MA LO SPORT ITALIANO DOV’È FINITO? TRA ATLETICA E NUOVO ABBIAMO FATTO LA FIGURA DEI PERACOTTARI

1 - ATLETICA E NUOTO, GLI AZZURRI SI INCEPPANO
Giulia Zonca per "la Stampa"

La fotografia è molto più sfocata del previsto: i Mondiali dovevano catturare l'istantanea dell'atletica rivitalizzata dopo le rivoluzioni federali e la virata sui giovani ma l'immagine che ne esce è deludente. Non facciamo passi avanti, inchiodati alla medaglietta anche se stavolta è una medagliona, visto che è un argento a sorpresa uscito dalla maratona, però purtroppo il livello non si sposta.

L'atletica come il nuoto arranca, solo che il nuoto difende il sistema e l'atletica no. Il presidente Alfio Giomi tenta la via della scossa, scelta facile dato che lui è in carica da nove mesi e non è responsabile dell'eredità ricevuta, però decisa: «C'è molto da lavorare, non siamo adeguati, non siamo proprio pronti e i ragazzi non hanno una dimensione internazionale».

Analisi spietata con i quattro in pagella che volano: «Siepisti improponibili», «settore medico da risistemare», «la marcia maschile sbandata e sconvolta dopo il caso Schwazer». Bene, preso atto dello stato di salute precario, resta da capire come migliorarsi per recuperare la dignità che ci apparteneva. Non vinciamo un oro mondiale dal 2003. Negli sport davvero globali fatichiamo e soprattutto il ritratto che emerge è quello di un gruppo di atleti non troppo consapevole di quanto va forte il mondo. A volte neanche di come gira il mondo.

In certi settori ci manca la guida: non è che in Italia non ci siano allenatori buoni, è che il microcosmo a circuito chiuso in cui si lavora è andato in tilt. Servono aria fresca, idee diverse, magari anche da buttare via. Dopo averle prese in considerazione per lo meno. E non è questione di esterofilia. La medaglia di Valeria Straneo nasce in provincia, ad Alessandria, sopra un circuito che addirittura chiamano «giardinetto» e il tecnico che la sostiene da anni si definisce «casalinga» e di solito lavora con i bambini.

Eppure anche le due signore così profondamente locali sono state in Kenya per prepararsi alla sfida. Federica Pellegrini ha optato per un maestro francese, con i capelli lunghi, le catene al collo e la mania per le storielle sconce. Poco presentabile e dal rendimento assicurato.

Questioni di sintonia, non può funzionare per tutti, magari per qualcun altro sì. Gregorio Paltrinieri, bronzo dei 1500 metri a Barcellona, unico podio under 20 dell'estate, è cresciuto in un centro federale, la prova che anche noi sappiamo motivare i giovani. Tre medaglie e tre storie diversissime che dovrebbero insegnarci come sia ormai impossibile applicare il modello unico.

Apriamo porte e cervello e affrontiamo il fatto che portarsi il formaggio grana in trasferta non basta per affrontare certe competizioni. Ci siamo aggrappati alle abitudini e qualcuna è pure buona, solo che il confronto si è allargato e noi siamo troppo poco curiosi, apatici, sospettosi, sempre convinti che gli altri esagerino con i nutrizionisti al seguito e la crioterapia. Sempre sicuri che gli altri azzardino buttando i ventenni nella mischia senza protezione e coccole. L'atletica è disposta a un tentativo: «Se non abbiamo chi ci insegna a lanciare troviamolo altrove».

Abbiamo pronto uno scambio con l'Ucraina: vendiamo capacità organizzativa in cambio di consigli tecnici. La prima di una serie di alleanze evolutive. Dalla Russia portiamo a casa la miseria di due primati personali, uno è del quattrocentista Galvan che guarda caso si allena negli Usa, la sua specialità non è il nostro pane quotidiano e ad ammetterlo non c'è nulla di male. Ci insegnano che il valore di una nazione non si giudica dalle medaglie, allora guardiamo le staffette: sconnesse e impoverite quelle del nuoto, lontano dalle finali quelle dell'atletica che pure scontano una squalifica discutibile con la 4x400 femminile. Siamo meglio di così.

L'atletica sperimenterà, il nuoto resta protezionista convinto che ci voglia tempo, intesa e fortuna per pescare un'altra generazione di talenti. Che ognuno scelga una strada in cui credere. La prossima estate il confronto in piscina e in pista è solo con l'Europa. La dimensione cala, si aspettano segnali di risveglio. Senza confonderci: gli altri si muovono sempre più in fretta e noi stiamo già rincorrendo con il fiatone.

2 - "TROPPE LITI DA CORTILE FACCIAMO UNA TRISTE FIGURA DA PROVINCIALI"
MALAGÒ, N.1 DEL CONI: "IL NUOTO MI DOVRÀ DARE DELLE SPIEGAZIONI
Paolo Brusorio per "la Stampa"

Dopo il nuoto, nemmeno dall'atletica l'Italia è uscita benissimo. Presidente Malagò, perché?
«Non esulto ai trionfi, né mi deprimo per gli insuccessi. Mi preoccupo invece se non vedo miglioramenti dove uno ha dimostrato lacune. In quest'ottica, il bilancio sia del nuoto sia dell'atletica non è esaltante».

