lucia aleotti menarini

I VAGABONDI DEL PHARMA – LUCIA ALEOTTI, AZIONISTA E MEMBRO DEL BOARD DI MENARINI: “INVESTIRE SULLA SANITÀ PORTA UN VALORE AGGIUNTO, MA POSSIAMO CAPIRLO SOLO USCENDO POLITICA DEL TWEET. QUESTI FENOMENI SONO LEGATI TRA LORO E NON POSSONO ESSERE ESPRESSI IN 140 CARATTERI. ALTRIMENTI SI TORNERÀ ALLA POLITICA DEL MASSIMO RIBASSO PER CUI SPENDI POCO IN SANITÀ, COMPRI LE MASCHERINE ALL’ESTERO E QUANDO POI C’È UN’EMERGENZA RIMANI SENZA”

 

Alessandra Micelli per www.formiche.net

 

lucia aleotti

È vero che con meno tagli – e meno sprechi ­– l’Italia sarebbe arrivata più preparata all’emergenza Covid? E che ruolo hanno avuto le aziende italiane in questa battaglia? Quanto ha gravato l’incertezza del diritto e quanto, invece, la mancanza di sostegno alle imprese del made in Italy farmaceutico?

 

Ne abbiamo parlato con Lucia Aleotti, azionista e membro del Board di Menarini, azienda farmaceutica con sede a Firenze e caso esemplare di un’Italia che vuole continuare a investire nel e per il proprio Paese.

 

Durante (e nel post) emergenza Covid, abbiamo spesso sentito dire che talune criticità, con la giusta attenzione, e le giuste risorse, si sarebbero potute evitare. Lei cosa ne pensa?

menarini

Diciamo che col senno di poi siamo tutti bravissimi. Bisogna essere oggettivi e rendersi conto che l’Italia è stato il primo Paese dopo la Cina a trovarsi di fronte a una situazione esplosiva; siamo stati noi, infatti, a fare da “scuola” per gli altri Paesi e sono stati i nostri medici, così come i nostri scienziati, a studiare per primi come cercare di intervenire e come curare al meglio coloro che sono stati colpiti da questo virus, fornendo un contributo importantissimo per la comprensione di questa malattia.

 

Quindi non abbiamo nulla da rimproverarci?

conte meme

Certo, alcune riflessioni vanno fatte, soprattutto in merito alla carenza di strumentazioni che abbiamo subìto in Italia a causa delle produzioni ormai stabilmente localizzate all’estero. E parlo di presìdi indispensabili per la salute delle persone.

 

Non si può non pensare a quanti pazienti si sarebbero potuti salvare con una maggiore disponibilità, ad esempio, di respiratori o di mascherine. Ed è importante da sottolineare perché deve portare il Paese e fare una riflessione sull’importanza strategica – e sottolineo strategica – di alcuni beni che andrebbero paragonati a quelli necessari per la Difesa.

PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA

 

Ovvero? Ci spieghi…

Per la produzione italiana di beni considerati strategici per la Difesa non ci si focalizza sul centesimo di risparmio, ma sulla qualità e su necessità di avere produzioni localizzate in Italia. E credo – come poi ci ha dimostrato il Covid – che sia fondamentale adottare il medesimo approccio anche per beni e tecnologie sanitari.

 

Nella produzione farmaceutica è accaduto lo stesso?

No, e anzi il fatto che i farmaci non siano mai mancati dimostra come la localizzazione della produzione in Italia – basti considerare che siamo, ad esempio, l’unico produttore di eparina in Europa – ci ha consentito di avere la disponibilità di quanto necessitavamo.

 

MENARINI

Le aziende del settore stanno facendo sforzi grandissimi in questo senso, cercando di rilocalizzare, ad esempio, anche la produzione di diversi principi attivi su suolo nazionale, e scegliendo, come ha fatto Menarini, di localizzare i propri stabilimenti in Italia.

