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IL MIO “TESORO” – I PARTITI VOGLIONO METTERE LE MANI SUL RICCO PACCHETTO DELLE PARTECIPATE PUBBLICHE, CHE VALE 106, 5 MILIARDI: IL TOTONOMINE È GIÀ PARTITO, MA DA QUI ALLA PRIMAVERA 2023, QUANDO INIZIERÀ LA STAGIONE DEI RINNOVI, LA STRADA È ANCORA LUNGA – CHE FARÀ IL CENTRODESTRA? PER ENEL DOPO TRE MANDATI CONSECUTIVI È PROBABILE L'USCITA DEL CEO FRANCESCO STARACE, E SI TORNA A PARLARE DI CATTANEO. ANCHE PROFUMO È DATO VERSO L’USCITA MENTRE, DESCALZI, SE NON DIVENTERÀ MINISTRO, RIMARRÀ SALDO AL TIMONE DI ENI…

QUANTO VALGONO E QUANTO RENDONO LE SOCIETA PARTECIPATE DALLO STATO

Stefano Caselli per “L’Economia – Corriere della Sera”

 

È di 106,5 miliardi, in calo rispetto ai 111 miliardi del 2020, il «tesoro del Tesoro». Porta utili per 5,6 miliardi, con un rendimento del 5,3% (in netto aumento dal 4,25% del 2020), e dividendi per 3,25 miliardi (da 4,7 miliardi). Il valore delle partecipate di Stato ha risentito dei cali di Borsa, ma resta alto e redditizio in questi giorni pre-elezioni, secondo i calcoli de L'Economia al 30 agosto (basati sulla capitalizzazione di Borsa per le quotate e sul sistema del patrimonio netto per le non quotate).

 

È la seconda puntata del viaggio nelle società pubbliche dopo quella su Cdp del 29 agosto. Il portafoglio del Tesoro rivela per via XX settembre un ruolo simile a quello di un fondo sovrano.

daniele franco a cernobbio 2

 

Un peso delle partecipazioni importante (oltre i 100 miliardi che è il 12,5% dell'intera Borsa), la presenza di tre delle sole sei aziende italiane che compaiono nella lista Fortune 500 delle più grandi della terra (Enel, Eni e Poste), un rendimento (oltre il 5%) appetibile per ogni investitore.

 

Numeri significativi per la prossima stagione di nomine e di governo. Scadono quest' anno (con rinnovi all'approvazioni lla prossima primavera) i vertici di Eni ed Enel, Poste e Mps, Leonardo ed Enav. La prassi, seguita anche dal ministro Daniele Franco che ha rafforzato la direttiva Saccomanni del 2013 sulla governance delle partecipate pubbliche, prevede che il Tesoro proceda alle nomine dei vertici dopo avere consultato i cacciatori di teste così da garantire profili competenti.

 

giorgia meloni a cernobbio 1 2

E prevede l'applicazione delle quote rosa, alle quali Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, si è detta contraria. Il metodo potrebbe cambiare, ma non troppo né ovunque. Ormai le società di Stato, soprattutto se quotate, sono legate agli investitori istituzionali: andrà mantenuto un profilo di competenza per non allontanarli. Fa eccezione la Rai, dove la prassi è più politica che tecnica.

 

Porte girevoli

FRANCESCO STARACE

Intendiamoci. Un totonomine è prematuro, anche perché la stagione dei rinnovi inizierà nella primavera 2023 con le assemblee. Ma qualche ipotesi si può fare, sentito il mercato e gli osservatori. Per Enel dopo tre mandati consecutivi è probabile l'uscita del ceo Francesco Starace.

 

Sull'energia con il centrodestra potrebbe rivedersi Flavio Cattaneo che guidò Terna e fu direttore generale Rai. Per l'Eni resta quotato l'attuale ceo Claudio Descalzi, a meno di eventuali destinazioni governative. Possibile l'uscita di Alessandro Profumo, ceo di Leonardo.

