sgarbi

GLI ANNI FORMIDABILI DELLA SCUOLA ROMANA – UN ESTRATTO DEL LIBRO DI VITTORIO SGARBI DEDICATO ALL’ARTE DEL NOVECENTO. I SUOI ESORDI COINCISERO CON IL RINNOVATO INTERESSE PER PITTORI COME MARIO MAFAI, FAUSTO PIRANDELLO, ANTONIETTA RAPHAEL: “UN GENERE CHE SEMBRA FONDARE LE SUE RADICI IN QUELL' INTRICO DI UMANITÀ E PASSIONI, DI SENSIBILITÀ E SENSUALITÀ, DI FEBBRE DELLA CARNE E DI FERVORE DELL'ANIMA CHE CI TRASMETTONO I SOPRAVVISSUTI VOLTI DEL FAYYUM”

Estratto del libro di Vittorio Sgarbi “Il Novecento. Vol.1 Dal futurismo al neorealismo”, edito da “la Nave di Teseo”, pubblicato da “il Messaggero”

 

il novecento

Nella rappresentazione dei volti possiamo riconoscere alcuni dei più autentici e profondi motivi della Scuola romana, allo stesso modo in cui, per la natura morta e il paesaggio, la nostra mente individua testimoni di altre scuole o personalità, come Giorgio Morandi in primis, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, che hanno maturato la loro ricerca in aree come quella lombarda, veneta e toscana.

 

È quindi pienamente pertinente alla Scuola romana un genere che sembra fondare le sue radici in quell' intrico di umanità e passioni, di sensibilità e sensualità, di febbre della carne e di fervore dell' anima che ci trasmettono i sopravvissuti volti del Fayyum.(...)

 

GLI ALBORI

Tutto ebbe inizio in quella casa di via Cavour dove Mafai e Raphaël vivevano, proponendo una pittura che col suo espressionismo tonale si poneva in alternativa rispetto sia al classicismo di Valori plastici sia alla propaganda più forte del regime fascista. Dietro il loro esempio, cresce il talento visionario e originalissimo di Scipione, convivendo con le inclinazioni più realistiche di Mazzacurati, Capogrossi, Pirandello, Emanuele Cavalli, Guglielmo Janni, Roberto Melli, Alberto Viveri, Leoncillo.

 

vittorio sgarbi e la sua assistente paola camargo intervistati (1)

Gli espressionisti di via Cavour favoriscono anche la parallela presenza di una nuova pittura romana che, pur rimanendo vicina a un' idea più tradizionale e nazionale dell' arte, rinnova i propri caratteri secondo linee simili a quelle proposte da Bontempelli in letteratura: il Realismo magico con Antonio Donghi, il più dotato di tutti, Ferruccio Ferrazzi, Francesco Trombadori, Riccardo Francalancia.

 

L' ESORDIO

Le vicende della Scuola romana intrecciano gli inizi della mia attività di critico. Nel 1978 iniziando a scrivere per L' Europeo la rubrica d' arte Il bello e il brutto, mi trovai nella stessa pagina con Federico Zeri e Antonello Trombadori. Del primo condividevo tutto. Del secondo non capivo l' inclinazione e la predilezione per artisti sconosciuti (e viventi), al di fuori di ogni categoria e gruppo(...) Mi sembravano così fuori tempo e luogo che chiamavo il caporedattore della sezione cultura, Pasquale Chessa, per chiedere ragione di tali scelte (...)

ballo sul fiume capogrossi

 

Avevo torto io , e Chessa aveva avuto l' intuizione di lasciare al vecchio la massima libertà di raccontare la sua storia. Era la sua storia.

 

All' epoca si era immersi nel dogma dell' être absolument moderne dell' Avanguardia, che aveva consentito l' accesso soltanto ad alcuni selezionatissimi eccentrici, per ragioni diverse: Scipione perché era morto giovanissimo, nel 1931; Guttuso, tra i pochi figurativi autorizzati e tollerati, anche per ragioni politiche, l' unico realista contro le avanguardie; Antonio Donghi, per una qualche misteriosa attrazione per il Realismo magico che aveva sedotto alcuni collezionisti.

 

Ma dietro a questi artisti romani c' era una storia sommersa che Trombadori ostinatamente faceva riaffiorare con il suo ricordo di altri non meno notevoli e totalmente dimenticati.

 

vittorio sgarbi e flaminia gennari santori (2)

Agli inizi degli anni ottanta si affiancarono a lui, con convinzione e determinazione, Maurizio Fagiolo dell' Arco, grande studioso di pittura barocca romana e, come abbiamo già avuto modo di indicare, di de Chirico, e due donne straordinarie, rivali e agguerritissime: Lucia Stefanelli Torossi e Netta Vespignani.

 

La seconda era anche parte di quella storia, essendo stata moglie di uno dei grandi pittori, di seconda generazione, della Scuola romana: Renzo Vespignani.

 

Cominciò così una stagione di mostre, in due gallerie: l' Arco Farnese e l' Archivio della Scuola romana. Alla prima soccorse un giovanissimo studioso, ironico ed efebico, che accompagnava Lucia Stefanelli Torossi e le sue curiose ricerche: Fabio Benzi. Probabilmente la gara fu salutare alla rinascita della Scuola romana, affinché collezionisti, amatori e giovani studiosi si incuriosissero di un fenomeno che era stato radicalmente rimosso.

