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LA ''POTENZA DI FUOCO'' SI SPEGNE IN BANCA - AZIENDE, IMPRENDITORI E PROFESSIONISTI CHIEDONO PRESTITI CON LA GARANZIA DELLO STATO? PRIMA DEVONO PORTARE UNA CATERVA DI DOCUMENTI, POI NON ARRIVA NULLA. MANCO 10MILA EURO. RACCONTA UN AVVOCATO: ''LA MIA BANCA MI HA DETTO CHE ANCORA NON HANNO EROGATO NEANCHE UN FINANZIAMENTO. MA LE MIE SPESE CORRONO E LE DEVO PAGARE TUTTE''

 

1. COME LA GARANZIA DELLO STATO NON DÀ LIQUIDITÀ ALL’AZIENDA. STORIA ESEMPLARE DI UNA BANCA CHE REMA CONTRO

Giuliano Cazzola per www.startmag.it

 

Ho ricevuto una mail da un piccolo imprenditore, il quale mi ha raccontato – fornendomi la relativa documentazione – della via crucis a cui sono sottoposte tante persone come lui che si recano in banca a chiedere il prestito che dovrebbe essere erogato in breve tempo e senza problemi perché garantito dallo Stato fino a 25mila euro. Ovviamente non faccio nomi né dell’imprenditore né dell’istituto di credito. Convinto come sono di vivere in un regime autoritario è bene essere cauto. Conservo, ad ogni buon conto, le mail che mi sono pervenute. Ora la storia.

GIULIANO CAZZOLA

 

Si tratta del titolare di una piccola azienda meccanica attiva dal 2018 che produce macchine per pasta fresca. La ditta lavora in esclusiva per una società commerciale di una grande città a cui hanno ceduto i brevetti. Attenzione, però: non siamo in presenza – come si diceva una volta quando i sindacati contrastavano i processi di decentramento produttivo – di un “reparto distaccato” di un’impresa più grande.

L’azienda partner semplicemente commercializza quei prodotti in esclusiva, in forza di un contratto stipulato lo scorso anno. Si noti che il fatturato 2019 si è attesto intorno ai 392mila euro. Poi è arrivata la pandemia e i nostri sono stati fermi quasi 2 mesi e mezzo.

 

Il titolare, alla data fatidica indicata dalle legge, si è recato in banca e ha presentato la domanda compilando i moduli semplificati previsti. Poco dopo lo ha chiamato il direttore della filiale sciorinandogli un sacco di obiezioni: 1) l’azienda ha un solo cliente (i motivi sono stati ricordati prima); 2) non avendo affidamenti la banca non sa come l’azienda gestisce i debiti (per fortuna non ce ne stanno); 3) nonostante il buon cash flow la giacenza è sempre molto bassa (per forza – obietta il titolare – non avendo debiti i soldi si usano per tirare avanti la baracca…); 4) quanto alla garanzia dello Stato la direzione dell’Istituto ha deciso di non essere interessata.

 

Tutto ciò premesso, il titolare potrà avere accesso solo ad un prestito, in pratica normale, corredato della necessaria documentazione e della fornitura di garanzie reali (immobiliari, ecc.). Il bello, a proposito della semplificazione, emerge, ‘’dalla cintola in su’’, dall’elenco dei documenti richiesti (NB: per un prestito che fino a 25mila euro dovrebbe essere garantito dallo Stato). Eccolo di seguito.

*modello unico dell’amministratore e dei soci della società. (2017-2018-2019)

*bilancio della società 2018 (anche parziale)

 

 

 

*esiste un piano strategico o business plan visto che la società è da poco costituta? In tal caso occorre produrne una copia

PRESTITO

*elenco dei clienti/fornitori

*elenco delle eventuali proprietà immobiliari della società con relativo valore indicativo

*elenco delle proprietà immobiliari dei soci della società con relativo valore indicativo

Ovviamente non si tratta della documentazione richiesta agli stranieri extracomunitari attestante il loro patrimonio in patria, onde poter accedere al reddito di cittadinanza; ma questa documentazione richiesta alle imprese è tale da accendere qualche preoccupazione in chi chiede il prestito. Pare che la banca sia costretta ad agire con queste cautele per non trovarsi un domani a concorrere in un reato di bancarotta se l’investimento è andato male.

