milena gabanelli - recovery fund vs piano marshall

IL RECOVERY FUND È COME IL PIANO MARSHALL? – MI-JENA GABANELLI E LE DIFFERENZE TRA I DUE PIANI DI RICOSTRUZIONE : “DOVREMMO STUDIARLA BENE QUELL’OPERAZIONE CHE FU LA BASE DEL MIRACOLO ECONOMICO, NEL MOMENTO IN CUI CI AVVIAMO A RICEVERE PIÙ DI 200 MILIARDI DI EURO TRA SUSSIDI E PRESTITI UE. I PRESTITI ANDARONO ALLE GRANDI INDUSTRIE. PER LO PIÙ SI TRATTÒ DI DENARO NON SPRECATO IN SALVATAGGI IMPROBABILI. UN’INDICAZIONE UTILE PER I TEMPI NOSTRI..."

piano marshall vs recovery fund

 

Milena Gabanelli e Danilo Taino per “Dataroom - Corriere della Sera”

 

George Marshall fu il Chief of Staff dell’esercito degli Stati Uniti che inventò il Piano di ricostruzione dell’Europa, il quale prese il suo nome. Churchill lo definì «organizzatore della vittoria». Proprio per la sua visione gli fu assegnato il Premio Nobel per la Pace nel 1953.

 

condizionalita' recovery fund vs piano marshall

Morì nel 1959, ma ancora 70 anni dopo, quando c’è una crisi si invoca un Piano Marshall. Il fatto è che non è replicabile, e non fu unicamente una questione di soldi, come non lo è oggi per l’Italia, di fronte ai miliardi del Recovery Fund europeo. Che le differenze tra l’immediato dopoguerra e i nostri giorni della pandemia siano enormi è evidente.

 

piano marshall

Allora c’erano Paesi completamente da ricostruire, la manodopera costava niente, il mondo dei commerci era chiuso. C’era una leadership crescente, e in quei giorni governavano statisti veri, temprati in una delle tragedie maggiori della Storia. Dovremmo però studiarla bene quell’operazione che fu la base del Miracolo Economico, nel momento in cui ci avviamo a ricevere più di 200 miliardi di euro tra sussidi e prestiti europei.

 

Quanto vale oggi quel miliardo e mezzo di dollari

Nominalmente, l’European Recostruction Plan (Erp) - questo era il nome ufficiale – canalizzò 13,3 miliardi di dollari dagli Stati Uniti a 16 Paesi europei tra l’aprile 1948 e il giugno 1952: la Spagna non faceva parte del Piano in quanto dittatura.

 

milena gabanelli recovery fund vs piano marshall 2

Se ci si limita a calcolare l’inflazione, 13 miliardi del 1950 corrispondono a poco più di 140 miliardi di dollari oggi. Ma in 70 anni non sono aumentati solo i prezzi, anche i Pil si sono moltiplicati. Fare un confronto preciso tra le portate dei due interventi, dunque, è difficile.

 

L’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, però, ha calcolato che il miliardo e mezzo di dollari che arrivò in Italia con il Piano Marshall corrispose al 9,2% del Pil italiano medio di quegli anni. Se si considera che il Prodotto interno lordo italiano del 2019 è di 1.787 miliardi, il 9,2% corrisponde a 164 miliardi di euro, non molto meno dei 206 del Recovery Fund.

 

Le condizioni del Piano Marshall

Originariamente, l’Erp avrebbe dovuto beneficiare soprattutto Gran Bretagna e Francia. Infatti, i due Paesi furono quelli che ricevettero la quota maggiore di aiuti, 3,2 miliardi di dollari Londra, 2,7 Parigi. L’Italia fu la terza beneficiata, con 1,5 miliardi: si trattava di sostenerla economicamente anche con l’obiettivo di non farla cadere nelle mani delle sinistre e in prospettiva del nascente blocco sovietico, tanto che un mese prima delle elezioni del 18 aprile 1948 lo stesso Marshall chiarì che il Piano per l’Italia si sarebbe arrestato se avesse vinto il Fronte Popolare.

 

Il lato politico e geopolitico dell’Erp fu infatti non meno importante, per Washington, di quello economico: la Germania, il Paese chiave nel confronto con l’Unione Sovietica, pur entrando un anno dopo nel progetto, ricevette 1,4 miliardi. Anche il Recovery Fund e il New Generation Eu hanno un forte contenuto politico: il rafforzamento dell’Unione europea e il mercato unico da non frammentare con tassi di crescita troppo divergenti nel momento dell’uscita dalla crisi pandemica.

 

milena gabanelli recovery fund vs piano marshall 4

Inoltre non c’è un «podestà esterno» a controllare che i denari siano ben impiegati: dovrà essere la Ue stessa a badare all’uso delle sue risorse.

 

Cosa arrivò dagli Usa

Le condizionalità del Piano Marshall furono sostanziali, anche perché gran parte degli aiuti furono a fondo perduto (solo 1,3 miliardi di dollari furono prestiti). Bisognava stabilizzare le valute, creare una rete commerciale europea, promuovere la produzione agricola e industriale, favorire gli scambi con gli Stati Uniti, i quali avevano bisogno di partner economici in salute.

piano marshall in italia

 

Considerando l’Italia, da Washington arrivavano beni al governo il quale versava il corrispettivo del loro valore a un Fondo di Contropartita intestato al Tesoro, destinati a ridurre il debito e agli investimenti. Il tutto con i rigidi controlli di un sistema concordato, ma la cui ultima parola spettava all’Eca, l’Economic Cooperation Administration di Washinton. Le prime navi con le merci dell’Erp – nota nel suo libro «Il Piano Marshall e l’Italia» Francesca Fauri (Il Mulino) - consegnarono carbone e grano a partire dal 18 aprile 1948 e al 30 settembre di quell’anno «erano già stati sbarcati tre milioni di tonnellate di prodotti giunti con 370 navi». Cotone, cereali, combustibili e macchinari furono le principali importazioni nel quadriennio.

