padoan merkel mustier

SULL'USCITA DI MUSTIER SI LEGGONO COSE CHE VOI UMANI… - LO STORYTELLING CHE CIRCOLA TRA GLI INVESTITORI È QUELLO DELLA STAR DEI MERCATI CACCIATA DALLA POLITICA ITALIANA, ALLONTANATO PERCHÉ FRANCESE E ALTRE ILLAZIONI. QUALCHE GIORNO DI TEMPO, POI LA CLAQUE FINIRÀ. E CI SI FOCALIZZERÀ SULLA REALTÀ: HA VENDUTO MALE E IN FRETTA I GIOIELLI, HA DRENATO CAPITALI SENZA STRATEGIA - ORA PERÒ I FONDI SCAPPANO PERCHÉ TEMONO LE SCHIAPPE AL GOVERNO CHE AVRANNO DI FATTO IL CONTROLLO DELLA BANCA

 

1. FINE DELLA «ONE MAN BANK», SERVE UN DIRETTORE D'ORCHESTRA

Alessandro Graziani per ''Il Sole 24 Ore''

 

La più preziosa buonuscita che il board di UniCredit ha concesso al ceo uscente Jean Pierre Mustier, è senza dubbio la gestione della comunicazione al mercato della sua uscita. Lo storytelling che circola tra gli investitori è quello della star dei mercati cacciata dalla politica italiana, forse addirittura dal Governo (che senza saperlo si scopre potentissimo), allontanato perché francese e altre illazioni.

 

MUSTIER ELKETTE

Qualche giorno di tempo, poi la claque finirà. E ci si focalizzerà sulla realtà che in parte, nell' annunciare la non ricandidatura, ha spiegato lo stesso Mustier: da mesi c' erano divergenze con il board sulla strategia e sull' implementazione del piano presentato lo scorso dicembre.

Le divergenze, e qui si entra nel campo delle indiscrezioni di campo avverso, riguardano le strategie di crescita nel nuovo quadro competitivo che si è creato in Italia dopo l' operazione Intesa-Ubi.

 

Mustier è sempre stato convinto che il gruppo non dovesse crescere in Italia, ma in Europa. I suoi tentativi di convolare a nozze con SocGen e Commerzbank, però, non sono riusciti. Ma in attesa di riprovarci, il banchiere ha continuato a gestire la banca solo per prepararla a una futura aggregazione estera. E sulla gestione, e i risultati che ne stanno conseguendo, si è consumato un ulteriore strappo con il board perché la strategia della "decrescita felice", fatta di continue cessioni di asset redditizi, ha certamente incrementato i coefficienti di capitale ma rischia di compromettere la redditività futura del gruppo.

PIER CARLO PADOAN CANDIDATO PD

 

Come ben sa chi lavora ai piani alti della UniCredit tower, la strategia della banca è di prendere i minori rischi possibili sul credito. In Italia, ma non solo. Come dimostrano alcuni dati. Negli ultimi sette trimestri, il margine d' interesse del gruppo è sceso ininterrottamente e solo negli ultimi nove mesi dell' anno la flessione del net interest income (nii) è stata del 4,9% (simile peraltro al calo delle commissioni). Nei primi nove mesi dell' anno la divisione commercial banking Italy ha ridotto il volume dei prestiti alla clientela del 2,2% con un calo dei ricavi da interessi dell' 11,3%.

 

In forte calo anche i volumi di credito erogati nella divisione Central Eastern Europe (Cee), scesi del 7% nei primi nove mesi dell' anno con un calo del margine d' interesse del 10%. Il periodo è difficile per tutte le banche, tassi zero e crisi da pandemia pesano inevitabilmente sui margini, ma poche banche in Europa mostrano analoghi rallentamenti nei ricavi "core". Un andamento attentamente monitorato anche dagli investitori che, pur attratti dalle ipotesi di buy back azionari proposti da Mustier, non avevano mancato di mostrare il proprio disappunto in occasione dei recenti conti trimestrali, accolti dal mercato con un secco -3% nei due giorni successivi alla diffusione.

pier carlo padoan

 

Se ora per il board diventa strategico rimettere in cammino la macchina operativa della banca, anche la scelta del successore di Mustier dovrebbe essere fatta di conseguenza. Più che un altro investment banker, serve un manager esperto di banca. Meglio se già collaudato nella trasformazione digitale del business. Le candidature di livello non mancano, né le autocandidature, ma prima di fare rotta su un altro esterno il board farebbe bene a valutare in via prioritaria se la figura più adatta esiste tra i manager interni. Ce n' è più di uno, con conoscenze non solo della attività italiana ma anche delle banche del Centro Est Europa che restano un asset centrale per la strategia paneuropea di UniCredit.

 

Sarebbe una soluzione più rapida, più efficace perché un interno conosce già la "macchina", meno mortificante per un top management che ha vissuto mesi difficili, e più in linea con la tradizione delle grandi banche europee che solo in casi eccezionali fanno ricorso a un esterno.

