50 SFUMATURE DI ROSSONERO - IL MILAN BALLA TRA MR BEE E MR LEE MA LA CIFRA RICHIESTA DA BERLUSCONI E’ FUORI MERCATO - L'ESPRESSO INSINUA CHE SIA TUTTA UNA MANOVRA DI SILVIO PER FAR RIENTARE I CAPITALI DALL’ESTERO

1. L’ALTRA CORDATA E IL MISTERO DELL’EMISSARIA IN ROSSO

BERLUSCONI MR BEEBERLUSCONI MR BEE

Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”

 

Il giorno dopo, depositata la polvere che dichiarazioni e comunicati hanno contribuito ad alzare, la realtà appare un po’ più nitida. Silvio Berlusconi non ha siglato nessun accordo con Bee Taechaubol. 
 

Naturalmente potrebbe sempre succedere a breve: il thailandese fa sapere alla Reuters che si aspetta «di acquisire una quota del Milan in 3-4 settimane, siamo in negoziazione, ora dobbiamo preparare alcuni documenti; una volta concluso il trasferimento, lavoreremo alla ristrutturazione del club».

 

Il patron rossonero, però, infastidito dal comportamento del magnate che ha dichiarato nel comunicato di avere il diritto di trattare in esclusiva — quando non è vero —, si sente assolutamente libero da ogni vincolo. In realtà si è sempre saputo che Berlusconi, prima di prendere qualsiasi decisione, desiderava ascoltare anche la controproposta di una seconda cordata.

MR BEEMR BEE

 

Quello che è apparso chiaro solo negli ultimi giorni è che non è più rappresentata dall’uomo d’affari di Hong Kong Richard Lee (che è definitivamente uscito di scena): si tratta però sempre di un gruppo cinese, la cui emissaria è una misteriosa signora in rosso, che ieri ha visitato Casa Milan (negozio, museo e ristorante), poi San Siro, è stata portata a Milanello e infine accolta ad Arcore. Il suo gruppo sarebbe interessato a partecipare anche al progetto dello stadio. Cherchez la femme, dunque. 
 

BERLUSCONI LEE 1BERLUSCONI LEE 1

«Non c’è nessuna trattativa in corso con cordate cinesi», ha dettato ieri all’Ansa Berlusconi dopo che da Bangkok è filtrata irritazione. E in effetti le trattative entrano solo ora nel vivo. I tempi sono necessariamente più lunghi: non è chiaro se questo secondo gruppo ha già completato la due diligence.

 

Ma anche la strada davanti a Mr Bee non è brevissima: il magnate deve infatti riparlare con gli investitori e sottoporre loro il nuovo scenario, che prevede il suo ingresso con una quota di minoranza. 
 

MR BEEMR BEE

Come dichiarato dallo stesso Berlusconi, il Milan è alla ricerca di soci e non di acquirenti. In ogni caso, queste trattative, assieme alla valutazione monstre di un miliardo del Milan (basti pensare che uno studio di Brand Finance valuta il marchio rossonero 236 milioni di dollari), ha contribuito a restituire entusiasmo al presidente, sempre più intenzionato a far tornare grande la sua squadra. 
 

2. IL MILAN? UN PALLONE GONFIATO

Gianfranco Turano per “www.espresso.repubblica.it”
 

Silvio Berlusconi vende il Milan. Vende la maggioranza. O la minoranza. Vende a un thailandese, a un cinese o magari a se stesso. Ci sono almeno cinquecento sfumature di grigio, e qualcuna di rossonero, nella rappresentazione mediatica che il signore di Arcore sta offrendo intorno al declino della sua macchina da consenso preferita.

La cessione del club, con annesso progetto dello stadio nuovo sui terreni del Portello, è ormai uno dei rari show dell’ex Cavaliere che possa trovare ampi spazi sulla stampa. E il fondatore di Forza Italia, unico premier della storia europea a vincere una competizione Uefa, sta sfruttando la sua prima fonte di fama pubblica come un canto del cigno.

Lo spettacolo è così avvincente che a nessuno passa per la testa di chiedersi come mai il marchio Milan dovrebbe valere un po’ più del brand Bayern Monaco, una squadra che ha un fatturato doppio e uno stadio nuovo sempre pieno, chiude il bilancio in attivo da 22 anni in fila, ha un azionariato composto da 224 mila piccoli soci e da un paio molto grossi (Adidas e Allianz), ha già vinto lo scudetto tedesco, può conquistare coppa di Germania e Champions league e sarà competitivo per anni, al contrario dell’armata Brancaleone chiusa in ritiro punitivo a Milanello.

WANG JAINLIN WANG JAINLIN

 

Per restare in Italia, nessuno si chiede come mai il Milan dovrebbe valere 1,2 miliardi di euro, incluso un debito netto di circa 250 milioni, quando l’Inter è stata ceduta per zero euro, debiti esclusi, all’indonesiano Eric Thohir.

Wang Jianlin, il miliardario cinese fondatore del Dahlian Wanda group e neoproprietario di Infront (diritti sportivi), ha irriso la valutazione del club controllato da Fininvest domandando se il prezzo richiesto per la squadra rossonera dall’ad del Biscione, Pasquale Cannatelli, si riferisse all’intera serie A. E Wang era fra i possibili interessati, quanto meno, a una partecipazione di minoranza.
 

berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventusberlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventusBERLUSCONI LEE 1BERLUSCONI LEE 1

Wang Jianlin
Fatto sta che in Italia, dove gli obblighi antiriciclaggio sono stringenti, centinaia di milioni di euro senza nome e senza controllo potrebbero entrare nell’azionariato del club italiano con più vittorie internazionali. Una fonte ben informata sull’epopea berlusconiana esprime il suo scetticismo con una battuta: «I nuovi proprietari del Milan? Sono la voluntary disclosure di Silvio».