 

La mancata attrattività degli investimenti nel settore farmaceutico è da imputare a un unico soggetto, o a più realtà? E a chi, in particolare?

DOMENICO ARCURI

Io non parlerei di mancata attrattività, perché non è esattamente così. Negli ultimi anni l’Italia ha attirato moltissimi investimenti e non a caso nel 2018 siamo stati il primo produttore europeo di farmaci. Nel 2019 poi la Germania è tornata all’inseguimento e siamo al momento in un testa a testa per il primato della produzione europea, per cui mi sembra evidente che non sia così.

 

E questo è dovuto proprio alla quantità di investimenti importanti che le aziende hanno fatto grazie a un periodo di alcuni anni in cui il settore farmaceutico non è stato imperversato da politiche di tagli come nel 2008, nel 2010 o nel 2011.

 

DOMENICO ARCURI MASCHERINE

Certo, è ancora più necessario fare una riflessione su alcune tematiche come quella del payback farmaceutico, ma senza penalizzare di nuovo l’industria farmaceutica.

 

A proposito di penalizzazioni, sappiamo che l’Italia spesso è stata affossata da instabilità e incertezza del diritto. Quanto vale questo discorso per il pharma?

Tantissimo, non a caso dal 2006 al 2008 ma anche nel 2010 e nel 2012 in cui le regole nel comparto cambiavano in continuazione, il farmaceutico ha avuto un grande freno. Poi c’è stato un periodo di stabilità e di apertura con fondi dedicati all’oncologia o all’epatite C che hanno colto maggiormente l’importanza strategica del settore.

 

È chiaro che se un imprenditore del settore, la stessa Menarini, non può non preoccuparsi quando sente parlare, a livello regionale, di tagli alla farmaceutica per dare altre risorse alla sanità. Dietro la farmaceutica ci sono imprese e dietro questi investimenti, dipendenti e attrattività del sistema-Paese.

 

eric cornut menarini

C’è chi propone di lavorare sui prezzi dei farmaci…

L’Italia ha i prezzi dei farmaci più bassi d’Europa. La maggior parte dei prodotti fabbricati in stabilimenti italiani hanno prezzi al ricavo di pochi euro, come si può voler limare oltre? Si pensa di poter comprimere oltremodo questi prezzi?

 

Il Covid ci ha dimostrato che bisogna fare un ragionamento strategico e per farlo è obbligatorio tenere nel Paese strutture industriali indispensabili. Per la salute dei cittadini, per l’occupazione e per la ripresa industriale ed economica post-Covid.

 

Elcin Barker Ergun - amministratore delegato menarini

Negli ultimi mesi si è parlato tantissimo di tagli alla sanità, spaccando in due non solo l’opinione pubblica, ma anche una fitta schiera di addetti ai lavori. Lei che tocca con mano il settore quotidianamente, cosa ne pensa?

In primis, bisogna smettere di guardare a tagli e fondi in termini di silos. Perché se guardiamo i fondi per il Servizio sanitario nazionale, questi sono certamente aumentati negli anni. Certo, non quanto altri Paesi europei, ma sono aumentati. Ma il tema deve essere: cosa gli investimenti possono portare e cosa possono trainare?

 

menarini

Se continuiamo a considerare ogni settore in maniera separata mancherà sempre quella visione di insieme fondamentale per un’analisi costi-benefici efficiente. Gli investimenti in sanità, soprattutto in alcuni comparti della sanità, come la farmaceutica, hanno un effetto trainante straordinario su altri comparti, in maniera diretta, indiretta, sull’indotto e sull’attrattività di ulteriori investimenti. E non è una cosa che possiamo trascurare.

 

Un investimento in sanità si traduce in un volano per la ricerca, per la produzione e per l’occupazione nel settore della produzione sia farmaceutica che dei macchinari, che a sua volta si porta dietro ingegneri, periti chimici e laureati in medicina e in chimica e tecnologia farmaceutiche, che quindi a loro volta trainano il settore universitario.