 

Quanto alle aggregazioni, se la strategia del nuovo ceo e del board sarà davvero quella di riequilibrare il divario con Intesa Sanpaolo, per UniCredit vi sono tre opzioni possibili: BancoBpm, Bper, Mps.

 

Quest' ultima è quella più rischiosa e certamente non può essere portata avanti per fare un favore allo Stato che deve vendere. Dovesse emergere che UniCredit sceglie Mps per fare un' operazione politica, e soprattutto non neutra sul capitale, alla prossima assemblea non sarebbe solo Mustier a dover lasciare la banca.

 

 

2. INCOGNITA SIENA E NEBBIA SUL CEO: FONDI IN FUGA DA GAE AULENTI

Carlo Festa per ''Il Sole 24 Ore''

 

 

I grandi fondi esteri, azionisti di Unicredit, mettono sotto osservazione il dossier e le strategie della banca dopo l' annuncio dell' addio dell' amministratore delegato Jean Pierre Mustier.

 

Cesare Bisoni

Il crollo del titolo, avvenuto tra lunedì e ieri, è stato traumatico: ieri una discesa di quasi il 10% , l' altro ieri del 5%, con una perdita di valore in due giorni, che è ben oltre la capitalizzazione di Mps, indicata come futura sposa. Al punto che la compagine dei soci potrebbe a questo punto essere cambiata rispetto a quella di qualche giorno fa e che vedeva il colosso statunitense Blackrock con poco più del 5% davanti ad altri investitori come Dodge & Cox, Vanguard, Norges Bank, il fondo sovrano di Abu Dhabi, Allianz e il fondo pensione giapponese dei dipendenti pubblici. Unicredit è una public company: oggi due terzi del capitale (il 68%) è in mano a fondi istituzionali internazionali. C' è un altro 7% in mano a fondi sovrani, le Fondazioni hanno il 5%, il retail il 13%, mentre c' è un altro 7% di azioni proprie.

 

Unici investitori italiani tra i primi dieci, sono la Delfin di Leonardo Del Vecchio e le Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e quella di Verona Vicenza Belluno e Ancona. Per questo motivo ieri a Londra e nelle principali capitali finanziarie c' era parecchio stupore tra i fondi azionisti: non tanto per l' addio del Ceo Mustier, dato per sicuro ormai da mesi, quanto per le modalità con le quali è avvenuto. L' incertezza non piace agli investitori ed è chiaro che una poltrona vacante per diversi mesi rischierebbe di affossare ancora di più il titolo.

unicredit

 

La velocità dell' avvicendamento diventa dunque cruciale. Ma a pesare sugli investitori esteri sono anche le voci, mai smentite, che a fare pressione per il ribaltone in UniCredit sia stato il Governo italiano, che sta spingendo per accasare Mps con l' istituto di piazza Gae Aulenti. In assenza di altre spiegazioni, si tratta della principale tesi che tiene banco.

Già l' arrivo alla carica di presidente di UniCredit dell' ex-ministro Pier Carlo Padoan, protagonista nel 2017 del salvataggio statale sulla banca senese, aveva fatto accendere una spia rossa tra i fondi esteri.

 

Ora resta da capire che succederà.

Sulle prossime scelte si gioca non solo l' investimento di molti fondi stranieri in UniCredit, ma anche la credibilità dell' Italia nell' attirare investimenti esteri. Non è tanto l' acquisizione di Mps in sé a creare timori, quanto le modalità con le quali quest' ultima potrebbe avvenire.

 

Cosa farà, ad esempio, di fronte a una decisione di questo tipo, BlackRock che proprio sugli investimenti passati in Mps ha archiviato forti perdite? Di sicuro, è la tesi prevalente, importante sarà scegliere per UniCredit un amministratore delegato che trovi consenso tra gli azionisti istituzionali e che non sia troppo riferibile al Governo italiano. Il nome si saprà, probabilmente, tra poco: dopo che sarà terminata l' analisi che il cacciatore di teste Spencer Stuart sta facendo e dalla quale potrebbe emergere una rosa di tre nomi.

 

monte dei paschi di siena

C' è da dire che in questo ore il dossier Unicredit è inoltre finito nel radar di fondi attivisti, che intravedono nell' attuale situazione una sottovalutazione del titolo. Non è da escludere che in vista dell' assemblea di primavera che dovrà ratificare il nuovo cda, alcuni fondi (che dovranno raccogliere lo 0,5% del capitale) possano decidere di presentare una propria lista, se quella del comitato nomine non sarà giudicata soddisfacente.

 

Ad esaminare il dossier è ad esempio Bluebell Partners, fondo attivista guidato da Giuseppe Bivona, che proprio su Mps è stato autore di una battaglia giudiziaria. «Stiamo guardando il dossier con estrema attenzione» indica Bivona al Sole 24 Ore. Insomma, sembra - a tutti gli effetti - l' inizio di una nuova partita, dove gli investitori esteri faranno sentire la propria voce.

 

 

Ultimi Dagoreport

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")