bonito oliva bertlmann

C’ERA UNA VOLTA L’ARTE (D’AVANGUARDIA) - ACHILLE BONITO OLIVA: "ALL'INIZIO DEL '900, LO SCANDALO ERA IL SEGNO CHE L'OPERARE ARTISTICO DIVENTAVA UNA EFFETTIVA TRASGRESSIONE ALLE REGOLE CHE REGGEVANO IL SISTEMA DELL'ARTE E IL SISTEMA SOCIALE NEL SUO INSIEME. OGGI INVECE IL SISTEMA RIESCE A INGLOBARE QUALSIASI TENTATIVO DI ROTTURA E DI NOVITÀ. E NEL SUO SISTEMA DI RELAZIONI, PROPONE UN PARADOSSO: IL MERCATO COME OPERA D'ARTE”

Achille Bonito Oliva per “Robinson - la Repubblica”

BONITO OLIVA 33

 

È da tempo ormai che l'arte vive su un sistema vitale di relazioni articolate in una triade: opera, pubblico e mercato. Una vitalità che nasce dal bisogno di comunicare e di contattare il pubblico con i propri problemi. Per questo oggi " avanguardia" è una parola patetica e abusata. L'avanguardia presuppone la possibilità e la presunzione della rottura e della novità.

 

All'inizio del Novecento, quando la situazione storica permetteva ancora all'artista l'illusione di poter fare dell'arte uno strumento di lotta e di trasformazione della realtà, allora effettivamente l'avanguardia era autorizzata dai fatti stessi a esistere.

 

Infatti lo scandalo era il segno che l'operare artistico diventava una effettiva trasgressione alle regole che reggevano il sistema dell'arte e il sistema sociale nel suo insieme. Oggi invece il sistema riesce a inglobare qualsiasi tentativo di rottura e di novità, sia che si tratti di gesti diretti come la politica che di gesti indiretti come la cultura.

eve babitz marcel duchamp 1963

 

Non esiste avanguardia perché pensare in questi termini significa avere dell'arte una visione darwinistica, evoluzionistica nel senso più ottimistico del termine, come se l'arte si evolvesse in maniera coerente e in un suo progressivo sviluppo al di fuori delle contraddizioni.

 

Ma quali sono queste contraddizioni? Naturalmente quelle tipiche del sistema dell'arte e dunque del sistema in generale. Il sistema dell'arte dunque è costituito, ricordiamolo, da tre elementi: opera, pubblico e mercato.

duchamp

 

Nell'arte contemporanea l'opera si presenta sempre con un suo aspetto sperimentale, in quanto è messa alla frusta dalla competizione che essa deve subire da parte delle tecniche di riproduzione meccanica che hanno una capacità di cogliere il vero e di tradurlo in termini di immediatezza, compito che prima spettava alle arti figurative.

 

Da qui per l'arte (le arti figurative) la strategia dell'impurità: scelta di materiali e di tecniche inedite, non contemplate dalla tradizione e dalla storia dell'arte. Dall'impressionismo ad oggi l'artista ha trasgredito varie regole canoniche: la prospettiva rinascimentale che serviva a dare allo spettatore l'illusione di una profondità ottica nel quadro, il mito della simmetria e della proporzione e le categorie di pittura e scultura.

BONITO OLIVA MOANA

 

A un mondo in cui egli non riconosce, stravolto da un'industrializzazione che vive sotto il segno del profitto e dell'avvento della civiltà di massa, l'artista risponde attraverso la negazione degli altri due elementi della triade: pubblico e mercato.

Dorfles, Bonito Oliva e Umberto Eco

 

Infatti il pubblico, abituato ad essere "massaggiato" e confortato da un'arte che inseguiva ancora il mito della bellezza, si trova, senza alcuna mediazione, di fronte a opere che lo respingono, perché basate, intenzionalmente, sull'apologia dell'eccentrico, dell'ermetico e dell'inconsueto.

duchamp la gioconda con i baffi

 

In una parola tutti elementi che, in luogo della tradizionale visione tranquillizzante della realtà, creano nello spettatore disagio e una iniziale impossibilità di lettura. A un'arte "materna", che ci spiega tutto e ci consola dalle brutture della vita quotidiana, subentra un'arte «che punisce e mortifica le aspettative del pubblico, per distillare i veleni del dubbio» .

 

Così all'inizio anche il museo, istituzione che ha la funzione (raccogliendola, selezionandola e catalogandola) di socializzare l'arte e di tramandarla, respinge tali prodotti. E il mercato funziona soltanto attraverso l'intelligenza (culturale ed economica) di pochi collezionisti privati e l'intraprendenza di alcuni mercanti, i quali, strumentalizzando l'emarginazione di tali opere, agiscono come previdenti imprenditori investendo con un minimo di prezzo e di rischio in sicuri capitali in ascesa.

bonito oliva franco angeli castellani e pino pascali

 

In questa maniera è facile comprendere che allora esisteva, sì un mercato, ma non era nato ancora l'abnorme problema della mercificazione. Il mercato era il luogo dello scambio eventuale del (non ancora accertato) valore artistico con un reale valore economico (il denaro).

 

Il mercato, dunque, non faceva ancora domanda dei prodotti dell'arte, ma si limitava ad accoglierli. Ovviamente l'arte d'avanguardia svolgeva anche un ruolo di promozione culturale e di identificazione sociale.

