vincent bollore dario scannapieco pietro labriola rete unica fibra tim telecom

COSA BOLLORÉ IN PENTOLA – STRANO DESTINO QUELLO DI VIVENDI: DOPO AVER OSTEGGIATO IN TUTTI I MODI L’OFFERTA DEL FONDO KKR SU TIM, ORA È DALLA STESSA PARTE DEGLI AMERICANI: IL NUOVO OBIETTIVO DI BOLLORÉ È VALORIZZARE AL MASSIMO LA RETE E INCASSARE PIÙ SOLDI POSSIBILI DALLA FUSIONE FIBERCOP-OPEN FIBER – LA PATATA BOLLENTE È IN MANO A CDP, AZIONISTA SIA DI TIM SIA DI OPEN FIBER: LA CASSA RISCHIA DI DOVER  SBORSARE MOLTI (TROPPI) DANARI: L’AD DEL GRUPPO FRANCESE, DE PUYFONTAINE, HA FATTO SAPERE CHE NON ACCETTERÀ MENO DI 21 MILIARDI DI EURO…

Giovanni Pons per “la Repubblica – Affari & Finanza”

 

pietro labriola

La rete telefonica di Telecom Italia è stata privatizzata nel lontano 1997 su impulso del governo Prodi, che per far entrare la lira nell'euro aveva concordato con la Ue un certo ammontare di privatizzazioni.

 

Fin da subito si capì che quella non era la scelta migliore, poiché lo Stato italiano consegnava nelle mani dei privati un asset strategico per il Paese (si pensi solo al nodo a Sud della Sicilia attraverso cui passano tutte le comunicazioni con il Medio Oriente) e anche molto redditizio.

 

Così, già a partire dal governo Prodi del 2006, cominciò il lungo percorso per riportare la proprietà della rete Telecom in mani pubbliche. Molti ricorderanno, in quell'anno, il famoso Piano Rovati, un foglietto consegnato a mano a Marco Tronchetti Provera, presidente Telecom dell'epoca, in cui si ipotizzava la separazione dell'infrastruttura dalla casa madre.

marco tronchetti provera telecom

 

La pressione dello Stato si fece ancora più forte nel 2015, quando il governo Renzi mise in cima alla sua agenda un ambizioso piano di digitalizzazione del Paese attraverso una rete ad alta velocità.

 

Ma Telecom, che aveva nei suoi bilanci il fardello del debito acceso nel 1999, non era in grado di fare quegli investimenti che Renzi chiedeva. E così Palazzo Chigi spinse in campo l'Enel per creare ex novo un'infrastruttura all'avanguardia che portasse la fibra ottica fin nelle case di tutti gli italiani, in concorrenza con Telecom.

 

Venne così battezzata Open Fiber e partì la corsa a coprire anche le aree del Paese dove non vi era una convenienza economica ad attivare una rete di quella portata (le cosiddette aree bianche) anche grazie ai contributi che venivano promessi dall'Europa.

 

open fiber 2

Il risultato della concorrenza infrastrutturale tra Telecom e Open Fiber è stato che la prima ha incrementato i suoi investimenti per limitare l'impatto della seconda e questa ha concentrato l'attività più sulle aree nere (quelle a maggiore ritorno economico dove sono presenti più operatori, da Fastweb a Wind a Vodafone) che su quelle bianche.

 

Così qualcuno ha cominciato a realizzare che non fosse razionale avere due operatori che investono due volte nelle stesse zone (mancano da coprire anche gran parte delle aree grigie) e dunque dal 2019 si cominciò a parlare di rete unica, cioé della fusione tra una rete Telecom scorporata dalla casa madre con Open Fiber.

dario scannapieco

 

Un tormentone che ancor oggi non è concluso, ma che ha già visto la firma di un Mou (contratto preliminare) nell'estate 2020 e finito alle ortiche con il cambio della guardia a Palazzo Chigi, un tentativo di lanciare un'Opa da parte del fondo americano Kkr proprio con l'obiettivo dello scorporo della rete Tim, e un ricompattamento tra i due azionisti principali, Vivendi e Cdp, per procedere senza aiuti esterni alla divisione di Telecom e portare la rete all'altare con Open Fiber.

