barack obama sergio marchionne

IL GIORNO IN CUI MARCHIONNE SALVÒ LA JEEP (E LA FIAT) – DIECI ANNI FA OBAMA ANNUNCIAVA IL PIANO DI FUSIONE TRA CHRYSLER E IL LINGOTTO: COME ANDÒ DAVVERO? – IL PIANO PREVEDEVA LA BANCAROTTA PILOTATA DEL COLOSSO USA E 8 MILIARDI DI AIUTI STATALI, CON UN INGRESSO GRADUALE DI FIAT – L’INTUIZIONE DI “MARPIONNE” CHE HA DI FATTO GARANTITO UN FUTURO AL MARCHIO TORINESE, ANCHE SE SEMPRE PIÙ LONTANO DALL’ITALIA

Laura Galvagni e Marigia Mangano per www.ilsole24ore.com

 

obama marchionne

Dieci anni fa Chrysler era un gruppo fallito, oggi rappresenta il motore della vecchia Fiat. Era il 30 aprile del 2009 e dopo un anno di trattative e una settimana di incontri senza sosta Sergio Marchionne riuscì a convincere l’America che l’auto italiana poteva essere l’unica àncora di salvezza per uno dei tre simboli di Detroit, allora alla deriva.

 

La bancarotta “pilotata”

FCA

Così, tra lo stupore generale e il tipico entusiasmo tricolore, l’allora presidente Barack Obama, circondato alla Casa Bianca dai collaboratori delle grandi occasioni, dal ministro del Tesoro Tim Geithner al consigliere economico Larry Summers, svelò la “nuova vita” per la casa automobilistica in crisi: «Ho il piacere di annunciare che Chrysler e Fiat hanno raggiunto un accordo di partnership, sostenuto dal governo».

 

obama marchionne

Marchionne, dal canto suo, tracciò il percorso del Lingotto dei successivi 10 anni: «Credo che l’operazione appena conclusa rappresenti per la Fiat e tutta l’industria italiana un momento storico. È un importante passo avanti nell’impegno di gettare nuove e solide basi per il futuro».

 

mike manley john elkann

L’intesa, migliaia di pagine sparpagliate su un enorme tavolo di uno dei più grandi studi legali del paese, passava per la bancarotta pilotata del colosso Usa, più 8 miliardi di aiuti di Stato e un ingresso in più step di Fiat. Prima un 20% e poi in rapida successione a salire fino al 35%, al raggiungimento di obiettivi predeterminati quali target di vendita o approvazione di nuovi modelli. Il percorso si sarebbe completato, secondo i piani originari, grazie a un’opzione, legata a doppio filo alla discesa del debito verso lo Stato Usa (sotto i 3 miliardi), esercitabile dal gennaio 2013 al giugno 2016 con la possibilità infine di superare la soglia del 51% una volta chiusi i conti con il governo americano. Cosa poi avvenuta nel 2014.

 

richard palmer sergio marchionne john elkann

L’intuizione di Marchionne

La conquista di Chrysler, dopo la put General Motors da 1,55 miliardi, che salvò le casse esangui della Fiat nel 2004, fu la seconda intuizione geniale dell'allora ceo Sergio Marchionne. Non per i numeri che l’azienda rappresentava all'epoca, ma perché industrialmente e strategicamente ha garantito il futuro del Lingotto che oggi parla sostanzialmente americano grazie alla forza del marchio Jeep.

 

OBAMA E MARCHIONNE JUST MARRIED

Dal punto di vista strettamente finanziario l’acquisizione di Chrysler in prima battuta portò a un peggioramento dell’equilibrio economico: il debito netto industriale lievitò infatti a 9,7 miliardi nel 2013 e solo nel giro di cinque anni è riuscito ad azzerarsi a beneficio della generazione di cassa che a fine 2018 ha raggiunto i 4 miliardi. Determinante in questo percorso, oltre alla girandola di scorpori, è stato il cambio di passo sulla linea prodotti.

