Estratto dell’articolo di Federico Mereta per www.repubblica.it
Si aggiunge un nuovo tassello alle conoscenze sul programma alimentare di digiuno intermittente. Ed è un'osservazione che fa riflettere. Perché pone una domanda chiara. Alla lunga, questa strategia nutrizionale è sempre positiva? Una ricerca americana condotta su una popolazione di più di 20.000 adulti dice di no. E sembra andare controcorrente rispetto a quanto emerso negli ultimi tempi. Lo studio dimostra, come riporta una nota dell’American Heart Association, che chi concentra l’alimentazione in sole otto ore presenta un potenziale rischio maggiore del 91% di decessi per patologie cardiovascolari, come infarto ed ictus.
Ovviamente in confronto a chi invece tende ad “allargare” i ritmi dei pasti, con le canoniche 12-16 ore al giorno di introito alimentare. Il tutto, va detto, senza particolari effetti positivi legati al digiuno intermittente nemmeno su soggetti a rischio, come chi già avuto patologie a carico di cuore ed arterie o chi soffre di tumore. A lanciare questo sasso nello stagno delle conoscenze, andando controcorrente rispetto ad alcune recenti evidenze, è una ricerca ancora preliminare presentata come abstract al convegno “'Epidemiology and Prevention?
Lifestyle and Cardiometabolic Scientific Sessions 2024” dell'American Heart Association, in corso a Chicago. Attenzione: va sottolineato che lo studio è solo osservazionale e quindi non consente di trarre conclusioni sui meccanismi che potenzialmente potrebbero entrare in gioco per spiegare quanto avviene.
Lo studio ha coinvolto circa 20.000 adulti negli Stati Uniti, di età media di 49 anni, seguiti mediamente per 8 anni (con picchi fino a 17 anni). I dati sono stati messi a confronto con quelli di persone decedute negli USA. E’ emerso che chi concentra l’intero apporto alimentare in meno di 8 ore ogni giorno presenta un rischio di decesso per patologie cardiovascolari più elevato del 91% rispetto alla popolazione di controllo, con un incremento del rischio che si osserva, seppur con un peso molto diverso, anche in chi soffre di malattie tumorali o appunto cardiovascolari.
Non solo. Anche chi ha concentrato gli alimenti in sole 10 ore o meno ha comunque mostrato un rischio più alto di circa due terzi per ictus o patologie cardiache. Infine, limitare nel tempo il consumo di cibo non ha ridotto il rischio complessivo di morte per qualsiasi causa. Insomma: pur con tutte le cautele del caso, lo studio va preso con le pinze perché preliminare e basato su questionari autocompilati dai soggetti coinvolti, si impone una riflessione. […]
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