noemi bocchi zaniolo totti

"UNO, DUE, TRE. IL VOLUME NELLA TESTA, È GIÀ DENTRO LA MIA FESTA" – ZANIOLO FESTEGGIA LA TRIPLETTA AL BODO CON LA CANZONE DI ELODIE – “VOLEVO GIOCARE IL DERBY MA HA AVUTO RAGIONE MOURINHO” - DALLE TELEFONATE ESTIVE ALLE ESCLUSIONI, PASSANDO PER IL CAMBIO DI RUOLO. FINO ALLA LEADERSHIP CONFLITTUALE: FARLO INFURIARE PER SFRUTTARNE LA RABBIA NELLA PARTITA PIÙ IMPORTANTE – IN TRIBUNA ALL’OLIMPICO TOTTI E A 60 METRI NOEMI BOCCHI CON LA SOLITA GALLERIA DI FACCINE, SMORFIE E BOCCUCCE A CULO DI GALLINA: FOTO BY MEZZELANI

Foto di Ferdinando Mezzelani per Dagospia

Matteo Pinci per repubblica.it

 

 

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Non capitava da un po’ di vederlo sorridere. Quel sorriso con cui ha lasciato il campo, dopo un’ora da sogno e quelle tre dita ostentate nel cielo di Roma. La sequenza è già storia: tocco di precisione, pallonetto elegante e bolide all’incrocio dei pali dopo un’azione di potenza e velocità. È tornato così Nicolò Zaniolo

 

 

"Uno, due, tre. Il volume nella testa, è già dentro la mia festa". Così, con la canzone di Elodie "Bagno a mezzanotte", ha festeggiato Zaniolo. Incredibilmente adatta alla prima tripletta della carriera, e proprio nella notte a cui Mourinho teneva di più. Cancellando le amarezze, i silenzi. I dispiaceri covati: “Ha avuto ragione il mister”, ha detto, ridendo, alla fine. Come se improvvisamente, avesse dato un senso alle esclusioni a La Spezia, la sua città, e nel derby, le due partite che non vedeva l’ora di giocare. Come se avesse improvvisamente capito il disegno.

 

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La sua stagione era iniziata in modo frenetico: da una parte la fretta di riprendersi il tempo che gli avevano tolto i due infortuni alle ginocchia. Dall’altra la necessità di un fisico come il suo di tornare a sentire il campo: di sciogliere la paura dopo i primi contrasti che irrigidivano i pensieri.

 

Sempre sul punto di esplodere, senza mai convincere davvero se stesso. Il primo, vero brivido al derby d'andata: una partita enorme e appagante, se il risultato non fosse stato da dimenticare. Poi Bergamo ed Empoli, le giornate migliori. Fino a quando la curva si è flessa: il punto più basso, i fischi di Roma-Vitesse, sipario sulla sua stagione. Almeno fino alla notte di Roma-Bodø.

 

 

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In estate José Mourinho lo aveva sedotto facendolo sentire una star: telefonate continue, lunghe chiacchierate sul cosa voleva da lui. Poi, il cambio di ruolo: più vicino alla porta, per sfruttarne l’esuberanza fisica, gli strappi di prepotenza, il tiro. Il bilancio dei gol non era mai decollato: solo 2 in campionato, 4 in tutto. Ma a forza di giocarle tutte e sempre la condizione s’era un po’ appannata: normalmente, per tornare pienamente dopo un infortunio serve l’equivalente del tempo passato fuori. E quindi, almeno un anno. Ma con lui la pazienza sembrava esaurita dopo pochi mesi. Sembrava, appunto. Di talenti Mourinho ne ha allenati a decine.

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E con Nicolò ha deciso di usare la sua storica strategia della leadership conflittuale: ne ha incendiato l’umore. L’ha fatto infuriare. E quando lo ha portato al limite, l’ha liberato, scatenando quella voglia di rivalsa sul povero Bodø/Glimt. “Aveva ragione il mister”. Il peso della storia. Sono mesi che José ha capito come l’Europa sa il giardino in cui questa Roma poteva togliersi le soddisfazioni maggiori. E ancora una volta, per sperare di sollevare una coppa europea, l’Italia si affida a José Mourinho, l’ultimo a riuscirci nel 2010.

 

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