Non si dimentichi la dura campagna scatenata contro gli istituti di credito quando, dopo la crisi iniziata nel 2008, venne presentato il conto delle insolvenze.

Durante la crisi le banche erano state accusate di stringere i cordoni della borsa; passata la buriana furono messe alla gogna per aver fatto dei prestiti rischiosi, naturalmente – si disse – agli amici degli amici. Perché così va il mondo nel Belpaese.

Siamo arrivati al punto che ogni operazione deve essere coperta da uno scudo penale; altrimenti per non sbagliare è saggio non fare.

 

 

2. «HO CHIESTO ALLA BANCA 10 MILA EURO DI PRESTITO, PERCHÉ NON HO ANCORA RICEVUTO NIENTE?»

Enrico Marro per www.corriere.it

 

«Ho chiesto un prestito, nemmeno tanto, diecimila euro, e dopo una settimana ancora non me l’hanno dato. Ma sa qual è il bello... o il brutto, scelga lei: che quando sono andato in banca a chiedere notizie, l’impiegato, anche un po’ infastidito, mi ha detto che ancora non hanno erogato neppure un prestito, quindi… Insomma, qui se tutto va bene, i soldi arrivano a giugno. Intanto però le spese corrono».

PRESTITO

 

Fabrizio Perazzini, 51 anni, una compagna e due figlie piccole, è sconsolato. Avvocato a Roma in uno studio dove si occupa di cause civili e tributarie, non se l’aspettava proprio: «Mi sono rivolto alla mia banca, la Credem, di cui sono cliente da una ventina d’anni e non ho mai dato problemi, mai in rosso, mai niente. All’inizio è stato facile: domanda on line, con allegato solo il documento e il Cud. A quel punto pensavo fosse fatta, tanto più che c’è la garanzia al 100% dello Stato, quindi la banca non dovrebbe fare ostacoli. Invece niente. Quando ho visto che a studio anche altri colleghi che hanno chiesto prestiti stavano ancora aspettando ho deciso di affacciarmi di persona per avere qualche chiarimento. Ma non hanno saputo dirmi nulla, se non che le pratiche seguono una trafila burocratica. Che significa non lo so, ma intanto aspetto».

 

Come molti professionisti, l’avvocato Perazzini ha visto il suo reddito pressoché azzerarsi: «Da due mesi e mezzo è tutto fermo: udienze, clienti, fatture. Non ho incassato un euro. L’unica cosa che non si è fermata sono le spese. Comprese le tasse di registrazione delle ordinanze che noi anticipiamo per i soccombenti. Una cosa un po’ difficile da spiegare, lo so. Ma significa che io devo pagare 208 euro per ogni pronuncia emessa in attesa poi di recuperarla. Questo va bene quando c’è un flusso normale di lavoro, ma ora diventa un problema, stretti come siamo tra l’assenza di guadagni e il rischio, se non paghiamo, che ci arrivino le cartelle dell’Agenzia delle Entrate».

 

Credem

L’unica cosa che l’avvocato ha ottenuto sono i 600 euro dalla cassa forense e la sospensione del versamento dei contributi previdenziali alla stessa. «Ma attenzione che è solo un rinvio. A settembre dovremo pagare tutto e senza neppure una rateizzazione. Lei capisce perché ho chiesto il prestito».

 

Purtroppo in famiglia anche la compagna di Perazzini è stata investita in pieno dalla crisi: «Lei lavora in un laboratorio di pasticceria di famiglia attivo da cinquant’anni, un’impresa storica. All’inizio si è fermato tutto, ora stanno lavorando con l’asporto, ma il fatturato è crollato. Anche lei ha preso solo i 600 euro, come lavoratrice autonoma. L’azienda ha una ventina di dipendenti, che sono finiti in cassa integrazione, ma qualcuno ha ricevuto l’assegno e qualcuno invece sta ancora aspettando. Speriamo tutto questo finisca presto. Quello che ci fa rabbia è che a sentire Conte i sostegni sarebbero arrivati subito e per tutti coloro che ne avevano bisogno. Nel nostro caso non è successo».

 

 

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