thomas miao donald trump huawei

HUAWEI FA ''MIAO MIAO'' A TRUMP: IL 24 OTTOBRE INAUGURERÀ IN POMPA MAGNA GLI UFFICI ROMANI DEL GRUPPO, GRAN CERIMONIERI L'AD IN ITALIA THOMAS MIAO E L'AMBASCIATORE CINESE. ANCORA DA DEFINIRE LA PRESENZA DI UN RAPPRESENTANTE DELLE ISTITUZIONI ITALIANE. GRANDE IMBARAZZO NEL GOVERNO DI GIUSEPPI, CHE L'ANNO SCORSO MANDÒ IL SOTTOSEGRETARIO TOFALO ALL'APERTURA DEGLI UFFICI ZTE. ALTRO CHE BANDO TOTALE…

Michelangelo Colombo per www.startmag.it

 

LUIGI DI MAIO THOMAS MIAO

“Il 24 ottobre prossimo, nell’ambito dell’inaugurazione dei nuovi uffici Huawei di Roma, inaugureremo il nostro innovation center che sarà a disposizione dei nostri partner e sarà la piattaforma per lavorare insieme. Questa è un’alleanza aperta sia ai privati che al settore pubblico, ognuno è benvenuto”.

 

E’ quello che aveva annunciato l’amministratore delegato di Huawei Italia, Thomas Miao, il 7 ottobre durante la presentazione dello ‘Smart City White Paper’ di Huawei.

 

luigi de vecchis presidente huawei italia

Detto fatto, gli inviti sono già in fase di distribuzione. Ci sarà oltre a Miao l’ambasciatore cinese in Italia Li Junhua. Ancora da definire la presenza di un rappresentante istituzionale italiane (imbarazzo nel governo di Giuseppi Conte?): al momento nell’invito distribuito a giornalisti e addetti ai lavori non è indicato il nome.

 

Nel frattempo il colosso cinese in Italia da un lato può gongolare – per le posizioni delle aziende del settore riunite in Asstel (Confindustria) che non sono favorevoli al ban trumpiano sul 5G e per la decisione di Berlino in cantiere non contro Huawei – e dall’altro si deve guardare dall’attivismo dell’ambasciata americana a Roma che più volte nella sede di via Veneto a Roma, secondo Diplomaticamente.it, ha incontrato il numero uno di Tim, Luigi Gubitosi, che al momento non ha assunto alcuna decisione negativa contro il gruppo cinese.

 

thomas miao 3

Il gruppo cinese ha anche commissionato alla società di consulenza EY uno studio sugli extra costi per gli operatori attivi in Italia in caso di ban contro di loro. Mettere al bando le cinesi avrebbe un extra-costo per gli operatori di circa 4-5 miliardi di euro, ha concluso EY. Con ricadute anche sui costi finali per il consumatore: “In Italia il ritardo che si introdurrebbe rispetto a uno scenario “no ban” è stimato dagli stessi operatori in 12-18 mesi e gli extra-costi ad essi associati in almeno 4-5€ mld aggiuntivi, difficilmente ammortizzabili in tempi brevi, visti i livelli complessivi degli investimenti che gli operatori devono affrontare”, hanno messo per iscritto gli analisti di EY (qui il report integrale nell’approfondimento di Start). Un ingaggio, quello di EY da parte di Huawei, criticato dalla rivista Formiche di Paolo Messa, già direttore generale del Centro studi americani e attuale direttore Relazioni Istituzionali Italia di Leonardo, definita da Dagospia “la macchina editoriale più apprezzata a Washington”.

 

LA GUERRA DI DONALD TRUMP A HUAWEI

Eppure anche altri centri studi non hanno auspicato il ban in Italia per Huawei. E’ il caso di I-Com presieduto da Stefano Da Empoli, che invece ha stimmatizzato altri aspetti della normativa in fieri in Italia. D’altronde la stessa Asstel, l’associazione che riunisce e rappresenta le imprese di tlc presieduta da Pietro Guidani, non ha assunto una posizione contraria al gruppo cinese Huawei. Rinunciare alla tecnologia di Huawei per il 5G mette a rischio la competitività del Paese e potrebbe provocare ritardi e costi extra alle telco che operano in Italia, ha detto il 25 settembre Guindani, a nome tra gli altri, anche Tim, Open Fiber, Vodafone e Wind-tre (qui il pensiero di Asstel).

sede huawei milano 2

 

Buone notizie per Huawei anche da Berlino. La Germania sta mettendo a punto regole sulle reti mobili 5G che non escluderanno le tecnologie Huawei, ha scritto ieri Reuters. “Non stiamo prendendo una decisione preventiva per vietare qualsiasi attore o società”, ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert in una conferenza stampa a Berlino lunedì. Con la decisione di Berlino in cantiere, “Deutsche Telekom, Vodafone, e Telefonica Deutschland – i tre operatori coinvolti nella partita – dovranno applicare standard di sicurezza avanzati negli elementi critici della rete, secondo il nuovo regolamento. I fornitori, da parte loro, dovranno essere “bollinati” come affidabili passando una serie di test di certificazione che, stando alle prime indiscrezioni, dovrebbero essere effettuato dall’autorità tedesca per la sicurezza informatica, l’Ufficio federale per la sicurezza delle informazioni”, ha scritto il Corriere delle Comunicazioni.

 

sede huawei milano 3

Ma perché gli Usa di Trump sollecitano gli Stati occidentali a vietare Huawei? Ha risposto così di recente a Start Corrado Giustozzi, esperto di sicurezza cibernetica dell’Agenzia per l’Italia Digitale per lo sviluppo del CERT della Pubblica Amministrazione, e componente del Permanent Stakeholders’ Group dell’Agenzia dell’Unione Europea per la cybersecurity (ENISA): “Gli americani ci stanno dicendo che hanno paura che i cinesi possano inserire nei loro apparati delle backdoor, delle bombe logiche, delle funzioni nascoste insomma, mediante le quali potrebbero intervenire sugli apparati o farsi inviare dati. Potrebbero, insomma, governare gli apparati al di fuori della volontà del loro legittimo utilizzatore.

 

thomas miao inaugura la sede milanese di huawei con beppe sala

Questa però, e mi ripeto, è la stessa paura che molti addetti ai lavori hanno nei confronti di taluni prodotti americani, russi o israeliani. Se ad esempio io compro un router di un’azienda statunitense, chi mi assicura che la CIA non abbia chiesto a tale azienda di metterci delle backdoor con cui spiarmi? Ribadisco che il caso che adesso gli americani hanno sollevato nei confronti di Huawei non è né nuovo né strano. È rilevante, semmai, perché adesso c’è un monopolio nella tecnologia”.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…