L'INGEGNERE È VENUTO A SUONARE LA FINE DELLA RICREAZIONE? - L'ULTIMO ATTO NELLA STORIA DELLA FAMIGLIA DE BENEDETTI SI AGGIUNGE AL PASTICCIO SORGENIA, PURE QUELLA UN'AVVENTURA FINITA MALE E SCARICATA (MORALMENTE) SUL FIGLIO RODOLFO MA ECONOMICAMENTE SULLE BANCHE - I DUELLI CON SCALFARI: ''UN SIGNORE MOLTO ANZIANO CHE NON È PIÙ IN GRADO DI SOSTENERE DOMANDE E RISPOSTE. GLI HO DATO UN PACCO DI MILIARDI, È UN INGRATO''

Marco Palombi per “il Fatto quotidiano

 

carlo e rodolfo de benedetti

Chissà se anche stavolta Carlo De Benedetti si è detto almeno tra sé, prima di iniziare questa guerricciola familiare attorno al corpo debilitato del quotidiano La Repubblica e del resto del gruppo Gedi, il suo celebre "sono venuto a suonare la fine della ricreazione". Va detto che l' altra volta, era il 1988, non gli andò benissimo: la scalata alla Sociéte générale de Belgique fallì clamorosamente divenendo il suo "errore più grosso e penoso", almeno "dal punto di vista patrimoniale".

 

E penoso lo fu davvero visto che, anni dopo, si portò dietro la fine ingloriosa della Olivetti dell' Ingegnere, azienda comprata vent' anni prima, quando posava da imprenditore illuminato invece che da speculatore principe nello stagno d' Italia. È la stessa Olivetti - sia detto en passant - per la quale finì nell' inchiesta Tangentopoli per aver pagato mazzette pur di ottenere un appalto da Poste Italiane.

 

La ricreazione è davvero finita, comunque, tanto più che l' ambizione dionisiaca della scalata al colosso belga si ripete oggi nella farsa dell' offerta sottocosto ai figli per l' azienda editoriale: 39 milioni scarsi per prendersi il 29,9% delle azioni in mano alla Cir (il 45% in tutto), la holding lasciata ai pargoli anni fa, imponendole - in caso di risposta positiva - una perdita a bilancio da centinaia di milioni.

 

eugenio scalfari carlo de benedetti emanuelle de villepin il marito rodolfo de benedetti e la figlia neige

Si misura anche così la distanza tra un' alba e un tramonto, quando una storia finanziaria importante e controversa in cui uguale parte hanno avuto la disinvoltura nel rapporto con le regole e il coraggio ("ma è sicuro che sia un buon consigliere quando si rischiano, oltre ai propri, i soldi degli altri?", gli scrisse Enrico Cuccia) finisce nell' ennesimo battibecco a mezzo stampa del capitalismo familiare italiano.

 

C' è l' epopea dei Caprotti e di Esselunga; c' è l' insabbiatissima vicenda della denuncia di Margherita Agnelli a sua madre Marella per una storiaccia legata all' eredità dell' Avvocato; ci sono le difficili storie di successione, pur vissute con discrezione, di Silvio Berlusconi e Leonardo Del Vecchio e adesso ci sono anche i De Benedetti nell' album delle belle famiglie amorevoli dell' imprenditoria italiana.

 

"Sono profondamente amareggiato e sconcertato dall' iniziativa non sollecitata, né concordata presa da mio padre", ha dichiarato domenica alle agenzie il primogenito Rodolfo. "Trovo bizzarre le dichiarazioni di mio figlio - ha replicato l' interessato - È la stessa persona che ha trattato la vendita del Gruppo Espresso a Cattaneo e Marsaglia. La gestione sua e di suo fratello Marco hanno determinato il crollo del valore dell' azienda e la mancanza di qualsiasi prospettiva, concentrandosi esclusivamente sulla ricerca di un compratore visto che non hanno né competenza, né passione per fare gli editori".

 

rodolfo de benedetti

L' opinione del patriarca sulle capacità imprenditoriale del frutto dei suoi lombi, oggi espresse sull' Ansa, non sono nemmeno del tutto una novità. Quando Sorgenia si ritrovò in pessime acque, sepolta sotto 2 miliardi di euro di debiti, il papà faceva sapere in giro che era stato il primogenito a spingere Cir a investire in quel modo nell' energia: la holding ne uscì comunque con pochi danni, scaricando l' onere sulle banche creditrici (compresa Mps che ci rimise 600 milioni). Nello stesso periodo De Benedetti, che rifiutava di mettere 150 milioni in Sorgenia, ne incassava 344 di risarcimento da Silvio Berlusconi per la sentenza comprata del lodo Mondadori.

 

E se non è una novità la sfiducia nei figli, non lo è nemmeno che il nostro - pur avendo negli ultimi dieci anni lasciato agli eredi prima le cariche e poi le quote della società di famiglia - esprima critiche feroci sulla loro gestione delle attività editoriali del gruppo. All' inizio del 2018, per dire, andò in tv a dire che la Repubblica di Mario Calabresi era, in sostanza, senza sapore: "Un giornale non è solo latte e miele; è carne, è sangue.

Può avere curve, ma deve avere anche spigoli".

 

ezio mauro con matteo renzi e carlo de benedetti

Peggio andò a Eugenio Scalfari, con cui si era scambiato qualche stilettata pubblica in quei giorni: "Un signore molto anziano che non è più in grado di sostenere domande e risposte. Gli ho dato un pacco di miliardi, è un ingrato".

 

Rispose, e proprio su Repubblica, il secondogenito Marco, a cui il patriarca aveva ceduto sei mesi prima la carica di presidente dell' editoriale Gedi poco dopo la fusione tra gruppo Espresso, La Stampa (famiglia Agnelli) e Secolo XIX (Perrone): "Parole sbagliate. Confesso che le polemiche di questi giorni mi risultano tuttora incomprensibili. Non voglio pensare che ci abbia danneggiato in modo deliberato". Per rafforzare il concetto a De Benedetti senior, che ancora oggi è presidente onorario di Gedi, fu tolto l' ufficio in Largo Fochetti.

marco de benedetti saluta eugenio scalfari (1)

 

Domenica, come detto, il nuovo "incomprensibile" capitolo con l' offerta sottocosto.

"Se vuole rilanciare Repubblica non lo so, di sicuro vuol fare un buon affare", ha detto all' Adnkronos l' ex direttore dell' Espresso Giovanni Valentini. Chissà, forse è solo l' epoca delle passioni tristi o il demone dell' ambizione e del senso di sé che non smette d' agitarsi nonostante il conto in banca e quello degli anni.

 

Che dire della vicenda della plusvalenza da 600mila euro sulle banche popolari realizzata a gennaio 2015 grazie a una soffiata di Matteo Renzi sull' imminente decreto di riforma? Alla Consob, che sospetta si tratti di insider trading, dirà: ma che volete che m' importi di un investimento di 6 milioni di euro su un totale di 620 milioni. Non gli importava, eppure la telefonata al broker per comprare azioni la fece. Certo, un tempo entrava e usciva con singolare capacità di guadagno e tempismo dal Banco Ambrosiano quasi decotto e oggi cincischia col piazzista di Rignano e tenta di incravattare i figli per tornare a giocare coi giornali: il sole è basso in entrambi i casi, ma un tramonto non è l' alba.

giovanni valentinigiovanni valentini (2)eugenio scalfari carlo de benedetti

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”