vladimir putin petrolio russia russo

PIÙ DEL GAS, POTÉ IL PETROLIO - LA VERA ARMA DA FINE DEL MONDO CONTRO PUTIN È IL TETTO AL PREZZO DEL GREGGIO, A CUI IL G7 IERI HA DATO IL VIA LIBERA: È L’EXPORT DELL’ORO NERO A COPRIRE LE SPESE MILITARI RUSSE – È UNA SVOLTA ANCHE PERCHÉ SEGNA LA DEFINITIVA GLOBALIZZAZIONE DELLA GUERRA ECONOMICA TRA MOSCA E L’OCCIDENTE: POTRANNO ESSERE SANZIONATE LE IMPRESE DI QUALSIASI PAESE CHE COMPRA PETROLIO DA MOSCA, COMPRESE CINA E INDIA…

Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

 

vladimir putin a kaliningrad 3

Sono passati appena due mesi da quando Berlino frenava gli Stati Uniti, l’Italia e gli altri Paesi del G7 sull’idea di mettere un tetto ai prezzi del petrolio russo. Eppure sembra un’eternità. Oggi il gruppo dei sette sembra vicinissimo a un accordo su questo punto e, se ci si arriverà, sarà una svolta.

 

Se il governo di Olaf Scholz ha cambiato posizione, è perché ormai gli resta ben poco da perdere dato che per Vladimir Putin non esistono colpi proibiti. Pur di provare a mettere in ginocchio la Germania o l’Italia, il leader russo è pronto a razionare il solo prodotto da esportazione che l’Europa non ha ancora colpito.

 

DA DOVE IMPORTIAMO GAS E PETROLIO

Ma storicamente non è quest’ultimo — il gas — ad assicurare la parte più importante delle entrate del bilancio del Cremlino. L’energia rappresenta quasi la metà del bilancio del governo di Mosca, ma in tempi normali Putin deve questi flussi finanziari in gran parte al petrolio.

 

È con l’export del greggio che Putin copre da anni le spese del suo corrottissimo apparato militare e di sicurezza da 100 miliardi di euro l’anno. È con quello che paga i «volontari» della guerra ucraina dieci volte il salario medio delle provincie più povere, per convincerli ad arruolarsi. Ed è sempre con le entrate da petrolio che Putin indennizza le famiglie dei caduti con somme così alte da renderle ricche — rispetto ai vicini dei loro villaggi della Russia profonda — e cloroformizzare la protesta.

 

vladimir putin

Per tutte queste ragioni, un tetto al prezzo del petrolio russo può dimostrarsi una svolta dalle conseguenze imprevedibili. Destabilizzante per il Cremlino e per gli equilibri sempre più precari del sistema internazionale.

 

Lo è perché, più di qualunque altra sanzione, quella misura può avvicinare nel tempo lo strangolamento finanziario di Mosca: a maggior ragione adesso che i flussi di gas verso l’Unione europea sono ormai ridotti ai minimi termini.

 

Ma se la decisione del G7 è una svolta, è anche perché segna la globalizzazione di questa guerra economica fra Mosca e l’Occidente. Non a caso ieri il Cremlino ha subito reagito designando gli Stati Uniti come parte in causa del conflitto ucraino e congelando il gasdotto Nord Stream 1 verso la Germania senza scadenza, in un estremo tentativo di far impazzire i prezzi e far collassare così l’economia europea.

 

PETROLIO RUSSIA

Di sicuro gli sviluppi di questi giorni accelerano la globalizzazione del conflitto per l’Ucraina perché, questa volta, le conseguenze possono arrivare direttamente fino alla Cina, all’India e agli altri Paesi neutrali o vicini a Mosca.

 

Il tetto al prezzo del petrolio deciso dall’Occidente funzionerebbe infatti solo grazie alla minaccia di sanzioni contro le imprese di qualunque altro Paese che dovesse violare le regole indicate da Stati Uniti, Unione europea, Giappone, Canada e Gran Bretagna. In sostanza, il G7 cerca di costringere tutti i Paesi del pianeta a condividere lo stesso cordone sanitario che l’Europa e gli Stati Uniti hanno già imposto sulla Russia.

 

prezzo del petrolio russo

Il «tetto», se tutti i Paesi dell’Unione europea lo approveranno, funzionerà infatti esattamente come le sanzioni contro l’Iran. Se un’azienda cinese, indiana o sudafricana comprasse petrolio russo a un prezzo sopra ai livelli massimi indicati dall’Occidente come accettabili, allora perderebbe accesso all’Europa e agli Stati Uniti. Più precisamente, perderebbe accesso ai mercati in dollari e in euro. È lo stesso tipo di minaccia che grava oggi, per esempio, sulle banche europee che dovessero fare affari con Teheran: sanno che sarebbero tagliate fuori dai mercati americani, dunque si astengono.

 

GAS N ROSES - MEME BY CARLI

In sostanza il G7 sta sfoderando la minaccia di punire le imprese di tutti i Paesi neutrali o alleati con la Russia, Cina in primis. È sempre possibile che quelle cerchino da dicembre in poi di aggirare i vincoli con pagamenti occulti o offshore, specie se il governo di Pechino desse indicazioni in questo senso. Ma così le ricadute della guerra in Ucraina sono destinate a coinvolgere i sistemi di intelligence in tutto il mondo, chi per dare la caccia a eventuali aziende che aggirano le sanzioni, chi per aiutarle a farlo. Di sicuro c’è che gli effetti si vedono già. L’azienda tecnologica cinese Huawei, per esempio, ha smesso di sottoscrivere nuovi contratti in Russia per paura di essere esclusa dai mercati europei.

EXPORT DI PETROLIO RUSSO IN ITALIA embargo petrolio russo

Ultimi Dagoreport

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)