Con altrettanto scetticismo, all’interno del club milanese, l’ala che fa capo ad Adriano Galliani sottolinea che i due concorrenti, il thailandese Bee Taechaubol e il cinese Richard Lee, per adesso non hanno dato prova di avere i fondi necessari all’acquisto. Altro che penali incombenti su Berlusconi se cambierà idea all’ultimo e deciderà di non vendere.

È vero che nei ranghi gallianisti si respira aria di addio. Il nuovo Milan made in Asia prevede la sopravvivenza nel management di Barbara Berlusconi e forse dello stesso Silvio come presidente onorario ma non certo di Galliani, che manterrà l’impegno di farsi da parte senza polemiche quando ci sarà la cessione.

Il punto è chi può comprare al prezzo chiesto dal padrone. Il borsino dei candidati è volatile e, di ora in ora, Bee e Lee sono dati in ribasso o in rialzo più che altro in base ai selfie e ai servizi fotografici che li immortalano a spasso in zona Duomo o in tribuna autorità a San Siro.

Lee ha promesso di organizzare i capitali necessari intorno al suo fondo di private equity Thai Prime. Tecnicamente, sembrerebbe l’unica possibilità. Nessuna banca che agisca secondo normali criteri manageriali può garantire con le sue linee di credito un’operazione totalmente fuori dagli schemi di valutazione sull’avviamento di un’impresa. In altre parole, chiedere un finanziamento da 1,2 miliardi di euro a una banca per il Milan è come chiedere 1 milione di euro di mutuo per una cantina di 50 metri quadri. Infatti, nessun istituto primario finora ha garantito.

Il Thai Prime è un fondo alimentato da sottoscrittori anonimi e può comprare direttamente. Ma nessun fondo di private equity gestito con un minimo di senno investirebbe in un’impresa che resterà in perdita a lungo e necessita di investimenti pesanti. L’idea del private equity è guadagnare, possibilmente in fretta e battendo i rendimenti del mercato. Altrimenti, i sottoscrittori si ritirano e il fondo chiude.

Circa dieci anni fa alcuni hedge fund avevano investito nelle azioni privilegiate del Manchester United sotto la gestione della famiglia Glazer e anche in seguito i fondi hanno comprato o venduto quote dei Red Devils. Ma lo United non solo è in testa alla classifica dei club di Premiership con i profitti più alti (39 milioni di dollari nel 2014) ma è quotato a Wall Street, dopo essere stato trasferito dal listino londinese. Quindi, a differenza del Milan, è soggetto ai controlli delle autorità di vigilanza e può essere comprato o venduto tutti i giorni sul mercato, come ha fatto nel 2014 Baron capital management.

Sul fronte di Bee, il ruolo fondamentale rimasto in secondo piano spetta a Pablo Victor Dana. Ferrarese di 48 anni, figlio di Carlo Vittorio, consulente d’azienda arrivato dal Piemonte sul delta del Po negli anni del boom, Dana risiede a Dubai dove vive in una villa sulla Palma di Jumeirah e lavora come vicepresidente con delega al wealth management di Emirates Nbd, colosso del credito nato dalla fusione fra National Bank of Dubai ed Emirates Bank.

Nei suoi incarichi precedenti figurano la Banque Fti di Ginevra (gruppo Rockefeller) e un’esperienza di amministrazioni patrimoniali in Profile finance, boutique finanziaria svizzera liquidata nel 2011. Laureato a Losanna e con un master alla Webster University di Saint-Louis negli Stati Uniti, nel 1991 Dana ha incominciato a lavorare come country manager di Publitalia 80 nella sede di Losanna. In seguito è passato a Londra con Publieurope, fondata dal gruppo Fininvest nel 1996, e poi è tornato in Svizzera a lavorare agli uffici Publitalia-Mediaset locali.

Milanista appassionato, Dana è anche il fondatore insieme all’amico Fabio Cannavaro delle Global legend series (Gls), una sorta di campionato di glorie neanche troppo vecchie (Patrick Kluivert, Clarence Seedorf, Luis Figo, Cafu, Andrij Shevchenko, Hidetoshi Nakata). L’accademia di calcio di Gls può vantare accordi di collaborazione sia con il governo di Dubai sia con il ministero dell’educazione della Repubblica popolare cinese.

Questo non significa che i Maktum di Dubai o i Nahyan di Abu Dhabi vogliano seguire Bee nella sua avventura milanista. I candidati cinesi non possono ignorare i diktat del Partito che punta molto sul calcio come strumento di propaganda ma non vede affatto di buon occhio gli investimenti a fondo perduto.
 

Galliani e Barbara Berlusconi allo stadio durante Barcellona Milan Galliani e Barbara Berlusconi allo stadio durante Barcellona Milan BERLUSCONI LEEBERLUSCONI LEEbarbara berlusconi e gallianibarbara berlusconi e gallianiBARBARA BERLUSCONI E GALLIANI E IN MEZZO IL VUOTO IL VUOTO IL VUOTOBARBARA BERLUSCONI E GALLIANI E IN MEZZO IL VUOTO IL VUOTO IL VUOTOberlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus  berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus berlusconi con la figlia barbara e galliani allo stadio per milan juventus

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")