C’È NEUROTOSSICITÀ NELL’ARIA - L'ESPOSIZIONE ALLO SMOG AUMENTA IL RISCHIO DI SVILUPPARE DEMENZA: LO CONFERMANO LE RICERCHE SULLE MALATTIE VASCOLARI E NEURODEGENERATIVE CHE SOTTOLINEANO IL LEGAME DIRETTO TRA INQUINAMENTO E SALUTE CEREBROVASCOLARE - LE MINUSCOLE PARTICELLE DI PARTICOLATO PENETRANO IN PROFONDITÀ E DAI POLMONI PASSANO NEL SANGUE, DEVASTANDO L'ORGANISMO…

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Nicla Panciera per "La Stampa"

 

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Il coronavirus ha fatto registrare una riduzione nell'inquinamento dell'aria, stimata fino al 17% in aprile, secondo un lavoro su «Nature Climate Change» che ha analizzato i dati di 69 nazioni, un campione del 97% delle emissioni globali e dell'85% della popolazione mondiale. In Italia il calo massimo delle emissioni è stato del 27,7%. Il Crea, Centre for Research on Energy and Clean Air, però avverte: l'«effetto rimbalzo» è già in atto nelle città cinesi, dove con la ripartenza il particolato fine, gli ossidi di azoto e l'anidride solforosa hanno superato i livelli dello stesso periodo del 2019. La qualità dell'aria è una questione prioritaria per la salute.

 

EFFETTI DEL CORONAVIRUS: IN UN MESE CALATO LO SMOG SUL NORD ITALIA EFFETTI DEL CORONAVIRUS: IN UN MESE CALATO LO SMOG SUL NORD ITALIA

Vivere in un ambiente in cui lo sforamento dei limiti è la regola non fa bene: a tornare sul tema sono due allarmanti studi apparsi su «Jama Neurology» e su «Neurology». Il primo, un lavoro del Karolinska di Stoccolma, conferma il legame diretto tra inquinamento e salute cerebrovascolare: l'esposizione allo smog aumenta il rischio di sviluppare demenza. Il team di ricercatori ha seguito per un massimo di 11 anni 3 mila adulti con un'età media di 74 anni, nel cuore di Stoccolma, dove il livello medio annuo di particolato di Pm2,5 è ben al di sotto del limite in Europa e negli Usa.

 

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Eppure sono emersi effetti dannosi sulla salute: il rischio di demenza aumenta del 50% per un aumento di 0,88 microgrammi al metro cubo della concentrazione di Pm2.5 e del 14% per un incremento di 8,35 microgrammi al metro cubo della concentrazione di ossidi di azoto. Emerge, inoltre, che l'effetto dell'inquinamento sulle capacità cognitive è mediato dagli effetti vascolari: quasi il 50% dei casi di demenza da inquinamento era dovuto a ictus.

 

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Il legame tra l'inquinamento atmosferico e le malattie neurovascolari e neurodegenerative è stato al centro dell'ultimo congresso mondiale di neurologia lo scorso ottobre a Dubai. Le sostanze inquinanti sono neurotossiche, danneggiano cioè il cervello, e lo fanno più di quanto non si credesse all'inizio e sono associate alla comparsa, anche nei giovanissimi, di danni cerebrali e di una maggiore incidenza di declino cognitivo e neurodegenerazione, Alzheimer incluso.

 

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Le minuscole particelle di particolato, inalate, penetrano in profondità e dai polmoni passano nel sangue, devastando l'organismo. «Neppure il cervello è protetto dagli inquinanti più piccoli, che sono in grado di attraversare la barriera ematoencefalica, i cui meccanismi di protezione vengono alterati. A questo si aggiunge l'accesso delle particelle al cervello attraverso il bulbo olfattivo», spiega Stefano Cappa, professore di neurologia dello Iuss e responsabile del Dementia Clinical Research Center dell'Irccs Mondino di Pavia.

 

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Il secondo lavoro, apparso su «Neurology», la rivista dei neurologi americani, ha confrontato gruppi distinti di residenti nell'area Nord di Manhattan e nei quartieri di Inwood e Washington Heights per oltre 6 mila persone, monitorate con test di valutazione neuropsicologica, risonanza magnetica ed esami di laboratorio per un massimo di sette anni. Sono emersi un maggiore deterioramento cognitivo e un più rapido declino in funzione dell'esposizione all'aria di cattiva qualità, al netto di altri fattori di rischio come quelli sociodemografici.

 

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Sono risultati che, per la prima autrice del lavoro, Erin Kulick della Brown University School of Public Health, «sollevano la questione se i limiti imposti per legge siano sufficientemente bassi da proteggere la salute delle persone». La quasi totalità della popolazione urbana europea, nove cittadini su 10, è infatti esposta a concentrazioni di polveri fini superiori ai valori stabiliti dall'Oms e, secondo l'Agenzia Europea per l'Ambiente, l'Italia è la peggiore d'Europa con 76 mila morti premature correlate all'inquinamento atmosferico da Pm2.5, ozono e biossido di azoto.

 

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E ora c'è il sospetto che l'aria avvelenata, oltre a causare cancro e malattie polmonari e cardiache, abbia a che fare con la crescita delle demenze, definita, quest' ultima, dall'Oms «un'epidemia». Dati simili sono apparsi sul «British Medical Journal», su «Lancet» e su «Brain». Stiamo assistendo - ha detto Caleb Finch, gerontologo della University of Southern California - «alla nascita di un settore del tutto nuovo. E' come la ricerca su tabacco e cancro 70 anni fa». Dice Cappa: «Analisi post-mortem sui cervelli di animali e uomini a Città del Messico hanno rivelato un eccesso di placche e di ammassi neurofibrillari nei cervelli anche molto giovani.

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Tra le ipotesi attualmente allo studio sui meccanismi in grado di spiegare questi effetti c'è la componente di danno vascolare, molto studiata e che si accompagna alla neurodegenerazione, favorendola; c'è l'infiammazione, dovuta sia all'attivazione cronica della microglia, le cellule immunitarie del cervello, sia all'accelerata deposizione di proteine neurotossiche, marcatori neuropatologici dell'Alzheimer.

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Abbinando questi robusti dati neuropatologici alle evidenze epidemiologiche, è chiaro che l'inquinamento va considerato un fattore di rischio per l'Alzheimer e in una situazione in cui non si vedono progressi rilevanti nella ricerca di una cura è urgente agire su questi fattori»

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