire. A proposito: uno dei Led di Claire Fontaine dice “I Say I” che, tradotto, rimanda alla frase di Carla Lonzi che dà il titolo alla mostra presso La Galleria Nazionale.

 

Gianluca Marziani

Come direbbe qualcuno, anche senza scriverlo su un neon: tutto torna. Le tre mostre si uniscono a formare un ideale triangolo di colore rosa acceso, squillante come una luce femminile che sposa il giallo del sole e il bianco della luna. Al prossimo giro con il vostro marziano a Roma.

Gianluca Marzianicarol rama galleria nazionale

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