M-OGGI È PEGGIO DI IERI - DA “TANO CARIDDI” DEL CALCIO A FUFFOLOGO CHE DISCETTA DI TEVEZ, EBOLA E ISIS: LUCIANONE È DIVENTATO DI UNA NOIA ASSOLUTA - QUELLO CHE CONDIZIONAVA I CAMPIONATI E FACEVA IL MERCATO PER MEZZA SERIE A, ALMENO, NON FACEVA SBADIGLIARE MAI

Malcom Pagani per il “Fatto quotidiano

 

Andrea Agnelli MoggiAndrea Agnelli Moggi

Il nobile rivoluzionario che si ribellava alla composizione dei calendari: “Eravamo teste di serie, siamo stati trattati come teste di cazzo”. Il faro di una società che costringeva il suo contabile a imitare De Sade sui libri mastri: “Ieri si è presentata una certa Riva, faccia, fisico e abbigliamento da puttana di alta classe, voleva 6 milioni e 300 mila lire per le prestazioni sue e di colleghe per gli arbitri Aek Atene”.

 

Il dirigente che spingeva Jesus Gil, padre-padrone dell’Atletico Madrid e massima autorità in bancarotte e schiavettoni, a delicati ritratti d’occasione: “Moggi è un despota con gli atteggiamenti di Humprey Bogart nei panni di un gangster, è venuto qui con l’idea che fossimo tutti coglioni”. Il maestro del sottinteso dipinto da Aldo Grasso: “Moggi è inquietante: per questo tutti lo temono, per questo gode di grande rispetto. Lui non parla, allude. Non discute, attacca. Non interviene, intimorisce. Sembra il fratello di Tano Cariddi, il faccendiere mafioso della Piovra”.

 

Andrea Agnelli MoggiAndrea Agnelli Moggi

E ANCORA, l’entità dall’influenza sovrumana che molti anni prima di Totti, un altro dieci di talento, Pietruzzo Maiellaro, aveva descritto con parole semplici: “Qui le gare si perdono prima di entrare in campo” o il cantore di uno stile che non lasciava nulla al caso e dettava legge persino sulle scarpe della divisa sociale: “Perché so’ democratico, ma me piace che se fa come dico io”.

 

Se solo fosse ancora vivo, dell’usurpatore che con sandali e saio parla a nome suo, il vero Moggi saprebbe come liberarsi. Lo schiaccerebbe come i “bacherozzi” di qualche indimenticabile telefonata del tempo che fu, lo esorterebbe a una sincerità terrigna: “Facciamo a pigliarci per il culo?”, ristabilirebbe l’antico ordine del focolare toscano di Monticiano : “Lo sculaccio” intimando al suo gemello, al ladro di identità, di “non rompere i coglioni”.

 

Speranza vana. Nella parodia dello statista di oggi, del Moggi di ieri non c’è più traccia. E i suoi discepoli, proprio come i tre galeotti disegnati dai fratelli Coen, gridano la loro solitudine: “O fratello, dove sei?”. Luciano non veste più divise a strisce. Nell’ora d’aria, moltiplicata come gli incassi di certe trattative d’annata, Moggi ara più campi. Si applica. Studia. Motteggia. Parla, scrive, discetta dell’universo mondo.

TevezTevez

 

Passa da Ebola all’Is, dal reale valore di Tevez all’accento livornese di Mazzarri. Costeggia i sentimenti, arringa la platea flautando di giustizia e ingiustizia, filosofia e arte varia. Perso per un deprecabile malinteso l’ultimo treno per Montecitorio (Stefania Craxi, con intenzioni alate: “È il simbolo di una persecuzione”, nel 2013 l’aveva anche candidato: “È stato il più grande manager sportivo italiano e la sua vita è stata distrutta da un’operazione giustizialista”) per recitare da vergine laica, Moggi ha trovato comunque altri scranni.

 

Lo chiamano a votare da radio, tv e quotidiani su qualsiasi argomento a giorni alterni e il senatore Luciano Moggi, 77 anni, non si tira indietro. Da ex caudillo, è diventato gregario di un’altra parata. Un po’di oblio, un po’ di abiura mascherata, ed ecco pronto il Luciano opinionista. A orchestrare, come all’epoca bella, non è più lui e si vede. Noia generalizzata, richiami a un’indefinita età dell’oro, buon senso alternato al consiglio su come cucinare a dovere lo spaghetto.

 

totti vintagetotti vintage

Luciano preme il bottone. Innesta la marcia. Urla indignato “Sciacquatevi la bocca” come già Renzi con Grillo a proposito di Berlinguer, ma gli scenari sono mutati e il nostro sembra farlo a comando. Gli hanno trovato un ruolo. Gli hanno disegnato uno spazio. E lui ha patteggiato.

 

In cantina tutte le brutte storie che ne hanno lordato la fedina e in cambio dell’assoluzione, Don Luciano Moggi, parroco della anime prave a sua volta redento, ha rinnegato il suo passato western e si è calato sul volto la ripugnante maschera del buono a tutti i costi. Anche se i muri sono caduti e i miti imbiancano, il profilo senile di Paletta, vicecapostazione alla stazione di Civitavecchia nei Sessanta, avrebbe meritato più di questa pantomima al sapor di caminetto.

Marco Travaglio Marco Travaglio

 

Moggi i treni li prendeva e li faceva prendere. Comprava. Vendeva. Teneva inganno e mezze verità in equa considerazione e non faceva sbadigliare mai. Conosceva il ritmo dello show e ci sguazzava felice. Truccava il mazzo delle carte e minacciava alla bisogna, Lucky Luciano, certo. Almeno quanto oggi strania l’uditorio. Perché al giocatore d’azzardo che ammonisce le generazioni future sul demone del vizio, si fatica a dare retta. Moggi è diventato prevedibile.

ALDO GRASSO CRITICO TV ALDO GRASSO CRITICO TV

 

Scontato. Il disco della vergogna di Calciopoli, la dietrologia del complotto per “il processo farsa”, la negazione di un quarantennio di potere che nel ricordo stinge a bagattella. All’epoca d’oro, quando saltava da un club all’altro scendendo sempre dal taxi a tempo debito, nessuno sapeva davvero cosa facesse il Moggi originale.

 

Non i calciatori, non Agnelli (che della cessione di Vieri fu ad esempio l’ultimo a sapere) e nemmeno gli allenatori, perché Moggi era uno e trino e qualche volta, faceva la formazione della Juventus e dei suoi mille satelliti in assoluta libertà. Aveva indirizzato i destini di Paolo Rossi, Gentile, Scirea e Roberto Pruzzo.

 

Era il più bravo, il più spregiudicato e se gli dicevi mascalzone ti pagava anche da bere. Adesso legge i Vangeli, ma non agita il randello e non li interpreta più a modo suo: “Chi fa del male si ritroverà in mezzo al male”. Sbadigli. Lacrime. Amen.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…