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UN DIAVOLO PER CAPELLO: "PAPA FRANCESCO? A VOLTE PARLA UN PO’ TROPPO" - “IN ITALIA ABBIAMO UNA VISIONE SBAGLIATA DI PUTIN, LA DEMOCRAZIA IN RUSSIA NON SI PUO’ MISURARE CON I NOSTRI STANDARD. TIFAVO TRUMP, HO MOLTA SPERANZA NEL FEELING TRA LUI E PUTIN - LA MIA SERIE A ERA QUELLA DEI FONTANA E DEI BURRI, ORA MANCANO I MAESTRI

CAPELLOCAPELLO

Massimo Cecchini per la Gazzetta dello Sport

 

«Le va bene se ci vediamo al Mudec?», aveva detto la voce all' altro capo del telefono. Scegliere il Museo delle Culture, a Milano, per un appuntamento «sportivo» è senz' altro singolare, ma Fabio Capello, a 70 anni, è uomo fuori dagli schemi spesso banali che il calcio ama raccontare, e d' altronde anche il programma tv che lo vede protagonista su Sky lo sta dimostrando.

 

Tra l' altro, proprio il libro che ha scelto - «Putin: vita di uno zar» di Gennaro di Sangiuliano - ha molto a che fare con le diversità culturali, ma Capello - come vedremo - ama poco gli intellettualismi e molto l' azione. La sua storia, d' altronde, in questo senso è eloquente.

 

HILLARY TRUMP PUTINHILLARY TRUMP PUTIN

Perché ha scelto questo libro? «Mi piace la politica e ho vissuto in Russia per tre anni e mezzo senza poter mai conoscere Putin. Volevo capire un po' di più quello che sta facendo e qual era la sua storia. Credo che in Italia abbiamo una visione sbagliata di lui. Pur essendo un uomo non di sinistra, volevo comprendere la sua gestione in una versione diversa da quella dei giornali. Nel libro c' è il suo modo di pensare e di vivere ascoltando la voce di tutti».

Secondo «Forbes», ora Putin è l' uomo più potente del mondo.

«Non è questione di potere, ma di politica. Di sicuro Putin è un grande politico, che si avvale di un ottimo ministro degli Esteri (Lavrov, ndr). Mi auguro quindi che resti per molto tempo alla guida del Paese».

 

FABIO CAPELLOFABIO CAPELLO

Nel saggio si legge: «La Russia è un impero multietnico così vasto, così ricco di popolazioni, culture e religioni diverse che può esistere solo se retto dal centro con mano di ferro. Applicare un sistema liberaldemocratico di matrice occidentale scatenerebbe secessioni armate a catena, all' ombra di diecimila bombe atomiche». Per questo si parla di democrazia controllata, che per gli occidentali risulta una bestemmia: è d' accordo?

putin e il gattinoputin e il gattino

«Sicuro. Essendo così complessa da gestire, occorre un uomo del suo carisma e della sua decisione. Certi sistemi di gestione del potere sono necessari, anzi indispensabili. Viaggiando per la Russia mi sono fatto l' idea della necessità che esista questo uomo. Putin, d' altronde, è figlio della Seconda Guerra Mondiale, di quei tempi durissimi».

 

Un po' lo è anche lei, che è nato nel 1946.

«Certo. Pensi che mio padre Guerrino, che era un ufficiale, è stato internato in cinque campi di concentramento fra Polonia, Germania e Cecoslovacchia. A fine conflitto ha dovuto aspettare sei mesi per riprendere peso prima di tornare a casa. I suoi racconti mi hanno segnato. Gliene dico solo uno: nelle baracche erano così magri e denutriti che, se c' era qualcuno che aveva ancora la forza di fare una battuta simpatica, tutti cercavano di non ridere perché avevano paura di morire.

 

Morire, capisce?

FABIO CAPELLOFABIO CAPELLO

Coloro che sono sopravvissuti, alla fine, si sono sentiti legati per sempre. Ad esempio, con papà in campo di concentramento c' era anche Paolo Baffi, che sarebbe divenuto Governatore della Banca d' Italia. Ebbene, quando era ancora il vice di Guido Carli, Baffi invitò mio padre a Roma e appena si videro si abbracciarono commossi e in quell' ufficio cominciarono a cantare le canzoni della loro prigionia.

