Andrea Greco e Giovanni Pons per "la Repubblica" - Estratti
Ci sono circa quattro settimane per collocare la terza tranche di Mps in Borsa prima del periodo di grazia che porta al 7 novembre, quando esce la terza trimestrale. E altre circa quattro per farlo da allora a fine anno. Il Tesoro, primo socio al 26,73%, sta intensificando le riunioni con banchieri d’affari e consulenti per completare la riprivatizzazione, promessa all’Ue dal 2017, quando Mps fu salvata da 5,4 miliardi pubblici.
Entro fine anno, negli impegni, il Tesoro dovrebbe uscire da Siena: è improbabile che avvenga, ma è quasi sicuro che limerà di un 8-10% la quota, per dare un altro segnale all’Europa, e incassare mezzo miliardo del piano privatizzazioni da 20 miliardi del ministro Giancarlo Giorgetti (3 già incassati). A tale antipasto dovrebbe seguire il varo del “terzo polo bancario”: che però non si materializza e potrebbe slittare al 2025.
giancarlo giorgetti - assemblea abi
Vendere un altro 8% circa in Borsa, a fondi istituzionali come fatto due volte in 10 mesi per il 37,5% di Mps, è alla portata. Ieri l’azione ha perso un 2% a 4,85 euro, ma anche facendo un lieve sconto ai soci di mercato si venderebbe a prezzi superiori sia ai 2,92 euro della prima tranche che ai 4,5 della seconda. E il Tesoro, che ieri ha ribadito che «non c’è nessuna fretta sul dossier Mps», aveva più volte chiarito che avrebbe venduto ancora solo a prezzi vantaggiosi.
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L’ascesa borsistica di Mps a 6,1 miliardi, di pari passo con quella degli utili quasi raddoppiati a 1,16 miliardi nei sei mesi 2024, complica le cose. Solo quattro rivali nostrane possono concupirla. La leader Intesa Sanpaolo è fuori, essendo vicina ai tetti antitrust.
Unicredit, dopo aver negoziato Mps per mesi nel 2021, rifiutò la dote da 6 miliardi e ruppe i rapporti col Tesoro: senza riattivarli.
Banco Bpm, che vale 9 miliardi, ha smentito un interesse e detto di voler crescere da sola. E Bper, che quota 6,8 miliardi, resta un cantiere aperto dopo gli acquisti delle filiali Ubi e di Carige, oltre al fatto che la controlla Unipol.
La compagnia delle coop “rosse” non è opzione gradita nelle schiere più a destra della maggioranza: se non per ragioni politiche (in 20 anni il manager Carlo Cimbri l’ha rivoltata fino a farne un protagonista della finanza italiana), almeno per ragioni di network. Ma porta a Unipol la strada più lineare del rebus. Se Mps ricomprasse la quota di Axa nella partnership assicurativa, sciogliendo il contratto scadenza 2027 (costo, un miliardo), Unipol poi avrebbe convenienza a ripetere lo schema rodato su Bper e su Sondrio: rilevando un 9,9% e lucrando sulla vendita di proprie polizze sulla rete Mps.
Uno scenario che potrebbe piacere all’ad Luigi Lovaglio, fautore di un’alleanza strategica e in buoni rapporti con Cimbri. Ma dovrà scegliere il governo: e farlo tra le opzioni esistenti, col rischio che temporeggiando Mps sia scalata da altre mani, anche estere.
CARLO CIMBRI giancarlo giorgetti foto mezzelani gmt080 luigi lovaglio LUIGI LOVAGLIO MONTE DEI PASCHI DI SIENA