1. LA DOPPIA FACCIA DELLA JUVENTUS - IN ITALIA È LA LOCOMOTIVA, IN EUROPA È UN VAGONE - RIASSUME IL DECLINO DEL CAMPIONATO ITALIANO. UN TORNEO “VECCHIO” E INFARCITO DI STRANIERI PIÙ DEGLI ALTRI, CHE FA SORRIDERE SE PARAGONATO AI RITMI DELLA PREMIER 2. PRENDETE TEVEZ, VIDAL, LLORENTE: IN CAMPIONATO UN FLAGELLO, IN COPPA UN FARDELLO 3. SCONCERTI CONTRO I PIAGNISTEI DI CONTE: “NON È RIMONTARE IL SASSUOLO CHE TI FA CRESCERE, È DISCUTERE UN’ELIMINAZIONE DI QUESTO LIVELLO CHE PORTA LA SINTESI E IL PASSO AVANTI. SE NON VEDI I LIMITI DELLA TUA SQUADRA, SE TI RIFUGI SULL’ARBITRO, SE DISCUTI IL VALORE DEI MINUTI DI RECUPERO SENZA ACCORGERTI CHE SONO STATI 8, QUANTO MAI SI VEDE SU NESSUN CAMPO, SE HAI DIMENTICATO CHE GLI AVVERSARI ERANO ALLA FINE IN NOVE E IN DIECI PER TUTTA L’ULTIMA MEZZORA, NON DAI NESSUN AIUTO ALLA TUA SQUADRA. CERCHI SOLO UN MODO MALDESTRO DI AIUTARE TE STESSO’’
1. ACCETTARE LA SCONFITTA SIGNIFICA CAPIRE LA DIVERSITÃ DI UNO STILE
Mario Sconcerti per Corriere della Sera
Nel calcio le parole a caldo dopo sconfitte importanti non andrebbero mai ascoltate. La prima buona regola è non entrare in uno spogliatoio battuto. C'è grande stanchezza, quindi pochissimi freni inibitori. à allora che nascono le liti più dure e vengono fuori le analisi meno corrette, perché si ragiona solo di pancia, senza più uno grammo di zucchero in circolo.
Ma quello che ha detto Conte dopo l'eliminazione con il Benfica va molto oltre, dimostra un'impreparazione alla sconfitta così profonda da diventare un limite. Se non sai perdere, non sai fino in fondo nemmeno insegnare a vincere. Non è rimontare il Sassuolo che ti fa crescere, è discutere un'eliminazione di questo livello che porta la sintesi e il passo avanti.
Se non vedi i limiti della tua squadra, se ti rifugi sull'arbitro, se discuti il valore dei minuti di recupero senza accorgerti che sono stati 8, quanto mai si vede su nessun campo, se hai dimenticato che gli avversari erano alla fine in nove e in dieci per tutta l'ultima mezzora, non dai nessun aiuto alla tua squadra. Cerchi solo un modo maldestro di aiutare te stesso.
Significa non capire, o dimenticare di colpo, che cos'è la Juve davvero. Che allenarla porta ad accettare con classe momenti del genere, gli stessi che spesso gli avversari dicono di subire dalla Juve. à troppo facile, troppo banale, pensare che quando si vince gli arbitri hanno arbitrato bene e quando si perde è colpa loro. Credo sia un'equazione a cui tutto il gruppo dirigente della Juve si senta estraneo.
Il risultato e gli avversari vanno sempre rispettati, specie in una semifinale europea. Perché altrimenti saremo noi i prossimi a non essere rispettati e a meritarcelo. La Juve è la chiave del nostro movimento, un esempio dovuto e riuscito. Conte ha ridotto lo stile Juve dove poche altre volte era arrivato, nella stessa drammaturgia ostentata degli avversari peggiori.
Sono convinto che a mente fredda se ne accorgerà anche lui. E sono sicuro che qualcuno nella Juve glielo ha già fatto notare. Il buono di una sconfitta è capirla. La Juve è stata eliminata due volte dall'Europa, segno che c'è un limite. Conte studi quel limite e lo risolverà . Il calcio si spiega e si cura sempre con il calcio. E in fondo fra quattro mesi si ricomincia.
2. LA DOPPIA FACCIA DELLA JUVE, SEGNO DI UN CALCIO AI MINIMI STORICI
di Roberto Beccantini per Il Fatto quotidiano
Lo strano caso del dottor Jekyll e della signora Juventus riassume il declino del campionato italiano. Nel 2012, la Nazionale di Prandelli si laureò vice campione d'Europa dietro a quella Spagna che ha appena piazzato tre squadre su quattro nelle finali: il derby Real-Atletico in Champions, il Siviglia in Europa League.
