big dybala

VIENI AVANTI, PRETINO! PAULO DYBALA SI RACCONTA: “FINO AI 15 ANNI ERO IL PIU’ PICCOLO E LE DIVISE MI ARRIVAVANO QUASI AL GINOCCHIO, COME UNA TUNICA. PER QUESTO MI CHIAMAVANO IL PRETINO. IL MIO OBIETTIVO NUMERO UNO DI QUEST’ANNO È PRENDERE UN POSTO IN NAZIONALE”

Andrea Tundo per “GQ

Foto di Van Mossevelde - servizio di Andrea Tenerani

 

PAOLO DYBALAPAOLO DYBALA

Quando incontro Paulo Dybala, la notte di Bordeaux brucia ancora nei ricordi dei tifosi italiani, con quel rigore tirato alle stelle da Simone Zaza nei quarti di finale persi dall’Italia contro la Germania agli Europei. Talento, freddezza, spavalderia: nel bene, e soprattutto nel male, i rigori sono stati i protagonisti dell’estate calcistica, se si pensa anche a quell’altro, clamoroso errore dal dischetto, commesso pochi giorni prima dal più grande di tutti, Leo Messi, nella finale contro il Cile.

 

«Ma a Leo non si può dire nulla, si è preso la responsabilità del primo penalty nella serie dopo i tempi supplementari», chiarisce Dybala. «Zaza, invece, tira sempre così. Ho visto la partita degli azzurri insieme a Claudio Marchisio, e quando Simone ha preso la rincorsa entrambi abbiamo pensato subito che avrebbe incrociato verso l’alto».

 

PAOLO DYBALA 2PAOLO DYBALA 2

A 22 anni, sul set milanese di GQ accompagnato dalla fidanzata Antonella, Dybala dimostra una saggezza più adulta della sua età. Fa caldo, ma la stella bianconera – autore di 23 gol nella stagione d’esordio, meglio di Tévez e di Trezeguet – rinuncia alle calorie di un gelato. Ci vogliono tenacia e rigore, appunto, anche nell’alimentazione, per dare sostanza al sogno che Paulo ha ereditato dal padre Adolfo.

 

«Fino ai 15 anni ero il più piccolo di tutti e le divise mi arrivavano quasi al ginocchio, come una tunica. Per questo mi chiamavano “il pretino”, ma io sono andato avanti». Anche se da Laguna Larga – quattro strade, una pompa di benzina e le porte delle case aperte anche di notte – il resto del mondo sembra lontano. «Adesso che ce l’ho fatta, se potessi scegliere, rinuncerei al Pallone d’oro pur di realizzare i miei desideri: vincere la Champions League prima e poi la Coppa del Mondo».

 

La famiglia, un bambino e un pallone. È iniziato tutto così. Ricorda i primi calci?

PEREYRA - DYBALA E HIGUAIN PEREYRA - DYBALA E HIGUAIN

Impossibile. Papà mi ha dato un pallone prima ancora di mettermi tra le braccia della  mamma. Però ho bene in mente il campetto di Sebastián Barrionuevo, la prima scuola calcio di tutti i bambini di Laguna Larga.

 

Poi ha iniziato a fare sul serio. Qual è stato il punto di svolta della sua carriera?

L’esperienza fatta in Italia: a Palermo, in tanti mi hanno insegnato a comprendere il calcio; alla Juventus, Massimiliano Allegri è stato molto paziente e mi ha aiutato a crescere. Ma prima, in Argentina, c’è stato Darío Franco, che mi aveva regalato l’emozione della prima squadra: lo sento spesso ancora oggi.

DYBALA JUVENTUS MILAN COPPA ITALIADYBALA JUVENTUS MILAN COPPA ITALIA

 

È con lui che si è formato all’Instituto de Córdoba?

Fu mio padre a mandarmi lì. Avere un figlio calciatore era il suo sogno. Tutti i ragazzi  dovrebbero tentare di inseguire il proprio, non solo nello sport. Vengo da un paese piccolo, nel quale grandi squadre come la Juventus sembrano irraggiungibili. Invece papà ci ha creduto. E io ce l’ho fatta.

 

All’Instituto ha trascorso otto anni. Il primo ricordo che le viene in mente?

Il giorno in cui sono arrivato. Avrei dovuto fare un provino di una settimana. Dopo poche ore, Santos Turza, direttore delle giovanili, mi disse che potevo rimanere, ma a una condizione: non avrei mai più dovuto mettere la maglia del Boca Juniors con la quale mi ero presentato...

 

DYBALADYBALA

Ha sfiorato una promozione, è stato il più giovane a segnare un gol, battendo il record di Mario Kempes, e, alla fine, è arrivata la chiamata dall’Italia.

Ero un ragazzino, ma non potevo certo dire di no al Palermo. Sapevo che venire dalla serie B argentina alla A italiana non sarebbe stato facile. Ma i treni passano una sola volta e bisogna prenderli. Papà non c’era più. Parlai con mia madre e i miei fratelli, pensammo che era la scelta migliore. La vita ci ha dato ragione.

 

Anche perché c’era un filo rosso che vi legava a Palermo: suo padre aveva una ricevitoria che si chiamava “La Favorita”, come lo stadio dei siciliani.

DYBALA CIONIDYBALA CIONI

Che in Argentina vuol dire “portafortuna”. Non so se sia stato un segno del destino, l’ho scoperto attraverso un servizio di una tv locale dopo il mio acquisto. Certo ha portato bene.

 

L’Argentina e la nazionale sono rimasti, però, i suoi pensieri fissi. La Copa América è andata male, con la terza finale persa in tre anni e l’addio di Messi alla nazionale.

Cosa si può dire a Leo?

