DOVE ERAVAMO RIMASTI? TORNA L’INCUBO DELLO SPREAD E DRAGHI RISPOLVERA LO SCUDO

Stefania Tamburello per "Il Corriere della Sera"

L'equilibrio di bilancio è necessario ma non si può ottenere facendo debiti. Non è questo che aiuta la crescita bensì «il taglio delle spese improduttive» e «l'abbassamento del peso fiscale se sta danneggiando l'attività economica e la creazione dei posti del lavoro»: il presidente della Bce, Mario Draghi parla a Berlino, al consiglio economico del Cdu, e rilancia la sua ricetta anticrisi. Cerca anche di essere rassicurante, ripetendo, ed ormai è uno dei pochi a farlo, che la ripresa potrebbe ancora farcela a spuntare entro la fine dell'anno.

«Ci aspettiamo che lo stimolo monetario e i miglioramenti dei mercati finanziari permetteranno di sostenere una ripresa più avanti nell'anno» dice anche se subito dopo si affretta ad assicurare che la Bce continuerà a mantenere in piedi tutte le misure straordinarie adottate, e fra queste soprattutto l'Omt, lo scudo anti-spread ,cioè l'acquisto dei titoli pubblici dei Paesi in difficoltà, condizionato all'assunzione di impegni vincolanti da parte degli interessati, che non serve certo «a comprimere artificialmente lo spread di alcuni Paesi» e che «è stato essenziale per fare dell'Eurozona un luogo più stabile e sicuro su cui investire». In ogni caso la Bce continuerà a mantenere una politica monetaria accomodante.

Un'exit strategy per Eurotower «è ancora distante» afferma Draghi, in contrasto con quanto giorni fa ha annunciato il presidente della Federal Reserve Usa, Ben Bernanke, prevedendo la fine graduale delle politiche di stimolo all'economia e provocando tensioni a catena sui mercati.

L'affermazione di Draghi, che era stata preceduta da una uguale assicurazione di Benoit Coeuré,componente del comitato esecutivo della Bce, ha influito sull'andamento dei mercati stemperando i timori sui possibili cambiamenti di rotta di tutte le banche centrali. Di tale alleggerimento di clima però non ha beneficiato l'Italia, dove ha tenuto banco la prima tornata di aste di fine mese che, pur avendo fatto registrare il pieno di domande, ha dato luogo ad un deciso rialzo dei rendimenti.

I tassi dunque hanno proseguito la salita e lo spread fra i rendimenti dei Btp decennali, al 4,86%, e dei Bund tedeschi di uguale durata ha sfondato i 311 punti per poi ripiegare e chiudere a 306 punti, sei più di lunedì. Stabile invece il differenziale della Spagna che è rimasto attorno ai 325 punti base col rendimento dei Bonos al 5,05%.

La nuova spinta al rialzo della forbice tra Roma e Berlino ieri è stata data, come si è detto, dall'esito della prima delle tre giornate delle aste di fine mese. I Ctz e i Btp indicizzati infatti sono stati collocati a tassi in sensibile aumento. In particolare per i Ctz, offerti in prima tranche e assegnati per il massimo di 3,5 miliardi, la domanda è stata buona, pari a 5,2 miliardi, ma il rendimento di aggiudicazione è stato pari al 2,40%, ben l'1,29% in più dell'asta di maggio.

«I rendimenti sono allo stesso livello della fine di marzo. Abbiamo perso i guadagni sul decennale in termini di tassi più bassi tra aprile e maggio ma i rendimenti restano alla nostra portata» ha commentato il direttore del dipartimento del Debito pubblico Maria Cannata, mettendo in luce la nota positiva dell'afflusso di investitori internazionali in particolare statunitensi. Oggi tocca ai Bot semestrali.

Le aste del Tesoro ieri hanno condizionato anche Piazza Affari che ha chiuso in perdita dello 0,37%, in controtendenza col resto delle Borse europee trascinate dal buon avvio di Wall Street sull'onda dei dati sulla fiducia dei consumatori e sulle vendite di nuove abitazioni migliori del previsto, che ha contrastato gli effetti ancora negativi dei timori per un credit crunch in Cina influente sulle piazze asiatiche. In particolare Francoforte ha segnato un guadagno dell'1,55%, Parigi dell'1,51%, Londra dell'1,21% e Madrid dello 0,72%.

 

 

MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI ALLA BCE MARIO DRAGHI MERKEL SpreadBOT TITOLI STATOTitoli di statomaria cannataSACCOMANNI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…