 

SERGIO MARCHIONNE

Marchionne ha smesso di inseguire il miraggio dei grandi volumi con un target inizialmente fissato di 7 milioni di vetture al 2018 posizionandosi su cifre più basse ma con ritorni più elevati. Di qui il peso crescente che ha assunto Jeep. Se nel 2013 il brand produceva 700 mila vetture e pesava appena il 16% sulle vendite, a fine dell'anno scorso è arrivato a un passo dal 40% sui volumi. E in prospettiva conterà ancora di più. Il piano industriale dello scorso primo giugno, scritto da Marchionne prima della scomparsa a luglio 2018, parlava chiaro: ai 16 miliardi di profitti operativi che Fca produrrà al 2022 il marchio Fiat e Chrysler contribuiranno in maniera marginale. Diversamente il perno sarà Jeep. Il brand arriverà a sfiorare il 50% del giro d’affari tra quattro anni. Al punto che l’obiettivo finale è che una vettura su 12 nel mondo porti il marchio del fuoristrada americano e a tendere addirittura 1 su 5.

 

Le sfide di Manley

manley marchionne

Il compito di centrare questi ambiziosi target oggi è affidato, ironia della sorte, proprio al manager simbolo della rinascita di Jeep: Mike Manley. Toccherà a lui insieme alla famiglia Agnelli, primo azionista del colosso italo americano che in Borsa oggi vale oltre 21 miliardi, trovare la chiave del successo per i prossimi dieci anni. Se questa passerà da una nuova alleanza capace di consolidare ulteriormente la posizione di forza del gruppo in Europa e in America lo si capirà in tempi rapidi. Nell'attesa la priorità è farsi trovare pronti di fronte alla prossima rivoluzione tecnologica: «Fiat Chrysler Automobiles è una 'house of brands', una casa di marchi, e questo le permetterà di essere uno dei pochi costruttori tradizionali in grado di sopravvivere. Ne sono certo, al cento per cento».

marchionnemanley marchionneMARCHIONNE JEWELLobama marchionne PIETRO GORLIER SERGIO MARCHIONNESERGIO MARCHIONNESERGIO MARCHIONNE MARCO FERRANTE LIBRO SU MARCHIONNEMARCHIONNE E GABETTISERGIO MARCHIONNESERGIO MARCHIONNESERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANNMARCHIONNE BORSA FCASERGIO MARCHIONNE E DONALD TRUMPMarchionne e Obama

Ultimi Dagoreport

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?

tommaso foti galeazzo bignami

CHIAGNI E FOTI – A VOLERE QUEL FENOMENO DI GALEAZZO BIGNAMI COME CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA FU TOMMASO FOTI, CHE SCELSE IL CAMERATA BOLOGNESE COME SUO SUCCESSORE. QUANDO CI FU IL PASSAGGIO DI CONSEGNE, FOTI ASSICURÒ CHE NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE UN SUCCESSORE MIGLIORE (PENSA COM'ERANO GLI ALTRI PRETENDENTI) - DI SICURO BIGNAMI NON È MAI STATO TROPPO ISTITUZIONALE NEGLI INTERVENTI IN AULA: SPESSO PROVOCATORIO, OGNI VOLTA CHE PARLA IRRITA L'OPPOSIZIONE. PARE CHE UNA TELEFONATA DA PALAZZO CHIGI E UN CONSIGLIO “PATERNO” BY FOTI LO AVESSERO INDOTTO A MAGGIOR EQUILIBRIO. SINO A IERI…

sergio mattarella guido crosetto galeazzo bignami adolfo urso giorgia meloni

FLASH! - SULLA QUESTIONE GAROFANI-BELPIETRO, RIMBOMBA IL SILENZIO ASSORDANTE DI GUIDO CROSETTO. CHE LA LINEA DEL MINISTRO DELLA DIFESA E COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA SIA PIÙ IN SINTONIA CON IL COLLE CHE CON I CAMERATI DI “PA-FAZZO” CHIGI DI VIA DELLA SCROFA, NON È UNA NOVITÀ. D’ALTRONDE, NEL 2022 FU MATTARELLA A VOLERE CROSETTO ALLA DIFESA, DOPO AVER BOCCIATO IL NOME DI ADOLFO URSO PROPOSTO DA MELONI. ED È SEMPRE STATO CONSIDERATO UN “INTERLOCUTORE” DEL COLLE, TANT’È CHE GUIDONE SMISE DI PARTECIPARE  AI CONSIGLIO DEI MINISTRI POICHÉ TUTTI DAVANTI A LUI TENEVANO LA BOCCUCCIA CHIUSA…