IL CAFFÈ COSTERÀ DI PIÙ E LA COLPA E’ DEI CINESI E DEL CLIMA – STARBUCKS PREVEDE DI APRIRE IN CINA UNA CAFFETTERIA OGNI NOVE ORE PER RAGGIUNGERE NOVEMILA PUNTI VENDITA IN TUTTO IL PAESE ENTRO IL 2025, MENTRE I MARCHI COME LAVAZZA E TIM HORTONS SONO IN COMPETIZIONE PER ATTIRARE CLIENTI A PECHINO. ENTRO IL 2050, SI PREVEDE CHE IL CONSUMO GLOBALE RAGGIUNGA I 6 MILIARDI DI CAFFÈ AL GIORNO (DUE VOLTE QUELLI CHE BEVIAMO OGGI) E, ENTRO IL 2030, AVREMO BISOGNO DEL 25 PER CENTO DI CHICCHI IN PIÙ, CON UN CONSIDEREVOLE AUMENTO DI PREZZI…

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Estratto dell’articolo di Valeria Sforzini per il “Corriere della Sera”

 

caffe caffe

[…] presto il cambiamento climatico e un’impennata dei consumi potrebbero cambiare il gusto del caffè, ridurre le quantità disponibili e far schizzare il prezzo. Il caffè è la seconda bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua e, negli ultimi trent’anni, il suo consumo è quasi raddoppiato. In questa crescita c’entra anche la Cina […] Starbucks prevede di aprire in Cina una caffetteria ogni nove ore per raggiungere novemila punti vendita in tutto il Paese entro il 2025, mentre i marchi come Lavazza e Tim Hortons sono in competizione per attirare clienti a Pechino.

 

EDOARDO DE FILIPPO CAFFE EDOARDO DE FILIPPO CAFFE

Entro il 2050, si prevede che il consumo globale raggiunga i 6 miliardi di caffè al giorno (due volte quelli che beviamo oggi) e, come riporta il Ft , stando al Columbia Center on Sustainable Investment, entro il 2030 avremo bisogno del 25 per cento di chicchi in più, con un considerevole aumento di prezzi. Tutti lo vogliono, ma già oggi ne beviamo più di quanto ne produciamo. A questo si aggiunge il clima che, con il riscaldamento globale (reso più intenso da El Niño), mette in difficoltà i coltivatori ponendo le basi per un crollo dei raccolti. […] con l’aumento delle temperature, molte delle attuali aree di coltivazione di Arabica e Robusta diventeranno meno idonee nel tempo.

caffe corretto 1 caffe corretto 1

 

Spostare le piantagioni è un’opzione? Non proprio. Già oggi, a soffrire sono soprattutto i coltivatori: il rischio ricadrebbe per il 75 per cento su di loro, per la maggior parte piccoli agricoltori, perlopiù donne. La soluzione sarà un ripensamento del prezzo e tanta ricerca per rendere le piantine più resistenti.

 

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