In compenso, non alziamo la Champions dal 2010 (Inter del triplete) e l'Europa League dal 1999, quando ancora si chiamava Coppa Uefa (Parma). Non solo: era dal 1984 che non scendevamo così in basso nella speciale classifica che, Paese per Paese, distribuisce i posti nelle Coppe: quinti, scavalcati persino dal Portogallo.
Non è stata colpa di Clattenburg, l'arbitro, come ha brontolato Conte. L'eliminazione a opera del Benfica, nelle semifinali di Europa League, a un passo dall'epilogo che avrà luogo proprio allo Juventus Stadium il 14 maggio, esula pure dai fatturati, di cui tanto si parla.
Il Benfica è più "povero" della Juventus, l'Atletico è più "magro" del Chelsea di Abramovich. E allora? I soldi sono molto, non tutto.
I bianconeri si avviano a vincere il terzo scudetto consecutivo. Marciano alla media, folle, di 2,65 punti a partita (nel dettaglio, 93 in 35). In Europa, al contrario, hanno camminato come lumache: 1,64 (23 in 14, tra Champions ed Europa League).
Nelle coppe è diverso, non mi stancherò mai di ripeterlo. Non si tratta di ridurre i meriti domestici: si tratta, più terra terra, di consegnarli a una taratura meno partigiana. Prendete Tevez: da noi un flagello, in Coppa un fardello. Per questo non andrà ai Mondiali. Ho citato Tevez, potrei aggiungervi Vidal, Llorente. Lo stesso Conte deve raffinare la mentalità e lasciar perdere le moviole, merce ambigua e pericolosa: crea alibi.
Il nostro campionato è "vecchio" e infarcito di stranieri più degli altri, la velocità di crociera fa sorridere, se paragonata ai ritmi della Premier. I magnati russi e gli sceicchi arabi hanno sfigurato le mappe, così come le avevano disegnate Silvio Berlusconi e Massimo Moratti. Chelsea, Manchester City, Paris Saint-Germain sono realtà emergenti e, se pesate con le bilance d'antan, impensabili. Il fior fiore della "intelligenza" italica lavora o ha lavorato all'estero: Ancelotti, Capello, Lippi, Mancini, Ranieri, Spalletti, Trapattoni, Zaccheroni.
Eravamo i maestri del calcio difensivo. Oggi, per guarnire il reparto, Prandelli è "costretto" a pescare addirittura tra gli oriundi (Paletta). Siamo tatticamente a metà del guado, non più italianisti e non ancora europeisti come la concorrenza imporrebbe. Forte del 2-1 di Lisbona, il Benfica ha inflitto alla Juventus uno 0-0 adeguato allo scorcio storico, ma non troppo lontano dal nostro catechismo degli anni Sessanta.
E poi i fuoriclasse, certo. Quelli "veri" - i Cristiano Ronaldo, i Messi - non possiamo permetterceli. Viceversa, bastano un paio di gol perché, da noi, molti lo diventino. Nel dubbio, meglio contare fino a dieci prima di scaricare i Diego e i Tiago Motta di turno, come fecero alla Juventus post Calciopoli. Non sono marziani, ma ci saluteranno da Lisbona il 24 maggio, beati loro. Simeone, lui, passò da Catania e nessuno lo capì.
Evra, terzino sinistro del Manchester United e della Francia, ha "studiato" a Marsala e Monza. Tornando alla Juventus, ci sta di essere eliminati nei quarti di Champions dal Bayern, come capitò la stagione scorsa; in compenso, non esiste uscire da un girone che, Real a parte, comprendeva Galatasaray e Copenaghen.
In campionato ha vinto tutte le partite casalinghe: 17 su 17. In Europa ha pareggiato con Galatasaray, Real, Fiorentina e Benfica; unici scalpi, Copenaghen, Trabzonspor, Lione. Non proprio squadroni. Pirlo compirà 35 anni il 19 maggio. Ha allungato il contratto fino al 2016. Potrebbe andarsene il 21enne Pogba: un segno dei tempi.
Voce dal fondo: il 3-5-2 non è adatto. Sarà . Così agghindata, la Juventus sbaragliò il Chelsea. Di sicuro, con questa rosa, mancano alternative, mancano ali. Lichtsteiner e Asamoah fanno la differenza in patria, non oltre. Gli euro-rivali , per scarsi che siano, la temono di meno, la graffiano di più: penso, per esempio, al modesto Trabzonspor di scena a Torino.
Gli episodi vanno e vengono, dall'autogol che azzoppò il Lione alla "parata " di Luisao, giovedì. Servono almeno tre o quattro innesti, uno per settore. In Italia la Juventus è la locomotiva, in Europa è un vagone. Idee, please: e al diavolo i piagnistei.