Alla fine Baffi disse a mio padre: "Hai bisogno di qualcosa?". E lui rispose: "Di nulla, sono solo venuto a trovarti". Papà non si è mai voluto spostare da quella casetta dove abitavamo in sei.

Avrei voluto regalargli una villa, ma lui mi ha sempre risposto: "Non ci penso neanche. Per noi va benissimo casa nostra".

Mamma infatti ancora abita lì».

TRUMPTRUMP

 

Anche lei ha sentito l' onda della guerra?

«Tanto. A Pieris, nel mio paese, c' è stato un momento che abbiamo corso il rischio di essere assorbiti dalla Jugoslavia, perché Tito voleva portare i confini sull' Isonzo. In quei tempi per andare a Trieste dovevamo passare la dogana. Ecco, c' era la paura di finire sfollati e perdere così quel poco che avevamo.

 

Ma mio padre è sempre rimasto uomo di principi. Si figuri che, dopo aver dato la parola a Mazza di mandarmi alla Spal, venne a casa nostra Viani, che mi voleva al Milan, e gli suggerì di liberarsi dall' impegno così: "Dica che era ubriaco", ma papà rispose: "Non se ne parla. Noi abbiamo una sola parola. Non ci sono soldi che tengano"».

fabio capellofabio capello

 

È vero che Pieris è stato il paese più piccolo d' Italia a giocare in Serie C e a dare, inoltre, 15 giocatori alla Serie A?

«Confermo. Si figuri che all' epoca eravamo mille abitanti. C' era solo la scuola e il campo di calcio e così tutti lavoravano per la squadra. Le aggiungo che 4 di Pieris e dintorni sono andati in Nazionale, di cui due della stessa famiglia, io e mio zio Tortul. Insomma, scuola e pallone. Non c' era neppure la parrocchia».

 

Lei ha conosciuto Putin e Berlusconi: sorpreso che si intendano così bene?

«Berlusconi è intelligente e pragmatico, proprio come Putin. Capisce con chi deve allearsi per raggiungere obiettivi economici e di pace. L' embargo alla Russia, ad esempio è una cosa che ha danneggiato molto l' Europa e l' Italia in particolare. Alla fine, poi, tutto quello che arrivava da noi, i russi hanno trovato altre strade per averlo. Sotto questo aspetto Berlusconi e Putin si sono trovati in sintonia.

Certo, l' annessione della Crimea è stata una cosa grave, ma l' embargo non è la strada giusta.

Senza contare che la Crimea è molto russa e un referendum in fondo c' è stato».

 

Crede nel feeling tra Putin e Trump?

PAPA FRANCESCOPAPA FRANCESCO

«Io ho molta speranza. Spero che non si vadano più a mettere i missili Nato vicino al confine e che non si facciano le esercitazioni nei pressi dei Paesi Baltici o dell' Ucraina. Mi sembrano delle provocazioni. Proprio per vedere la Russia "sdoganata" tifavo Trump».

 

Lei che è amico di Silvio Berlusconi, che effetto le fa vederlo contestato anche all' interno del centrodestra dai vari Salvini, Fitto, Meloni e così via?

«A me dispiace vedere questa gente, che ha avuto benefici, subito pronta a dimenticare».

 

A proposito di leader forti, le piacerebbe un Putin in Italia?

«No, la Russia ha bisogno di Putin, noi no. Noi abbiamo la chiesa cattolica, tanti partiti e non abbiamo le dimensioni enormi e le differenze etniche e religiose che hanno loro».

 

FABIO CAPELLOFABIO CAPELLO

Al di là della pubblicistica occidentale, fra passato nel Kgb, repressione alla libertà di stampa e dissidenza messa a tacere anche in modi brutali, la figura di Putin è poco limpida.

«Guardi, tante sono solo voci.

Certo, da parte dei giornalisti c' è un timore nel parlare del potere che viene dal periodo comunista, dove tutti spiavano tutti. Occorrerà una generazione per cambiare le cose. Comunque, come dicevo, non si possono usare gli stessi criteri nostri per giudicare quel mondo».

Parlando di sport, sulla Russia c' è quell' ombra del doping di stato che ha portato all' esclusione dai Giochi di Rio.

