mazzoleni

PANICO ALLA JUVE: L’ARBITRO MAZZOLENI CHIUDE LA CARRIERA - IL FISCHIETTO DI BERGAMO VUOTA IL SACCO: “CRISTIANO RONALDO E’ UNA MACCHINA PERFETTA. I RAPPORTI MIGLIORI LI HO AVUTI CON BONUCCI, ZANETTI, GATTUSO E DE ROSSI” - L’ANTIPATIA PER HAMSIK E GLI ERRORI CONTRO IL NAPOLI - SOLO ORA AMMETTE DI AVER REGALATO UN RIGORE ALLA JUVENTUS NELLA PARTITA CONTRO IL GENOA: “DEL PIERO GIURO' CHE ERA IN AREA...” - E ORA? POTREBBE PASSARE AL GRUPPO VAR…

Pietro Serina per “l’Eco di Bergamo”

 

furia tifosi napoli contro mazzoleni 8

«Ibrahimovic il più forte che ho visto, l'unico che sul campo ti dava la sensazione di poter vincere le partite da solo. Messi il simbolo del talento, Cristiano Ronaldo la macchina perfetta. Zanetti e De Rossi i più carismatici, Hamsik quello meno sopportabile». Dopo 28 anni di calcio Paolo Silvio Mazzoleni, classe 1974, ha chiuso la carriera arbitrale per limite d'età. Da inizio stagione è l' arbitro lombardo con più presenze in A nella storia del calcio italiano, l'unico sopra le 200 partite. «Mi chiama Casarin: "Bravo, bel traguardo. E mi hai tolto l'impiccio di 'sto record..."».

 

Lei esce dai quadri, si ipotizza che andrà nel gruppo unico dei Var.

«Mi hanno chiesto di dare una mano, so che quella è una via preziosa per aiutare i giovani sul campo. Dato che mi vedo ancora in questo ambiente, perché no».

MAZZOLENI

 

Anche perché ormai l'arbitro al Var conta più dell' arbitro di campo.

«No, l'arbitro di campo dirige la partita, quello al Var lo aiuta a sbagliare il meno possibile».

 

Quando non sbaglia pure lui come nella finale di Coppa Italia

«Non parlo di casi specifici. Ma il Var è un vantaggio per tutti, a qualsiasi arbitro lei lo chieda si sentirà rispondere: adesso farne a meno sarebbe un gran problema. Però si tende a pensare al Var come a un meccanismo infallibile, ma la realtà è un' altra: la tecnologia è uno strumento, l'arbitro che la utilizza è un uomo, quindi capita che sbagli».

 

Insomma, non si torna indietro.

«Impossibile, e per fortuna. E dove il Var non c'è, tutti ne sollecitano l'introduzione. Il nostro futuro sarà anche questo: aiutare gli arbitri all'estero, formandoli all'utilizzo della tecnologia».

Paolo Silvio Mazzoleni

 

Ma lei l' avrebbe voluta prima?

«Guardi, uno degli errori che più mi tormentano è un rigore in Juventus-Genoa: lo fischio, chiedo aiuto ai leader in campo, Del Piero che ha subìto il fallo giura che era in area, i genoani sostengono il contrario. Io l'ho visto in area: rigore. La sera vedo le immagini: fuori area di un metro. Bene: oggi, con il Var, a quell' errore si rimedia in pochi secondi.

Perché gli arbitri ambiscono alla trasparenza, non esistono trame per far vincere questo o quello. L'arbitro è un uomo, in quanto tale capita che sbagli. Io prima di una gara non ero mai teso, dopo trovavo pace guardandomi allo specchio e guardando dentro me stesso, prima di coricarmi. Li ho sempre trovato la serenità».

 

Neppure dopo quella Juve-Napoli 4-2 in Supercoppa a Pechino? O dopo il rosso a Koulibaly in Inter-Napoli?

«Nessuna decisione sbagliata, quel rosso a Pandev è figlio della segnalazione di un assistente, Stefani, che poi ha fatto anche la finale dei Mondiali in Brasile con Rizzoli. Il rosso a Koulibaly è una decisione che nessuno può contestare: è il regolamento. I buu razzisti sono di competenza delle autorità, non dell'arbitro».

Paolo Silvio Mazzoleni

 

Ma perché oggi un ragazzo si dovrebbe mettere a fare l'arbitro?

«Ognuno ha le sue di motivazioni. Io venivo dal basket, due anni a Cantù prima di tornare a casa e a 17 anni mettermi a lavorare con mio padre. Mio fratello era arbitro, io mi volevo mettere alla prova sul piano individuale, ho trovato un ambiente serio e ho scoperto un' attività che poi mi ha aiutato nella crescita personale».

 

Basta questa motivazione?

«Poi arrivi ad alti livelli e ti senti parte di uno spettacolo da vivere con la massima professionalità. Infine, quando capisci che lo vivi meglio usando la spensieratezza del giovane e che dietro ogni arbitro ci sono uomini con altre priorità nella vita, allora ci sei».

 

Ci racconti la sua carriera.