 

giuseppe capogrossi

Riapparvero così Guglielmo Janni, Riccardo Francalancia, Emanuele Cavalli, Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Mario ed Edita Broglio; e anche il primo Afro, e il primo Capogrossi, divenuti poi astrattisti. E, naturalmente, il grande Fausto Pirandello.

 

IL FERVORE

Ci fu un gran fervore, in quei primi anni ottanta, e si estese fino a Torino, dove un collezionista appassionato e innamorato, Giovanni Audoli, aprì una succursale della Scuola romana, a far intendere la dimensione nazionale del fenomeno. Collezionisti come Iacorossi, Cerasi, Fendi, Iannaccone, Etro, Bellini, si aprirono alla Scuola romana e finalmente si risarcì una storia, la storia oltre Scipione, Donghi, Guttuso. Io cominciai a capire il gusto, la fedeltà e le scelte del profeta Trombadori.

vittorio sgarbi autografa il libro a paolo giorgi

 

In questo clima riemerge, forse come la personalità più completa, Alberto Ziveri (1908-1990).

Intanto la sua impresa pittorica, iniziata alla fine degli anni venti a fianco di Guglielmo Janni, è coronata nel 1960 dal riconoscimento, che è anche un epitaffio, di Roberto Longhi.

 

Questa scelta gli inimicò il più lirico Antonio Donghi, che si sentì trascurato dal grande critico. Da allora il silenzio, fino al 1983, quando Maurizio Fagiolo dell' Arco rivela l' esistenza obliata di Ziveri.

mario mafai

 

La situazione fu fotografata in tempo reale da Renato Guttuso, forse miglior critico che pittore: «Così è più facile, tra i frequentatori di gallerie d' arte, trovare gente che non si rifiuta di prendere seriamente in esame un qualunque polimaterico, e che riesce a cogliere imponderabili motivi e necessità di grido in un dipinto di Mathieu o di Tobey, ma rimane inerte, è fisicamente incapace di cogliere la qualità poetica della luce in un interno di Hopper o di Vuillard, o in un mazzetto di fiori di Ziveri.

 

vittorio sgarbi intervistato (1)

Ecco un compito per i nostri critici modernisti! Non è forse sempre il vostro dovere quello di spiegare la pittura? Vi piaccia o non vi piaccia? Fate dunque il vostro mestiere. Illustrate, spiegate che ci può essere arte anche nella rappresentazione evidente delle cose naturali.

 

E che anche la luce di un quadruccio di fiori appartiene alla verità della pittura; illuminate le menti dei poveri profani ridotti a non intendere altro che il non evidente!» Nessuno ascoltò Guttuso; e da quel momento si aprì definitamente la strada all' Arte povera e alla Transavanguardia.

 

REALISTA

Ziveri era un grande realista i cui ascendenti erano Caravaggio, Rembrandt, Courbet, puntualmente riconosciuti da Trombadori. Ed era così lontano dal gusto contemporaneo, e da ogni ideologia, da apparire inattuale. Eppure, dopo Hopper, nessuno era stato più legato di lui alla vita contemporanea e alla quotidianità.

il postribolo alberto ziveri

 

Alla vita vera, intendo; non alla cronaca civile e politica, come il più fortunato Guttuso. Partito con Janni e Capogrossi da un tonalismo pierfranceschiano (1931-1936), Ziveri era arrivato parallelamente a Sciltian a un realismo (1945-1946) di realtà fisica e carnale così intensa e diretta da rispecchiare come nessun altro, senza teorie e programmi, il proprio tempo.

 

Penso a Lettura, a Donna con scimmia, a Donna che si trucca, a La donna e il bersagliere, a La rissa, tutti del 1937- 1938, fino a Faustina (1939), nella sua fisica sensualità, e al Ritratto di Adriana Pincherle, la sorella di Moravia, di goyesca potenza.

 

I capolavori successivi, la Danae del 1943 e il meraviglioso Postribolo del 1945, sono tra le opere somme della narrativa pittorica del secolo, in un' ideale corrispondenza proprio con l' opera di Moravia.

 

vittorio sgarbi presenta il suo libro (1)

Nel dopoguerra, dal 1948 alla morte nel 1990, nel suo remoto studio in via dell' Anima, Ziveri dipingerà segreti capolavori come Ritratto con pappagallo, Gli amanti, I pugili, alcune meravigliose teste di maiale, il cinematografico Interno, Piazza Vittorio di notte, tra cronaca vera e Neorealismo, anticipando o fiancheggiando il Realismo esistenziale di Alberto Sughi, fino a isolate invenzioni come Visita al museo, Interno di autobus, Il pollo sgozzato, e alcune purissime vedute e nature morte, da cui muoveranno i primi passi Bulzatti e Frongia. Ecco: in assoluta e spontanea fedeltà al vero, Ziveri è stato, pur tanto meno fortunato, l' Hopper italiano.

vittorio sgarbi con elisabetta sgarbiflaminia gennari santori presenta vittorio sgarbisgarbi racconta il dipinto leda col cigno

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