«Io credo che per prendere queste decisioni avessero in mano delle prove; non puoi andare contro una Nazione così importante senza averne. La cosa brutta è che nel calderone ci è caduto dentro anche qualche atleta pulito e quindi sacrifici di anni sono andati in malora».

Anche il calcio italiano, a cavallo tra la fine degli anni Novanta e il Duemila, è stato chiacchierato.

 

Lei, che del doping è stato un avversario, pensa che alcuni di quei risultati siano stati falsati?

«Dire falsato è troppo, però poche squadre erano fuori dal sistema. Poi c' è chi ha parlato solo di abusi farmacologici. Forse sbaglio, ma io li ritengo uguali al doping: tutti aiuti illeciti. Per un periodo c' erano solo analisi delle urine, troppo poco. Ora però credo che ne siamo fuori».

 

Il suo amico Zoff, bandiera della Juve, in una intervista al Corsera dice che i bianconeri non dovrebbero rivendicare i due scudetti di Calciopoli, quelli vinti da lei. Sorpreso?

«Sì, però ognuno ha le proprie idee. Per me sono due scudetti che abbiamo vinto sul campo».

 

La sua passione per l' arte moderna e contemporanea è nota. Le è mai dispiaciuto che il suo tipo di calcio, invece, non sia mai stato considerato moderno?

FABIO CAPELLOFABIO CAPELLO

«Senta, nel calcio gli innovatori recenti si sono visti in tre squadre: l' Ajax, il Milan e il Barcellona. Quando parlo del Milan intendo Sacchi e poi anche me, che ho cambiato delle cose.

Quando fai una innovazione crea problemi agli avversari per due anni, poi prendono le contromisure e quindi bisogna evolversi. Se non lo fai, non hai capito nulla».

 

Restando nel campo dell' arte, se dovesse paragonare la Serie A che ha vissuto e quella attuale a degli artisti, quali sceglierebbe?

«La mia era quella dei Fontana e dei Burri, ora può essere dei Castellani. I primi hanno fatto la storia, questo pittore ancora no. Se vogliamo tornare a essere dei Fontana, occorre aver coraggio e lanciare i giovani».

 

Lei ha detto che la Juve lo può solo perdere lo scudetto: cosa manca a Roma e Milan per raggiungerla?

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«Alla Roma poco. Ora che con Dzeko ha trovato il centravanti, deve convincersi della propria forza. E non mi sarei mai immaginato che Totti avrebbe giocato fino a 40 anni, perché aveva la tendenza a ingrassare. Lo vedevo con un fine carriera alla Ronaldo, invece è stato bravo a capire come allenarsi e nutrirsi. Il Milan è più indietro, è un cantiere. Montella sta facendo un bel lavoro. Da calciatore non avrei immaginato che diventasse allenatore. Non vedevo in lui questa voglia, però ha sempre avuto fantasia napoletana e riesce a trasmetterla ai giocatori».

 

Tornando a Putin, con gli anni si è molto legato alla chiesa ortodossa, grazie anche alla religiosità di sua madre. A lei cosa è filtrato da suoi genitori?

«Mia madre è devota e mio padre è sempre andato a messa, però aveva deciso di non fare mai la comunione, perché diceva: "Prima voglio andare a parlarci io con quel signore lì". Forse gli orrori visti in guerra lo avevano segnato. Pensi che lui stava per farsi prete. Era stato in seminario a Torino fino a 18 anni e poi se ne andò, senza voler dare mai spiegazioni».

capello sensicapello sensi

Lei la comunione la fa?

«Sì, sono cattolico, a volte la faccio. Ma anche io un giorno vorrei andare a parlare con quel signore lì (ride, ndr)».

Apprezza Papa Francesco?

«Ha fatto molte cose buone, sopratutto sul fronte degli abusi sui bambini, che per me sono imperdonabili. Certo, forse parla un po' troppo e così a volte risulta meno efficace. E poi voglio dirle una cosa: ero all' udienza in Vaticano il giorno prima della partita della Pace, e alla fine non ci ha dato la benedizione. Ci sono rimasto male».

 

Ma lei come s' immagina dopo la morte?

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«L' idea di una tomba non mi piace, mentre mi alletta l' idea di viaggiare anche da morto. Perciò ho già deciso: cremazione, ceneri al vento e via. So che la Chiesa però ancora non lo permette; magari chiederò di fare un' eccezione...».

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