 

les femmes d'alger picasso

Il mecenate era il ricco borghese, qualche volta un compagno di strada, che acquistando un'eccentrica opera d'arte affermava le proprie affinità elettive con l'artista che l'aveva prodotta e dunque si riconosceva come partecipe del suo milieu sociale e culturale. Anzi, spesso l'incomprensione del salotto, costituito dalle persone del suo ambiente, lo rassicurava come tra i pochi depositari dell'intelligenza dell'opera d'arte.

jackson pollock

 

Con felice cinismo l'artista d'avanguardia ha utilizzato questi tic del collezionismo, per sopravvivere e dare continuità alla propria ricerca. Una ricerca che, quasi per statuto, poggiava all'inizio su tre bisogni primari: la rottura del linguaggio tradizionale, la novità delle tecniche e dei materiali adoperati e il conseguente scandalo.

 

pollock drip painting

Spesso le avanguardie del Novecento hanno praticato una sorta di "schiaffo al pubblico", al gusto medio dello spettatore che veniva profanato e oltraggiato da queste opere impure. Ma con il tempo il pubblico ha acquistato come un muscolo, una capacità di assorbire i colpi bassi dell'arte senza più spaventarsi, accettando anche nello spazio sacro del museo esposizioni d'avanguardia. Come ho già scritto altrove, il filtro del museo garantiva ora l'autenticità di un'arte che, se avallata appunto dal museo, doveva pure avere un suo valore.

 

Anzi, più l'arte d'avanguardia cercava di uscire dalla storia dell'arte più erano i suoi tentativi eversivi, più essa veniva pedinata dal museo e dal mercato. Per museo non intendiamo solo lo spazio fisico dell'esibizione ma lo spazio culturale e mentale in cui avviene la contemplazione dell'opera da parte del pubblico.

willem de kooning

 

Inoltre, col progredire delle strutture produttive, il mercato scopriva che la rottura, la novità e lo scandalo diventavano incentivi che davano all'arte quella pubblicità che ne imponeva la presenza e il valore. Anzi, l'intelligenza pratica del mercato si spingeva fino al punto di scoprire che la cosiddetta poetica (la fedeltà alle proprie immagini, alle proprie tecniche, ai propri materiali) garantiva all'opera un marchio di riconoscimento.

 

Un riconoscimento che le permetteva un'immediata cattura e assorbimento.

Quando l'artista d'avanguardia scopre che la propria poetica più è ossessiva, nel senso che ricorre alla stessa immagine, più è mercificabile, tenta una tattica ulteriore: quella della contraddizione e della diversificazione del prodotto. Crea opere l'una diversa dall'altra adoperando ogni volta materiali diversi.

 

mark rothko

Ma anche questa alla fine è risultata una fuga in avanti, in quanto il mercato si è adeguato anche a questa condizione. Qui nasce il problema della mercificazione. La caduta a merce dell'opera d'arte, assorbita non per la sua qualità, ma per il suo puro valore di quantità e di appartenenza a quel mondo mitico che è quello della creazione artistica.

 

Paradossalmente il mercato artistico cerca di ribaltare e di riqualificare il ruolo negativo della mercificazione, presentando come ineluttabili i fenomeni accidentali della creazione artistica e come universale la produzione, storicamente delimitata, dell'arte.

 

aste da christie s 4

Noi sappiamo che le tradizionali qualità dell'opera d'arte sono: l'universalità, la necessità e l'oggettività. Ora questi caratteri vengono assunti in proprio dal mercato che, nel suo sistema di relazioni e dunque nella sua struttura globale, propone un paradosso: il mercato come opera d'arte.

 

Un ingranaggio lucido e perfetto che afferma la propria universalità attraverso la distribuzione internazionale del prodotto artistico, la propria ineluttabilità attraverso l'assicurazione (seppur mistificatoria) di sopravvivenza e di sostentamento economico dell'artista, la propria oggettività attraverso la coscienza cinica (nel nostro sistema neo-capitalistico) di dare statuto di esistenza e riconoscimento all'opera d'arte.

aste da christie s 1moma new york 7moma new york 6dago e achille bonito oliva

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni maurizio belpietro francesco saverio garofani sergio mattarella

DAGOREPORT - IL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE MELONI” NON ESISTE: LO “SCOOP” DELLA “VERITÀ” È STATO CONFEZIONATO CON L’OBIETTIVO DI PRENDERE DI MIRA SERGIO MATTARELLA, COME MASSIMA RAPPRESENTANZA DI QUEL "DEEP STATE" CHE I CAMERATI DI PALAZZO CHIGI HANNO SUL GOZZO – LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SOGNA L’EGEMONIA ISTITUZIONALE: BOCCIATO IL PREMIERATO, VUOLE CAMBIARE CON LA FORZA IL SISTEMA MODIFICANDO LA LEGGE ELETTORALE E INSERENDO IL NOME DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SULLA SCHEDA (COSI' DA BYPASSARE DI FATTO I POTERI DI NOMINA DEL PREMIER CHE SPETTANO AL COLLE) - MA NON TUTTO FILA LISCIO: LEGA E FORZA ITALIA SI OPPONGONO PERCHE' NON VOGLIONO ESSERE CANNIBALIZZATI DA FDI E IN CAMPANIA E PUGLIA SI PROSPETTA UNA BATOSTA PER IL CENTRODESTA - DA QUESTO DERIVA QUEL NERVOSISMO, CON VITTIMISMO PARACULO ANNESSO, CHE HA SPINTO GIORGIA MELONI A CAVALCARE IL “COMPLOTTO DEL COLLE” – E SE FDI, PER BOCCA DI BIGNAMI E MALAN, NON AVESSE RINCULATO, DAL QUIRINALE SAREBBE PARTITO UN SILURO A TESTATA MULTIPLA...

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…