COME TI PORTO IL VIRUS – IL PORTO DI GENOVA HA PERSO IL 5% DEI VOLUMI DALL’INIZIO DELL’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS. C’È ISTERIA E LE PERSONE HANNO PAURA CHE IL CONTAGIO ARRIVI VIA NAVE. IN REALTÀ LA MERCE NON VIENE PIÙ SPEDITA DALLA CINA, MA SEMPLICEMENTE PERCHÉ LE FABBRICHE SONO FERME - ED È UN CASINO, VISTO CHE IL COMMERCIO VIA MARE CON L’ASIA È UN QUARTO DEL TOTALE…

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Simone Gallotti per “la Stampa”

 

paolo emilio signorini 1 paolo emilio signorini 1

Parla di fronti, Paolo Emilio Signorini, il presidente del porto di Genova. Come in una guerra, quella che il principale scalo italiano sta combattendo su due posizioni con armi che rischiano di essere spuntate «perché servirebbe più personale per i controlli». Il fronte del possibile contagio non preoccupa, per ora. «Ma l' emergenza non è finita, c' è sempre la possibilità che qualche focolaio nascosto covi ancora sotto la cenere».

 

Il livello di attenzione è diventato massimo sui passeggeri delle navi da crociera, sui marittimi imbarcati sui cargo che fanno il giro del mondo e poi approdano in Italia e sul personale degli operatori portuali. Ma il coronavirus cinese non viaggia nei container e «per ora fila tutto liscio» dice Signorini.

container al porto di genova container al porto di genova

 

I controlli sono effettuati dalla sanità marittima e in caso di emergenza arriva la task force da Roma. Per riuscire però a tenere alta la guardia, serve più personale: «Anche se non potremmo comunque ispezionare tutte le navi da cima a fondo», spiega il presidente, preoccupato dall' impatto sull' operatività. Ed è questo l' aspetto più critico. Anche i camalli che lavorano a stretto contatto con la merce cinese sono tranquilli: «I controlli si sono alzati - ripetono in banchina - vediamo più personale sui moli. Meglio così, ma no, non siamo preoccupati».

filippo guadagna filippo guadagna

 

Sulle calate di Genova i militari della Capitaneria di porto e il personale sanitario adesso sono più presenti e i controlli a bordo assai più severi. Le navi cargo, invece, non partono dalla Cina non tanto perché temono il contagio a bordo, ma perché non ci sono container da spedire. «I marittimi sono tra i lavoratori più controllati a livello sanitario», spiega Filippo Guadagna, il manager che guida una delle principali agenzie di collocamento di marittimi in Europa. Negli uffici genovesi di Sirius non si respira aria di emergenza «nonostante le centinaia di navi cargo che gestiamo. Ci sono controlli sanitari prima di imbarcarsi e poi c' è il medico di bordo che segnala ogni caso sospetto».

 

augusto cosulich augusto cosulich

Il fronte che preoccupa di più è quello commerciale. «Abbiamo perso il 5% dei volumi in queste prime settimane - racconta Augusto Cosulich, l' uomo che rappresenta Cosco in Italia, il colosso cinese delle spedizioni via mare - E siamo solo all' inizio, ma stiamo vivendo una fase di isteria: la gente pensa che il virus arrivi con la merce spedita dalla Cina. I marittimi imbarcati su una nave che arriva dall' Asia stanno un mese in navigazione. E' come se si sottoponessero a un' auto-quarantena. Mi spaventano molto di più gli effetti economici».

paolo emilio signorini paolo emilio signorini

 

Le fabbriche di Pechino, infatti, sono ferme e i container non partono. La stragrande maggioranza della produzione asiatica destinata ai nostri mercati passa da Genova: Shanghai è il secondo scalo nella classifica degli scambi commerciali, con quasi 170 mila contenitori che ogni anno arrivano sulle banchine genovesi. Il primo è Singapore che tocca i 250 mila container. Nei primi dieci hub marittimi collegati con la Liguria, cinque posizioni sono occupate da porti asiatici: dal Far East arrivano più di mezzo milione di container. Prodotti finiti, parti meccaniche, pezzi per il settore dell' auto: è tutta merce destinata alla nostra industria che non parte. «E' ovvio che ci sarà un impatto - conferma Giampaolo Botta, il direttore degli spedizionieri genovesi - E l' onda lunga deve ancora arrivare: gli effetti veri li avvertiremo solo tra un mese». E tutti, anche i camalli, sono preoccupati perché il commercio via mare con l' Asia pesa per quasi il 25% del totale.

 

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«Il rischio di ammalarsi non c' è. Ma esiste invece quello di perdere giornate di lavoro», ripetono sui molti. Ieri una delle principali alleanze tra compagnie marittime ha sospeso i viaggi delle navi dall' Asia all' Europa: manca la merce da imbarcare e così Genova perde altro traffico. Alle shipping line va anche peggio: le perdite per l' emergenza coronavirus, arrivano a 350 milioni di dollari a settimana.

CORONAVIRUS CORONAVIRUS

 

MASCHERINA E BOTTIGLIA DI PLASTICA IN TESTA PER DIFENDERSI DAL CORONAVIRUS MASCHERINA E BOTTIGLIA DI PLASTICA IN TESTA PER DIFENDERSI DAL CORONAVIRUS

Gli analisti sono sicuri che il conto sarà pesante perché i container persi per il blocco produttivo della Cina sono più di un milione e mezzo. «Non siamo solo noi in sofferenza: anche i grandi porti del Nord avranno ripercussioni. Anzi loro che sono l' approdo principale delle navi che provengono dal Far East, rischiano un impatto maggiore. E quando la merce inevitabilmente tornerà sulle navi in direzione dell' Europa, i costi aumenteranno - spiega ancora Botta - E' già stato annunciato che ogni container costerà 200 dollari in più. E sarà solo l' inizio». Il coronavirus costerà caro al sistema produttivo italiano.

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