MA QUALE RIAPERTURA? NOVANTAMILA BAR E RISTORANTI HANNO DECISO DI RIMANERE CHIUSI: I CLIENTI SONO IL 30% SCARSO DELL’ERA PRE-VIRUS, IL TURISMO È FERMO E NEGLI UFFICI SONO TUTTI IN SMART WORKING. IN MOLTI, PROBABILMENTE, NON RIAPRIRANNO PIÙ. GLI UNICI A CUI VA BENE SONO I PARRUCCHIERI, CHE SONO STATI SOMMERSI DI PRENOTAZIONI – TRA PARTITE IVA E DIPENDENTI 4 MILIONI DI LAVORATORI ANCORA SENZA AIUTI

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1 - CHIUSI 90 MILA BAR E RISTORANTI "RISCHIAMO DI NON APRIRE PIÙ"

Estratto dell’articolo di Rosaria Amato per “la Repubblica”

 

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(…) Novantamila tra gli oltre 333 mila bar, ristoranti, pasticcerie e gelaterie, secondo le stime di Fipe Confcommercio, hanno deciso di non riaprire per il momento. Anche perché non c' è certo l' assalto dei clienti: fatto 100 l' afflusso normale, secondo un' indagine di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, l' affluenza è del del 30% per i negozi non alimentari, del 28% per i servizi alla persona e del 20% per la ristorazione.

 

coronavirus fase due bar riaprono a milano 20 coronavirus fase due bar riaprono a milano 20

«Quando tutto funziona qui siamo al centro dell' economia nazionale e internazionale. - dice Pier Galli, proprietario del ristorante Galleria a Milano - Ma ora negli uffici sono tutti in smart working, il turismo è fermo, anche quello d' affari, noi abbiamo di fronte La Scala, che non si sa quando riaprirà, gli alberghi sono chiusi. Non vedo possibilità nell' immediato: se ne riparla a settembre».

 

PIER ANTONIO GALLI PIER ANTONIO GALLI

 Ma a scegliere di rimanere chiusi non solo solo i locali nei centri storici: «Stiamo ancora valutando. - dice Fabrizio Santucci, titolare del ristorante "Il Caminetto", nel quartiere Parioli di Roma. - Siamo aperti da 18 mesi, le nostre casse sono vuote: se non avremo i finanziamenti chiesti, forse non riapriremo più. In questa situazione possono riaprire serenamente solo le aziende consolidate, e che sono riuscite a comprarsi le mura. E dove il nucleo familiare incide per il 50%».

 

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(…) E poi c' è una minoranza di ristoratori che sta facendo una resistenza psicologica: non se la sentono di riaprire in queste condizioni, con tutte le regole su distanziamenti e sanificazioni. È una difficoltà giustificabile ma bisogna che si convincano che non c' è alternativa».

 

CORONAVIRUS E RISTORANTI CORONAVIRUS E RISTORANTI

 «Ad aprire con maggior soddisfazione sono stati i parrucchieri, che sono stati davvero sommersi dalle richieste e hanno lavorato alla grande. Bisogna vedere quanto dura questa condizione. - osserva Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti - I negozi di abbigliamento hanno aperto in percentuale elevata, per ora con molta meno soddisfazione. Ma le imprese hanno voglia di andare avanti». (…)

 

2 - PARTITE IVA E DIPENDENTI QUATTRO MILIONI RESTANO ANCORA SENZA AIUTI

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Estratto dell’articolo di Valentina Conte per “la Repubblica”

 

Si rincorrono i decreti: dopo il Cura Italia del 17 marzo ora abbiamo il Rilancio del 19 maggio. Ma nel mezzo spuntano quasi 4 milioni di lavoratori "sospesi", rimasti incastrati tra le due maxi manovre da complessivi 80 miliardi e privi di sussidio: circa 3 milioni di dipendenti senza cassa integrazione e 1 milione di autonomi senza i 600 euro di marzo. Travolti dalla burocrazia dell' Inps e delle Regioni (nel caso della cassa in deroga), questi 4 milioni aspettano ancora i sostegni del Cura Italia. E temono di restare in coda anche per i rinnovi decisi dal Rilancio.

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I soldi stanziati dai due decreti, per queste due sole categorie di lavoratori, sono importanti: 21 miliardi e mezzo per la cassa integrazione e 7 miliardi per l' indennità da 600 euro. Ma non basta, se poi le risorse non arrivano. Prendiamo il caso degli autonomi. L' Inps ha annunciato ieri che entro lunedì rinnoverà in automatico i 600 euro di aprile ai 3,7 milioni che l' hanno già preso in marzo: ma le domande arrivate sono 4,8 milioni. Ballano 1,1 milioni di richieste inevase. Il presidente dell' Inps Pasquale Tridico nei giorni scorsi ha detto che 500 mila di queste sono state respinte. Martedì in Senato si è corretto: le rifiutate sono 200 mila. Cosa ne sarà delle altre 800 mila? A questo punto dovrebbero ricevere un bonifico da 1.200 euro: 600 euro per marzo e altrettanto per aprile. Ma non è chiaro. Pare che siano finite in ghiacciaia perché la categoria indicata era errata (350 mila, soprattutto stagionali) o con Iban sbagliati (200 mila).

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(…) E veniamo alla cassa integrazione. Sicuramente lo tsunami sanitario ha fatto esplodere le richieste: 835 milioni di ore autorizzate da Inps nel solo mese di aprile. È come se 5 milioni di lavoratori fossero rimasti fermi per tutto il mese, a zero ore. In realtà la Cig - nelle sue tre forme rispolverate dal Cura Italia: cassa ordinaria, in deroga e assegno ordinario - è stata richiesta da 7,2 milioni di lavoratori dipendenti che così hanno conservato il posto, anche per il contestuale divieto di licenziare introdotto dal Cura Italia e ora prolungato sino al 17 agosto dal decreto Rilancio. Non tutti i lavoratori dunque sono rimasti sempre a casa: magari hanno diminuito le ore, alternandosi anche per le regole di distanziamento imposte dalle norme anti-Covid.

 

coronavirus, la riapertura del 18 maggio a roma 13 coronavirus, la riapertura del 18 maggio a roma 13

Di questi 7,2 milioni solo 4,6 milioni hanno già incassato la Cig, pari all' 80% dello stipendio con un tetto attorno ai mille euro lordi. E di questi 4,6 milioni in 3,8 milioni hanno potuto contare sull' anticipo delle loro aziende che poi andranno a conguaglio con Inps.

Mentre l' Istituto di previdenza è riuscito a erogare l' assegno a neanche 800 mila lavoratori: un quarto scarso di quanto doveva. Il ritardo di Inps è ancora più chiaro in percentuale: ha pagato l' 8% dell' assegno ordinario, il 20% della cassa in deroga e il 50% di quella ordinaria.

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(…) Inps dovrebbe anticipare il 40% della cassa integrazione in 15 giorni dalla domanda. Ma per Cig ordinaria e assegno ordinario ciò vale per le domande dal 19 giugno in poi: quindi gli anticipi "sprint" arriveranno solo ai primi di luglio. Per quanto riguarda la tribolata Cig in deroga, la sua gestione è stata tolta alle Regioni che in questi mesi si sono rivelate impacciate e disabituate a gestire uno strumento vecchio, abolito nel 2016. Ma attenzione. Solamente le aziende che hanno già consumato le prime 9 settimane di cassa possono da subito chiederne altre 5 direttamente a Inps, così da avere entro 15 giorni il 40% di anticipo. Le altre devono ancora passare per l' imbuto delle Regioni.

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