DYBALA CIONIDYBALA CIONI

Ha parlato a caldo, dopo aver perso una finale. Sono certo che tornerà sui suoi passi, tutta l’Argentina lo aspetta. Da noi il peso della maglia numero 10 è enorme. Se Maradona non avesse vinto il Mondiale dell’86, dopo la finale persa a Italia ’90 magari avrebbe detto la stessa cosa.

 

Sia l’uno sia l’altro hanno fatto la storia del Barcellona. Quella sembra la casa dei grandi numeri 10. Ci sono passati in tanti, anche Riquelme, ma è una casualità. Altri argentini porteranno la 10, ma non è detto che si debba passare per forza da Barcellona.

 

DYBALA ANTONELLA CAVALIERIDYBALA ANTONELLA CAVALIERI

Alla nazionale manca un successo dal ’93. La prossima chance è il Mondiale in Russia nel 2018. Senza Messi, a questo punto tocca a lei?

Il mio obiettivo numero uno di quest’anno è prendere un posto in nazionale, ma non voglio riuscirci perché qualcun altro ha detto basta. Devo guadagnarmelo grazie ai risultati con la Juventus.

 

Álvaro Morata, invece, ha deciso di lasciarla e tornare al Real Madrid. Ha fatto la scelta giusta?

Sarei stato felice se fosse rimasto. Ci trovavamo bene, in campo e fuori; un grande compagno e un grande amico. Gli devo molto. Lo scorso anno mi è stato molto vicino nel primo periodo a Torino.

 

Il primo incontro con la squadra avvenne però a Berlino, dopo la sconfitta nella finale di Champions League. Marchisio ha raccontato poi di aver visto in lei qualcosa di speciale.

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E io ho visto qualcosa di unico in tutti loro. Erano tristi, ma allo stesso tempo Claudio  mi disse: «Preparati bene, perché il prossimo anno vinciamo tutto». Lì ho capito la forza di quel gruppo, al di là delle persone che sono andate via. Sono uomini e calciatori incredibili. Lo dimostra il campionato, vinto dopo 26 vittorie su 27 partite.

 

Mi racconti cos’è accaduto nella settimana prima del derby, l’inizio di quella striscia di successi.

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Dopo la sconfitta contro il Sassuolo non c’era un ambiente piacevole. Abbiamo fatto una riunione. Tutti hanno espresso il proprio punto di vista con franchezza. Credo che il gruppo abbia dimostrato in quel momento la propria forza. Poi siamo stati fortunati a vincere contro il Torino all’ultimo secondo. Le altre 25 vittorie, però, non sono state questione di fortuna.

 

Lo è stata invece l’eliminazione dell’Italia dall’Europeo. Barzagli ha detto in lacrime: «Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, ma nessuno si ricorderà di noi».

Purtroppo, per i tifosi funziona così. Guardate l’Argentina: viene da cinque finali consecutive, ma nessuno le ricorda con piacere. Gli italiani comunque non meritavano di uscire ai quarti. Nessuno avrebbe potuto dire nulla se avessero vinto loro invece dei tedeschi. Ai rigori bisogna avere fortuna.

dybala in juventus veronadybala in juventus verona

 

Buffon ha fatto un altro Europeo straordinario. In allenamento quante volte le ha parato un rigore?

Mai! Ma solo perché lui non si allena sui rigori con noi... I calci piazzati li tiriamo con Neto, il secondo portiere.

 

La Champions è stata il grande rammarico delle ultime due stagioni. È l’obiettivo di questa che inizia?

La Juventus è un club che deve sempre provare a vincere la Champions. Lo dimostra la storia di questi anni: la finale dell’anno scorso contro il Barcellona, gli ottavi giocati alla pari nella scorsa stagione contro il Bayern Monaco, quando non se lo aspettava nessuno.

 

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A Monaco non c’era per un infortunio. Come ha vissuto quella sera?

Essere sul divano e non poter far nulla è stato frustrante. Avrei voluto stare lì, a prescindere dal giocare o meno: vivere le sconfitte con il gruppo aiuta a crescere.

 

Usciamo dal campo: che cosa fa nel tempo libero?

Sto cercando qualcuno che giochi a scacchi. Ho imparato grazie a mio padre quando avevo 5 anni. Aiuta a liberare la mente.

 

I suoi tre posti preferiti a Torino?

Oltre alla mia casa, monte dei Cappuccini, il Lungo Po e lo Juventus Stadium.

 

Cinema?

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Film di guerra, che abbiano a che fare con la storia. L’ultimo che ho visto, comunque,  è stato La vita è bella, un capolavoro.

 

Quali libri ha sul comodino?

Ne ho due: Yo el Bocha, di Ricardo Bochini, campione del mondo nel 1986 e leggenda dell’Independiente, e Padre ricco padre povero, di Robert Kiyosaki, un regalo di un amico di mio padre.

 

Come veste per le vie di Torino?

Con abiti comodi, anche se mi piace molto indossare gilet, camicie e giacche. Ma non mi vedrete mai così, se sono in giro con la mia fidanzata per mangiare un gelato.

paulo dybalapaulo dybala

 

Automobili?

Mi piacciono, però ne ho una sola: una Maserati.

 

Un’auto grande. Acquisto in vista di una famiglia da costruire?

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Metterla su è tra i miei pensieri. È stato fondamentale averne una. Da quando è mancato mio papà, siamo sempre stati molto vicini. Chi ha la fortuna di avere una bella famiglia ne riconosce il valore, in un mondo in cui molta gente ti appoggia una mano sulla spalla più per convenienza che per amore.

 

E se nasce un figlio maschio seguirà le orme di papà?

Non sarà una scelta mia: i bambini argentini crescono dentro la pancia della mamma assieme a un pallone. Tutto torna lì: la famiglia, un bambino e un pallone. La felicità.

 

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