BUIO A SAN SIRO - MILAN E INTER IN CRISI, INZAGHI SEMPRE PIÙ SOLO NON MOLLA: IL TERZO POSTO É A SOLI 7 PUNTI (MA TORNANO A GIRARE LE VOCI SU PRANDELLI) - MANCINI FRIGNA (“NON È LA MIA SQUADRA”) E PUNTA TUTTO SULLE COPPE
1. L’EX PUPILLO LASCIATO SOLO NEL MOMENTO PI§ DIFFICILE
Enrico Currò per “la Repubblica”
Lo avevano scelto perché è giovane, affamato di successo, capace di ascoltare. Perché si presenta benissimo, è misurato, sa comunicare. Perché dai calciatori ottiene il rispetto dovuto ai campioni, è amato dai tifosi, va d’accordo coi giornalisti, è sinonimo di Milan. Insomma, lo avevano scelto con unanime entusiasmo tutti e tre – Berlusconi, Barbara e Galliani – perché è Pippo Inzaghi. E basta la parola.
Ma adesso sembra che la parola non basti più, se di colpo il club si è accorto, lasciando filtrare voci e critiche, nomi e ipotesi, che si tratta di un allenatore neofita e che il noviziato esige sempre qualche tributo. È capitato al predecessore Seedorf, assunto a caro prezzo, ripudiato e tuttora sotto contratto fino al 2016. Oggi Inzaghi non rischia un divorzio così traumatico e non perché il bilancio non possa reggere due stipendi che, sommati, sfiorano i 5 milioni netti all’anno.
Né il mai negato apprezzamento per Prandelli da parte della società prelude al clamoroso avvicendamento, dopo le impacciate reazioni («Sacchi arriverebbe esclusivamente per lavorare coi giovani», ha puntualizzato Galliani) all’idea di piazzare il padre nobile Arrigo come tutore. Ieri, però, Pippo è stato lasciato solo nel giorno della sconfitta, a districarsi nel groviglio dei processi televisivi. E la solitudine si è fatta indizio di un rapporto meno idilliaco con la società.
P Inzaghi Milano ph Ilario Botti
Inzaghi ha recuperato il garbo che aveva perso sul campo, calciando via il pallone a 10’ dalla fine: un gesto punito dal severo arbitro Russo con l’espulsione. Un allenatore si assume anche le colpe di una squadra con poco carattere. «Prendetevela con me, non con i giocatori». Un allenatore non recrimina più per la scarsa preparazione invernale, sacrifiplausi cata in nome dell’amichevole di Dubai. «Niente alibi. Rimbocchiamoci le maniche. Tocca a me capire che cosa non funziona.Dobbiamo tramutare questi fischi meritati in applausi». Ma nel processo pubblico l’allenatore si è difeso con grinta.
mancini 213443040 9421bd7c df43 4612 a641 e1545309fcb0
Sul rischio che le voci su Sacchi abbiano destabilizzato lui e la squadra. «Non ho mai detto che non siamo sereni. Dopo avere battuto il Napoli e meritato di vincere con la Roma, non possiamo essere diventati così. Non potremo mai fare un grandissimo gioco, ma servono disponibilità, voglia, cuore. Dobbiamo svegliarci ». Sulla zona Champions che sfugge. «La situazione non è drammatica. Siamo pari all’Inter, che pensa al terzo posto. È il nostro scudetto».
mancini 213442956 76f4a1d6 6bdc 4e58 a2b7 bdca6b41e61a
Sul paragone con la gestione Allegri-Seedorf. «Dopo lo scorso campionato, sapevo che non sarebbe stato facile tornare nelle coppe. Ma dobbiamo entrare almeno in Europa League. L’anno scorso, a fine andata, eravamo a 17 punti dal terzo posto. Ora siamo a 7». Sulla fiducia di Berlusconi. «Mi sento sempre molto supportato. Vado avanti con le mie convinzioni e la squadra mi segue: altrimenti sarei il primo a pormi domande». Sul passaggio al 4-2-3-1. «Poteva essere la partita giusta, ma Pazzini ha avuto la febbre per 3 giorni». Sugli arrivi di un terzino sinistro (Siqueira) e di un centrocampista (Witsel). «Ci riuniremo». Da stamattina, annullato il giorno di riposo (sospiro di sollievo per El Shaarawy dopo la botta al piede, out Bonera), si prepara la cruciale con la Lazio. Nel mezzo, i colloqui con Berlusconi e Galliani. E il confronto con la squadra. «Che cosa non funziona? Non lo sappiamo», confessa Bonaventura per tutti.
2. INTER SCORAGGIANTE, MANCINI PUNTA SULLE COPPE
Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
mancini e thohir seppelliscono mazzarri
CON enorme dispetto, anche Roberto Mancini sta provando quanto sa di sale guidare l’Inter, e lo scendere e il salire per le scale tortuose dei risultati altalenanti di una squadra inafferrabile come un’anguilla intinta nell’olio. Il pareggio di Empoli segna la regressione più preoccupante dei due mesi del Mancio sulla panchina nerazzurra.
Nello screpolato “Castellani”, dove in tribuna erano presenti anche due illustrissimi signori come Prandelli e Spalletti, il tecnico ha assistito furente alla peggiore prestazione della sua seconda avventura interista, sul piano della personalità oltre che nella qualità del gioco, perché mai in questo campionato si era vista un’Inter così timida, così in soggezione, così poco in controllo di sé e dell’avversario. E anche se Guarin, che con Mazzarri giocava pochissimo e con Mancini sempre, dice: «Adesso giochiamo con un altro spirito: prima a volte non sapevamo cosa fare in campo», di sicuro a Empoli tutti hanno avuto impressioni molto diverse.
Compreso Mancini, altrimenti non gli sarebbe scappato quel «Non è la mia squadra», inseguito com’era da cattivi pensieri e dai numeri grigiastri delle sue otto partite di campionato: 2 vittorie, 2 sconfitte e 4 pareggi per 10 punti totali, e anche se la sconfitta del Milan ha fatto guadagnare una posizione in classifica all’Inter (da nona a ottava), le vittorie di Napoli e Samp hanno dilatato il distacco dal terzo posto, da - 6 a - 7.
Invece sono 6 i punti in meno rispetto alla fine del girone d’andata dello scorso anno, quando poi alla fine l’Inter arrivò quinta. Segnali piuttosto chiari di una rincorsa al terzo posto più chimerica che reale. Per questo Mancini considera più probabile centrare la Champions vincendo l’Europa League, su cui concentrerà i suoi sforzi, non dimenticando la Coppa Italia: mercoledì metterà in campo la migliore formazione possibile per superare il turno contro l’amico Mihajlovic (che però sarà squalificato), e forse per questo a Empoli ha risparmiato Kovacic. Poi domenica contro il Torino (assenti gli squalificati Medel e Juan Jesus più Ranocchia: per lui distorsione al ginocchio, tornerà entro 10 giorni) si vedrà il da farsi. Intanto il mercato in entrata è fermo: prima bisogna mettere a segno qualche cessione, perché l’Uefa lo vuole e il bilancio lo pretende.