Ma i motivi?
«Sono due sport che non hanno brillato a Londra, invertire la tendenza dodici mesi dopo sarebbe stato difficile. Qualche miglioramento c'è stato: non sono contento, ma realista. Tra due anni ai Mondali preolimpici avremo il riscontro di quello che faremo per poi raccogliere i frutti a Rio».

Atleti appagati dal partecipare: decoubertiniano, ma poco redditizio?
«Già a Barcellona mi ero interrogato su questo fatto. Emerso poi anche nell'atletica. Non voglio fare il tecnico, ma è chiaro che se uno fa il tempo a marzo può riprogrammarsi per l'appuntamento estivo. Poi c'è la questione psicologica, è possibile ma non può essere la spiegazione. Ci sono stati errori, è evidente, sulla preparazione e sull'allenamento alla pressione. A Barcellona vedevo i nostri tesi, gli americani scherzavano. Gli Usa sono un mondo a parte, ma atleti di altre nazioni hanno fatto 4-6 gare la settimana: per i nostri era impossibile...».

Il nuoto è refrattario all'aiuto dei tecnici stranieri, per il presidente della Federatletica Giomi il miglioramento passa anche dall'apertura all'estero. Quale delle due strade preferisce?
«Io sono favorevole ai contributi tecnici dall'estero, lo fanno tutti gli altri sport. Giomi e Barelli hanno caratteristiche e approccio diverso. Barelli parla con gli atleti tramite i tecnici, non ha mai rapporti diretti con loro. Giomi invece preferisce il contatto diretto, ha una visione più passionale, meno fredda e più istintiva che lo porta ad essere più critico se le cose non vanno bene. Non faccio classifiche, ma la mia cultura è quella di Giomi».

Quindi il nuoto cambierà mentalità?
«Barelli ha portato risultati importanti, il suo errore è quello di pensare che la stessa gestione porti risultati identici. Faremo un confronto per analizzare con lucidità e fermezza gli errori commessi».

Nell'atletica anni di liti sulla gestione Howe con il risultato di averlo perso. Nel nuoto basta (e avanza) l'ultima zuffa Pellegrini-Fin sui premi mondiali: come fa a progredire uno sport sempre zavorrato dalle beghe di cortile?
«È un triste attestato di provincialismo. Le federazioni non hanno il diritto e il dovere di fare e disfare, l'atleta deve rispettare il proprio ruolo».

Solo in Italia è possibile una lite tra la federazione e la sua atleta di punta?
«Ci facciamo del male da soli, è un unicum mondiale. E parlo anche del trattamento ricevuto dalla Pro Recco, fucina del Settebello. Lo sport italiano e la Federazione nuoto in particolare devono riflettere».

Lei come interverrà?
«Quelle cifre sono poco comprensibili, avremo un confronto con Barelli e verificheremo i criteri e la trasparenza delle stesse. E come mai sono state rese note nel 2013 visto che erano relative al 2009, mi aspetto una spiegazione».

Resta anche difficile da capire come Pellegrini avesse frainteso le cose...
«Non posso che giustificarla, non lo sapevamo nemmeno noi».

Ma cambierà qualcosa?
«Con me finiranno le discriminazioni nei confronti di atleti e società. E non solo nel nuoto. Nella prossima Giunta stabiliremo un regolamento rigido per il quale discrezionalità e arbitrarietà cesseranno di esistere. Abbiamo ereditato un sistema e ora finirà. Questi sono soldi pubblici...».

2014, Giochi invernali di Sochi: usciremo ancora con le ossa rotte?
«Mancano sei mesi, è già stato fatto tutto. Se l'Italia andrà meglio che a Vancouver sarò il primo a ringraziare Petrucci, se andrà male non mi sentirò particolarmente responsabile».

Tutto su Rio 2016, quindi?
«Sì, se vinceremo 40 medaglie non mi definirò fenomeno, ma se ne arriveranno 20 e nel frattempo avremo risolto molti dei problemi dello sport italiano, beh, allora non mi sentirò neanche l'ultimo».

 

 

GIOVANNI MALAGO FEDERICA PELLEGRINIFEDERICA PELLEGRINI GIOVANNI MALAGO - copyright PizziGIOVANNI MALAGO FEDERICA PELLEGRINI - copyright PizziGIOVANNI MALAGO FEDERICA PELLEGRINI - copyright PizziGiovanni Malagò e Federica Pellegrini - Copyright PizziFederica Pellegrini FEDERICA PELLEGRINI giovanni malago foto mezzelani gmt Giovanni Malago USAIN BOLT BIONDO jpegMONDILAI DI ATLETICA A MOSCA

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