 

flavio cattaneo misura la temperatura foto di bacco

Qui potrà avere un ruolo d'indirizzo Guido Crosetto, Fratelli d'Italia, già sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi. Il Montepaschi è alla prova dell'aumento di capitale, intervento delicato: probabile che il ceo Luigi Lovaglio resti. Tra i ritorni possibili Massimo Sarmi, ex Poste, e Marco Alverà, ex Snam.

 

Ma vediamo la classifica delle superstar pubbliche. Al primo posto c'è Ferrovie, controllata al 100%: vale 41,54 miliardi. Il cda scade nel 2023 ma il gruppo è un garante del Pnrr, dovrà mantenere stabilità. Segue con 21,1 miliardi la Cdp (82,77%).

 

CLAUDIO DESCALZI OSPITE DI ATREJU

Terza è l'Enel con 11,44 miliardi per il 23,59%, quarta la Rai con 7,62 miliardi per il 99,56%. Quinto posto con 4,9 miliardi per la Sace neo acquisita (100%). Quinta è con 4,4 miliardi (13,75%) la Stm del grande exploit: la società dei microchip, detenuta alla pari con il governo francese, capitalizza 32 miliardi, il titolo vale 35 euro contro i 24 di media del luglio 2020.

 

Poi le Poste con 2,97 miliardi (29,26%); l'Enav con 1,19 miliardi (53,28%). E Leonardo (30,2%), nella Difesa, con 1,46 miliardi. La novità rispetto al 2020, oltre a Sace, è Ita Airways (qui valutata 950 milioni, stima iniziale delle offerte, in attesa del valore definitivo dell'operazione). L'Eni vale 1,9 miliardi ma solo per il 4,34% in capo direttamente al Tesoro (se aggiunto al 21,7% detenuto in trasparenza attraverso Cdp per 9,16 miliardi si sale a 11 miliardi).

 

matteo del fante poste italiane 2

L'Enel porta al Tesoro 858 milioni di dividendi, Cdp 1,84 miliardi, Poste 194 milioni. Sono 2,89 miliardi di entrate con tre società. In perdita la Rai per 30 milioni.

 

Pensando all'interesse generale del Paese, andranno evitati i rischi a cui questo portafoglio può essere esposto. Il primo è quello dell'occupazione, per chi vi guardi come a uno strumento di consenso e di connotazione politica. Il secondo è l'impiego del denaro dei contribuenti per sostenere interventi che non hanno prospettiva e capacità di generare utili. Alitalia, ora Ita, è il caso emblematico.

 

alessandro profumo massimo d alema

Le tre direttrici

Nel 2022 lo Stato azionista ha un senso se segue tre direttrici: crescita, sostenibilità e forza moltiplicativa. Nell'assetto partecipativo ci sono aziende grandi e di pregio, ma l'Italia ha anche sempre meno imprese capaci di contare su scala mondiale (sei fra le prime 500 del mondo, nel 2011 erano dieci). E i campioni di oggi rischiano di scivolare nelle classifiche.

 

Un azionista attivo ragiona per obiettivi misurabili, fuggendo dagli slogan. Sulla sostenibilità, l'ambizione dovrebbe essere qualificare le società di Stato con le migliori pratiche Esg. Alcune si sono mosse, Cdp è un attore decisivo: la direzione va resa più visibile e distintiva.

 

LUIGI LOVAGLIO

Quanto alla forza moltiplicativa: lo Stato azionista può avere senso perché può agire dove il mercato è sottile. E intervenire dove le iniziative non sono abbastanza visibili o c'è una situazione temporanea ma complessa di crisi. La vicenda Ita (e Mps) può arrivare a una soluzione con la capacità dello Stato di fare exit, cioè di agire come un fondo di private equity che sa uscire quando la crisi è risolta senza sperperare il denaro degli investitori e dei cittadini. Per cogliere queste sfide va messo alle spalle lo «Stato imprenditore» a favore di uno Stato responsabile delle risorse che investe.

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