palermo tononi

CONTRO LE INTROMISSIONI DEL GOVERNO SULLE NOMINE, DOPO LE ELEZIONI EUROPEE, IL PRESIDENTE DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI MASSIMO TONONI DARÀ LE DIMISSIONI – CON LA NOMINA DI PALERMO, DI MAIO E SALVINI HANNO ROTTO IL POTERE DI GUZZETTI, DANTE CAUSA DI TONONI – LO SCONTRO TRA PALERMO E TRIA PER I VERTICI SACE E ANSALDO ENERGIA – LE AMBIZIONI DELLA BUGNO

Giorgio Meletti e Carlo Tecce per “il Fatto quotidiano”

MASSIMO TONONI

 

La consegna ufficiale è di smentire e sopire. Ma è ormai un segreto di Pulcinella: dopo le elezioni europee, cioè a partire da lunedì prossimo, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti Massimo Tononi darà le dimissioni. Un terremoto non da poco per l' azionista di controllo di Cdp, il ministro dell' Economia Giovanni Tria. Non solo perché c' è una nuova rogna in arrivo, ma soprattutto perché l' addio di Tononi scoperchia il clima infernale del poltronificio pubblico nell'era gialloverde.

 

GIUSEPPE GUZZETTI

Proprio lunedì prossimo compie 85 anni Giuseppe Guzzetti, finalmente libero di riposarsi, come dice agli amici. Ieri ha lasciato dopo 19 anni la presidenza dell' Acri, l' associazione delle fondazioni bancarie, la prossima settimana dirà addio dopo 21 anni alla Fondazione Cariplo, seconda azionista della prima banca italiana, Intesa Sanpaolo.

 

tria di maio salvini conte

Esce di scena l' ultimo highlander del potere democristiano, in sella da quarant' anni come presidente della Lombardia e poi come deputato prima del ventennio bancario che ha fatto di lui, nel bene e nel male, un decisivo giroscopio per gli equilibri del potere finanziario.

Fino a un anno fa ha funzionato, poi il governo M5S-Lega ha messo in crisi anche l' affidabile tecnologia democristiana dell' avvocato di Turate.

MASSIMO TONONI FABRIZIO PALERMO

 

Subito hanno cominciato ad aggrovigliarsi i nodi che adesso arrivano al pettine. La Cdp è stata, per così dire, privatizzata nel 2003 da Giulio Tremonti che ha consegnato a 60 fondazioni bancarie il 16 per cento delle azioni tenendo nelle mani del governo l' 84 per cento. Il patto parasociale tra pubblico e privato assegna al Mef la scelta dell' amministratore delegato e alle fondazioni il presidente.

 

GIOVANNI TRIA

Le fondazioni hanno sempre avuto una voce sola, quella di Guzzetti. Il quale si era già messo d' accordo con il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell' Economia Pier Carlo Padoan per sostituire il presidente in scadenza Claudio Costamagna con Massimo Tononi e l' ad Fabio Gallia con il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco. Giovanni Tria, prendendo il posto di Padoan, aveva benedetto l' intesa.

 

Ma gli uomini di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con il più classico dei blitz partitocratici, hanno imposto Fabrizio Palermo (mostratosi più disponibile ad ascoltare i loro suggerimenti) al posto di Scannapieco. Tononi a quel punto voleva sganciarsi ma Guzzetti gli ha chiesto di restare a fare argine alla nuova partitocrazia.

 

FABRIZIO PALERMO

I risultati sono stati deludenti. Tononi ha dovuto constatare che alla Cdp il codice civile (secondo cui i vertici di una società prendono ordini, e fino a un certo punto, solo dagli azionisti) trova un' applicazione limitata: le decisioni degli organi societari vengono ispirate, a volte ruvidamente, anche dalla Presidenza del consiglio e dai due vicepremier, attraverso i loro invadenti emissari.

 

Palermo è il soddisfatto regista di questo modo disordinato di gestire lo scrigno che contiene 350 miliardi di denaro dello Stato e dei risparmiatori. Tanto che i rapporti dello stesso Tria con l' ad di Cdp, a quanto si racconta nei corridoi del ministero, non sono splendidi. E infatti non si è ancora chiusa la partita per i vertici della Sace, la compagnia controllata da Cdp che assicura l' export: Tria difende il presidente uscente Beniamino Quintieri, mentre Palermo sta tentando di piazzare il suo consulente Andrea Pellegrini al posto dell' ad Alessandro Decio. Lo spareggio è stato affidato ai cacciatori di teste.

VITTORIO GRILLI

 

Nel frattempo toccherà alle fondazioni indicare un nuovo presidente. In corsa ci sono Matteo Melley, presidente della Fondazione di La Spezia, che è già nel cda della Cassa, e l' ex ministro Vittorio Grilli, dato in cerca di una sistemazione dignitosa per lasciare la guida della Jp Morgan italiana. Nel turbinio delle voci gira anche quella inverosimile del ritorno del 79enne Franco Bassanini, già presidente dal 2008 al 2015.

ANTONINO TURICCHI montepaschi

 

Ma senza il giroscopio Guzzetti per Tria sarà una partita difficile, che si aggiunge a quella intricatissima della sostituzione di Antonino Turicchi, direttore generale con delega alle società partecipate dal Tesoro, scaduto lo scorso 20 aprile.

 

L' ambita poltrona ha attirato l' attenzione di Claudia Bugno, consigliere di Tria che adora intromettersi nelle delicate procedure delle nomine in aziende pubbliche (ormai quasi tutte controllate attraverso Cdp). Il direttore generale del Mef Alessandro Rivera, appena captate le mire della Bugno, s' è fiondato nell' ufficio di Tria per mettere sul tavolo le sue dimissioni in caso di promozione della consigliera.

 

claudia bugno dg2024 foto mezzelani gmt001

Tria lo ha rassicurato assegnando a lui, ad interim, le deleghe di Turicchi. Il quale a sua volta punta alla presidenza di Ansaldo Energia e dovrà lasciare la vicepresidenza di banca Mps, in cui rappresentava il Mef che detiene il 68 per cento, e il cda di Leonardo-Finmeccanica. Ora Bugno pensa a queste due poltrone, anche se, vista la sua sfortunata esperienza nella vicina Banca Etruria, un buon amico come Tria le sconsiglierà di tentare un bis a Siena.

ALESSANDRO RIVERA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…