arte africana pigozzi

LA MIA AFRICA (IMMAGINARIA) - IN MOSTRA ALLA “FONDAZIONE VUITTON” DI PARIGI LA PIU’ GRANDE COLLEZIONE AL MONDO D’ARTE DEL CONTINENTE NERO MESSA INSIEME DA JEAN PIGOZZI, IL "MILIARDARIO ROCK AND ROLL" CHE NON HA MAI VISTO L'AFRICA: “PREFERISCO IMMAGINARLA ATTRAVERSO GLI ARTISTI. I SAFARI O LE METROPOLI DOVE SI RESTA PER ORE IN MACCHINA, NON FANNO PER ME..."

Leonardo Martinelli per La Stampa

 

PIGOZZIPIGOZZI

Era il 14 agosto 1989. E la mostra «Magiciens de la terre» era al suo ultimo giorno, in una Parigi piena solo di turisti. «Mi presentai all' entrata una mezz' ora prima della chiusura», ricorda Jean Pigozzi, 65 anni, detto dai più il «miliardario rock and roll». Quell' esposizione era stata organizzata per dare spazio (finalmente) ad artisti non europei o dell' America del Nord. «Mi fermai dinanzi agli africani. E rimasi sconvolto.

 

Per me l' arte di quel continente era composta solo da sculture di legno o piccole statuette d' oro. E, invece, mi ritrovai di fronte a opere creative e contemporanee». È cominciato tutto quel giorno. Si deve a una mezz' ora trascorsa in una mostra, svogliatamente all' inizio, se poi Pigozzi ha messo insieme la più grande collezione al mondo d' arte africana contemporanea (più di 10 mila pezzi stipati nel porto franco di Ginevra).

PIGOZZI COLLEZIONE ARTE AFRICANAPIGOZZI COLLEZIONE ARTE AFRICANA

 

Solo una piccola parte è esposta fino al 4 settembre alla Fondazione Louis Vuitton a Parigi, nell' ambito della mostra «Art/Afrique, le nouvel atelier», evento di un successo inaspettato. Si possono ammirare, con una scenografia dell' architetto italiano Marco Palmieri, le opere di 15 artisti, diventati famosissimi grazie a Pigozzi, vedi le maschere dal sapore tribale ideate da Romuald Hazoumé (del Benin) con bidoni usati in precedenza per la benzina, e i dipinti colorati, ironici e surreali del congolese Chéri Samba.

 

Oppure le istantanee in bianco e nero che Seydou Keita scattava perlopiù per strada, davanti al suo studio, mettendo in posa la popolazione di Bamako. Per non dimenticare le città oniriche e immaginarie, i plastici che per anni a Kinshasa ha minuziosamente costruito Bodys Isek Kingelez.

 

PIGOZZI COLLEZIONE ARTE AFRICANAPIGOZZI COLLEZIONE ARTE AFRICANA

Questi artisti, fino ad allora sconosciuti, sono diventati star dell' arte a livello internazionale grazie a Pigozzi, che lo racconta adesso in un italiano perfetto, con forte accento piemontese (e qualche inflessione americana).

 

Nato a Parigi, è figlio di Enrico Teodoro Pigozzi, torinese che nel 1934 creò la Simca a Parigi per conto della Fiat. Che poi nel 1962 la venderà alla Chrysler. Gli americani, pochi mesi dopo, faranno fuori in malo modo Pigozzi padre, che pure era un mito dell' industria automobilistica. Un infarto lo stroncherà nel 1964. «Papà era una specie di gigante: molto alto, faceva un po' paura», ricorda Jean. «Avevo appena 12 anni, quando morì.

 

Era un vero self-made man, con molto fascino». Piemontese anche la madre «che mi diceva sempre «na cativa lavandera a treuva mai na bona pera»: ci penso spesso. È così vero: la cattiva lavandaia, che lava i vestiti nel fiume, non trova mai la buona pietra per lavorare. Come dire, c' è sempre una scusa».

 

SEIDOU KEITASEIDOU KEITA

Jean, che si ritrovò giovanissimo con una fortuna abissale, ereditata dal padre, l' ha fatta fruttare, grazie alla sua attività nel capital risk (investì agli inizi anche in Facebook). Vive tra Ginevra, Parigi, gli States, Panama, Londra e Antibes. Dagli anni Settanta iniziò a scattare foto con i suoi amici, star come Jack Nicholson o John Belushi, pubblicate in diversi libri: è considerato l' inventore dei selfies. Ma ritorniamo al 14 agosto 1989. «Il giorno dopo», racconta Pigozzi, «chiamai l' organizzazione della mostra "Magiciens de la terre": volevo comprare tutte le opere africane. Ma non era possibile, erano già state prenotate. Mi consigliarono di contattare uno dei curatori, André Magnin».

 

Si videro in un bar alle Halles. E da allora Magnin, un' infanzia trascorsa in Africa e un' insana passione per l' arte di quelle terre, ha lavorato una ventina d' anni per il miliardario, andando a caccia di talenti.

 

«Magnin mi presentava foto di opere di artisti scovati chissà dove. E insieme decidevamo se comprarli e valorizzarli. In molti casi lui, al viaggio successivo, portava anche tele e colori a chi aveva difficoltà a procurarseli».

 

LITTLE KADOGOLITTLE KADOGO

Pigozzi poneva alcune condizioni: «Volevo solo artisti viventi e che vivessero lì in Africa, non contaminati dall' aver frequentato le Belle arti o aver visto troppi Klimt o Picasso». Pigozzi prende l' esempio di Chéri Samba, «che ha un' immaginazione debordante. Mi piace tutto quello che fa, tutti i temi che tratta: le donne, la politica, l' ecologia».

 

Da alcuni anni Magnin non viaggia più per Pigozzi, perché lui, smanioso di novità, si è ora fissato sui giovani artisti giapponesi. Incredibile, Pigozzi in Africa non ci ha mai messo piede: «Preferisco immaginarla attraverso di loro, gli artisti. L' Africa dei safari o quella di metropoli come Kinshasa, dove si resta per ore in macchina, bloccati negli ingorghi, non fanno per me».

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