 

milena gabanelli recovery fund vs piano marshall

Ma arrivò di tutto, dal rame a prodotti siderurgici, dalle sementi e concimi alla gomma sintetica. Con il denaro ricavato dalla vendita a privati di queste merci, 300 miliardi, il ministro del Bilancio Luigi Einaudi ne utilizzò solo 62 per fare investimenti, così ripartiti: 14 miliardi andarono alle imprese private per lo sviluppo della siderurgia, 32 passarono all’Imi per sostenere importazioni dagli Usa, 8 servirono a sostenere il turismo, e altri 8 sovvenzionarono le costruzioni navali. Il resto venne messo nella stabilizzazione della moneta e valorizzazione del risparmio. Una politica che ridiede fiducia nell’Italia agli investitori e pose le basi per il boom degli anni successivi.

 

Come abbiamo usato quei dollari

come funzionava il piano marshall

Gli investimenti massicci per la ricostruzione e lo sviluppo economico iniziarono tra la fine del 49 e il ’50, sempre con un governo De Gasperi e seguendo la linea Einaudi, che nel frattempo era diventato presidente della Repubblica. La procedura era questa: i programmi dovevano essere avallati da Washington e poi discussi e approvati dal Parlamento a Roma.

 

MILENA GABANELLI

I criteri seguiti furono quattro: urgenza delle opere, creazione di occupazione, crescita del reddito dell’Italia, sostegno alle aree depresse. Al 30 giugno 1951, gli investimenti Erp furono per il 28% in agricoltura (bonifica e credito), per il 23,4% in attrezzature industriali, per il 16,9% in lavori pubblici, per il 12,3% in trasporti soprattutto ferrovie, per il 5,4% nell’Ina Casa e il 3,1% per l’incremento edilizio. Si costruirono le case popolari nei quartieri operai.

 

Si lanciò un piano di sviluppo idroelettrico meridionale, si rafforzarono i porti, in primis Genova, e la marina mercantile. Si diede un tetto a tremila famiglie le cui case erano andate distrutte nel terremoto di Messina del 1908. Si ricostruirono ponti. Nel 1953, nelle campagne lavoravano 84 mila trattori. Nello stesso anno, tutti i comuni italiani furono raggiunti (almeno ufficialmente) dalle linee telefoniche. Si crearono 12 orfanotrofi, 204 strade, 70 ospedali, 33 acquedotti, 26 fognature, 188 scuole. Al settembre ’53, il cento per cento del programma Unrra Casas, che dava una dimora ai senzatetto, fu finanziato dall’Erp, il Piano di edilizia pubblica all’11%, il Fondo incremento edilizio al 67%, e così via nella ricostruzione del tessuto abitativo.

crescita in europa dopo il piano marshall

 

La vera differenza fra ieri e oggi

I prestiti del Piano Marshall invece andarono soprattutto alle grandi industrie, quindi in Piemonte, Lombardia e Liguria, allora Triangolo Industriale. Alla Fiat il 12,4% di tutti i prestiti, alle imprese dell’Iri il 23,9%, alla Edison l’8,6%. Per lo più si trattò di denaro non sprecato in salvataggi improbabili. Un’ indicazione utile per i tempi nostri, dove avviene troppo spesso l’esatto contrario.

GIUSEPPE CONTE IN UN MOMENTO DI PAUSA DURANTE LE TRATTATIVE SUL RECOVERY FUND

 

Dunque la stabilizzazione macroeconomica, la ripresa nella fiducia nel Paese dopo la sconfitta bellica, la ricostruzione iniziata e investimenti, portarono a risultati superiori a quelli previsti nel piano a lungo termine presentato all’Oece (il predecessore dell’Ocse) all’inizio degli aiuti americani.

 

Nel 1952 il reddito nazionale centrò la previsione a livello 117; la produzione industriale toccò 149 contro il previsto 140; i passeggeri sulle ferrovie arrivarono a quota 233 contro un’aspettativa di 200; i trasporti via mare arrivarono a 173 rispetto al 125 pianificato. Crebbero più del previsto le esportazioni, le importazioni, i consumi alimentari pro capite. Solo la produzione agricola e della pesca e il trasporto merci per ferrovia crebbero meno delle previsioni. (Fonte, Zamagni, «Dalla periferia al centro»).

 

milena gabanelli recovery fund vs piano marshall 3

Un successo, anche se alcuni economisti sostengono che la crescita dell’economia e l’arrivo in Italia di un sempre crescente benessere forse ci sarebbero stati anche senza il Piano Marshall. Impossibile saperlo. Non è però detto che senza l’Erp le sinistre non avrebbero vinto le elezioni del ’48. A quel punto l’Italia non sarebbe entrata nel mercato occidentale e men che meno nella comunità europea. E qui sta la differenza finale con l’oggi: la statura di chi fece e fa scelte politiche. Forse proprio pensando a Einaudi è stato chiamato Draghi.

Ultimi Dagoreport

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…