Paolo Silvio Mazzoleni

«A 17 anni la prima partita, Mariano-Sabbio Giovanissimi, un derby a Dalmine. Due anni dopo Pontida-Barzana per l'esordio in Terza categoria, e in questo mondo di arrivismo - un ragazzo comincia ad arbitrare e dopo sei mesi dopo vorrebbe essere a San Siro - metterei l'obbligo di un anno intero in Terza categoria, per crescere. Tu sei un ragazzo e per la prima volta dirigi 20 persone su 22 più vecchie di te, arbitri nel profumo di salamelle e vin brulè, sei circondato da marpioni spesso scesi più in basso di dove potrebbero giocare, se capita per soldi. Niente ti forma di più».

 

Paolo Silvio Mazzoleni

Ma salendo cambiano le pressioni.

«Di sicuro. Una domenica Cortefranca-Romanese, e arbitri tra gli schiamazzi dei ragazzi nell'acquapark lì a fianco, la settimana dopo Pozzuoli-Turris davanti a cinquemila persone. Da paura, ma ne esci rafforzato. Nel '98 Perugia-Fiorentina primavera, ci vado in treno, mi fa sentire un arbitro vero. Nel 2000 arrivo in C, trovo come designatore Mattei che punta su di me, sono al terzo anno e mio fratello Mario sale in A e B, tutti mi suonano il de profundis. Hai già il fratello sopra, e Bergamo ha pure Messina e Nucini. Non salirai mai».

 

Lo pensavano proprio tutti.

«Invece faccio un quarto anno strepitoso, nel 2004 mi ritrovo promosso, quarto arbitro di Bergamo alla Can. Parto da un Verona-Empoli 0-1 in B, l'anno dopo esordio in A con Lazio-Treviso 3-1, mi inganna una simulazione di Rocchi a contatto con Handanovic, il rigore non è determinante per il risultato ma a fine partita c' è Mattei nello spogliatoio che mi abbraccia: "Hai diretto benissimo, ma Rocchi ti ha abbindolato. Benvenuto in A"».

 

hamsik

E lei?

«Ho cercato di imparare, ero felice per essere arrivato in quello stadio che costeggiavo quando a vent' anni, ero a Roma tra i corazzieri, andavo a prendere servizio prima di rientrare la domenica a Bergamo per quell'anno in Terza Categoria. E lì 15 anni dopo con Roma-Parma 2-1 ho chiuso la carriera, con l'onore di assistere al saluto a De Rossi, uno dei più carismatici. Mi ha colpito il suo abbraccio, sapeva che uscivo dai quadri, mi ha regalato una dimostrazione di stima che mi porterò per sempre nel cuore».

daniele de rossi foto mezzelani gmt 60

 

Ma lei si sta emozionando.

«Quello e i saluti dei miei colleghi a Coverciano, nell'ultimo raduno, non li scordo più. Sono la dimostrazione che dietro l'arbitro c'è un uomo e se l'uomo ha dei valori questi fanno la differenza. Quest' anno a fine gara sto lasciando S. Siro dopo aver diretto l'Inter, passo davanti al loro spogliatoio e sulla porta, era aperta, campeggia una mia foto con scritto "è tosto, è spigoloso"».

 

La foto dell' arbitro sulla porta dello spogliatoio? Questa è bella.

«Incrocio Pane, è nello staff di Spalletti, gli chiedo spiegazioni e lui mi dice: "Il mister lo fa sempre, per spiegare ai giocatori chi è l'arbitro. L' ho sentita una medaglia al merito: tosto e spigoloso. E per bene. Infatti i rapporti migliori li ho avuti con i carismatici: De Rossi, Bonucci, Zanetti, Diamanti, Gattuso, Stankovic».

 

Le sue esperienze internazionali?

del piero

«In tutto circa 90 partite. La più bella Chelsea-Bate Borisov 3-1 in Europa League, a ottobre. E la più emozionante Francia-Germania 0-1, amichevole nel 2014: c' erano 80 mila persone».

 

Diceva di aver fatto il corazziere. Ma quanto è servito il fisico, in carriera?

«Di sicuro è servito, ho sempre guardato i giocatori dall' alto verso il basso, giusto Ibra mi guardava dritto negli occhi. E prima che mi chieda della mia mania per la condizione fisica le aggiungo che correre lungo le mura di Città Alta è sempre stata una mia grande passione. Lo faccio guardando verso l' aeroporto È la libertà».

 

Le sue passioni: basket e antiquariato. I profumi e l'Atalanta

«Ho cominciato col basket, i profumi sono una passione, l' antiquariato il legame con mio padre Luigi, detto Lucio, restauratore del legno. Ha rimesso a nuovo tante chiese, a 17 anni ho lasciato il basket per tornare a Bergamo a fare la scuola d'arte, al Fantoni.

Ho sempre sognato di lavorare con mio padre, l' ho fatto per anni. Lui mi accompagnava ad arbitrare, non mi ha mai fatto un solo complimento ma è sempre stato con me. Un bergamasco vero».

spalletti

 

Altre persone da ricordare?

«Pierluigi Magni, l' arbitro che mi ha cresciuto con gli stessi metodi di mio padre e al quale ho portato i saluti da tutto il mondo. Un grand'uomo. Matte i di cui ho già detto, l' altro designatore Braschi, adesso Rizzoli. Mia moglie Daiana, ora ho la gioia di aiutare a crescere Riccardo, 4 anni. Sì, me lo lasci ripetere: dietro l' arbitro c' è sempre un uomo e se l' uomo ha dei valori, la vita ti ripaga».

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