 

vincent bollore

Si è così firmato a fine maggio un nuovo Mou, anch' esso non vincolante, in cui è scritto che Cassa depositi e prestiti (Cdp, controllata dal Mef) sarà l'azionista di riferimento della rete unica con i fondi Kkr e Macquarie soci di minoranza in una infrastruttura che non sarà "integrata verticalmente", cioé l'operatore Tim non eserciterà alcuna influenza.

 

In pratica, per tornare a una situazione di monopolio della rete italiana che dovrà essere approvata dalla Commissione Antitrust europea, Tim è passata dal pretendere il controllo (primo Mou) a non pretendere niente e uscire del tutto lasciando l'infrastruttura in mano a Cdp e ai fondi.

 

Un'inversione a U dettata dal principale azionista (24%) Vivendi che in sette anni di presenza dominante nella società italiana, e un investimento di oltre 3 miliardi, non è riuscita a imprimere una direzione industriale convincente.

 

gilberto benetton marco tronchetti provera tim

Da qui in avanti, infatti, Vivendi giocherà un'altra partita: non più al fianco di Cdp, ma allineata agli interessi dei fondi e del mercato che mirano alla massima valorizzazione della rete. Attraverso un'intervista a Repubblica l'ad del gruppo francese Arnaud de Puyfontaine ha fatto sapere che non accetterà una valutazione della rete sotto i 21 miliardi di euro, dando il via alla discussione sul nodo centrale dell'operazione, i valori degli asset.

 

Una partita in cui la posizione più difficile è quella della Cdp, che ha due interessi confliggenti: da una parte è azionista di Tim con il 10%, e quindi ha interesse a incassare il più possibile insieme a Vivendi, al fondo Kkr (azionista al 37,5% di Fibercop, la società che possiede la rete secondaria) e al mercato.

 

mario rossetti

Dall'altra parte Cdp è proprietaria del 60% di Open Fiber, da cui Enel è uscita vendendo al fondo australiano Macquarie riuscendo a ottenere una valutazione molto generosa: 5,5 miliardi più 1,7 miliardi di debiti a fronte di una redditività ancora piuttosto bassa (150 milioni di mol).

 

Per fare un confronto con la rete Tim innanzitutto bisogna aspettare che l'ad Pietro Labriola decida quali pezzi far confluire nella società della rete (NetCo) e quali lasciare nella società dei servizi commerciali a famiglie e imprese (Serv-Co). In particolare quanto dei 20 miliardi di debito sarà preso in carico dalla società infrastrutturale (fino a 6 volte il margine operativo) e quanto ne rimarrà sulla ServCo.

FIBERCOP

 

Lo stesso vale per i 40 mila dipendenti, che dovranno essere suddivisi tra le due nuove società. Più alta sarà la cifra che Cdp e fondi saranno in grado di sborsare per comprare la NetCo, più i conti della ServCo saranno sostenibili, in quanto con l'incasso della vendita potrà abbattere il debito rimanente e stare con successo sul mercato. Ma fintanto che le parti non arriveranno a un valore preciso si assisterà a una dura battaglia.

 

Il fondo Kkr, avendo già investito 2 miliardi in Fibercop, sta vigilando con grande attenzione affinché in questa delicata fase non si trasferisca valore a favore di Open Fiber. L'ultima mossa di Labriola, che ha chiesto di aggiustare con l'inflazione i prezzi wholesale, mandando all'aria un anno di lavoro con l'Ag-Com, rischia di spostare clienti verso Open Fiber.

cavi fibra ottica

 

Così come l'affitto delle infrastrutture di Tim a Open Fiber, per le quali Kkr ha chiesto e ottenuto che non vengano conteggiate nella valutazione per la rete unica. Certo, la Cdp ha alle spalle il governo, che dopo 25 anni vuole tornare a controllare la rete e può impedire la vendita della stessa esercitando il golden power. Ma incastrare tutti i tasselli non è facile e non si può escludere che finisca con un nuovo nulla di fatto.

open fiber fibra otticapietro labriolapietro labriola sul tetto della sede milanese di tim a via negri PIETRO LABRIOLA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…