 

menarini 3

Come fare per capirlo?

Uscendo dalla politica del tweet. A fare la politica dell’anti-tweet. Capendo che questi fenomeni sono legati tra loro e che non possono essere espressi in 140 caratteri. Altrimenti si tornerà alla politica del massimo ribasso per cui spendi poco in sanità, compri le mascherine all’estero e quando poi c’è un’emergenza rimani senza.

 

Prevenzione, questa sconosciuta. Fra i grandi difetti congeniti nel nostro Paese, c’è l’abitudine ad agire (e anche bene) ma solo dopo il disastro, con costi altissimi sia umani sia economici. Ed è un trend che vediamo in diversi comparti, come ad esempio le infrastrutture, e non da ultimo anche con la sanità. Lei crede che il Covid ci abbia davvero insegnato qualcosa, o fra qualche mese ci saremo già dimenticati tutto?

conte casalino

Io spero che il Covid ci abbia insegnato qualcosa, e che soprattutto apra una riflessione sulla necessità che l’Italia vada avanti, che si liberi di tutti questi veti, questi codici e codicilli che bloccano l’operosità del Paese.

 

Anche all’interno della Pubblica amministrazione ci sono persone che hanno grande capacità e volontà di lavorare per il bene del Paese, ma è difficile farlo in questa giungla soffocante di norme che porta inevitabilmente alla paralisi. Dobbiamo uscire da questa paralisi.

 

Come?

Facendo sì che “chi fa non falla”. Deve diventare questo il motto del Paese. Altrimenti la paura di sbagliare finirà per bloccarlo. L’esempio delle infrastrutture che ha citato calza a pennello.

nuovo ponte genova 2

 

Pensiamo ad esempio a Genova, dove per riuscire a realizzare l’opera in tempi brevi si è dovuto ricorrere a un regime straordinario. Ecco, noi abbiamo bisogno che lo straordinario diventi ordinario affinché l’Italia abbia una ripartenza post Covid che sia rapida e spedita.

 

Un’ultima domanda. Spesso, le case farmaceutiche vengono viste dai cittadini come “cattive”. Eppure siete il settore che forse più di qualunque altro contribuisce alla sopravvivenza, e non in senso metaforico, dell’essere umano. Quali sono le ragioni di questo gap e perché non si riesce a colmarlo?

alberto giovanni aleotti lucia aleotti – menarini

Qui il discorso è ampio e complesso. Basti pensare che la speranza di vita delle persone aumenta ogni anno di un trimestre grazie anche, fra le altre cose, proprio alle case farmaceutiche.

 

Forse quello che potremmo fare è cercare di trasmettere meglio il trasporto e il coinvolgimento di chi lavora nel settore farmaceutico, il viverlo quasi come una missione. Raccontare le storie dei nostri ricercatori, dei nostri addetti alla produzione e l’impegno che ci mettono ogni giorno nel proprio lavoro.

 

GIUSEPPE CONTE MEME

Da quando è iniziata l’emergenza Covid i nostri dipendenti hanno prodotto, volontariamente, cento tonnellate al mese di gel igienizzante per donarlo alle strutture sanitarie. E avreste dovuto vedere l’entusiasmo con cui hanno portato avanti questo impegno.

 

E forse, non lo nego, potrebbe essere utile raccontare anche le nostre sconfitte, i nostri fallimenti, gli anni di ricerche che poi si sono rivelate un nulla di fatto, anni di lavoro di persone che credevano in qualcosa che poi non ha funzionato. Ecco, raccontare queste cose sicuramente restituirebbe un’immagine più veritiera di quello che facciamo, e di quello che siamo.

lucia aleotti 2nuovo ponte genovaalberto giovanni aleotti lucia aleottiConte Speranzaconte memelucia aleotti eric cornut alberto giovanni aleotti

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