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Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

VIDEO BERSANI ELETTORALE


Francesco Persili per Dagospia

«Ricordo la prima volta, la mia mano che tremava». Sarebbe stato un pezzo di pura avanguardia libertaria ma non fatevi illusioni, Enzo Lattuca, candidato alla Camera, sul palco dell'Ambra Jovinelli sta raccontando solo del suo primo voto nel seggio di Cesena. Seguiranno riflessioni emozionate e citazioni di prammatica: Gli Indifferenti di Gramsci, Aldo Moro e il «poeta» De Andrè: «Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?»

Il claim "la prima volta" lancia la corsa di Bersani verso Palazzo Pigi e Anna Ascani, futuro onorevole e calciatrice mancata, fa volare le anime belle: «La politica non è una cosa sporca, è la nostra vita». E così via tra cuori infiammati di idealismo e languori da giovani turchi. I diritti sociali insieme a quelli civili. Modello Giuditta Pini, 28 anni, modenese, candidata a Montecitorio dopo aver raccolto più di settemila preferenze alle primarie.

Una corsa che inizia nel '94. «Per colpa di Silvio», naturalmente. Al tempo della prima discesa in campo del Cav. l'ex studentessa dell'Onda andava alle elementari ma ricorda benissimo la nota sul diario presa perché aveva litigato con un bambino a cui piaceva Berlusconi.

L'eterno presente che fa dire a Fausto Raciti, segretario Gd con un seggio garantito in Parlamento: «Il Cavaliere è un uomo che cerca di fermare il tempo, soffre della sindrome di Mick Jagger». Una rockstar, quindi? «Un grande attore, piuttosto, che recita sempre la stessa parte...»

Nel tempio del teatro comico, che ha visto furoreggiare da Petrolini a Totò fino a Lillo e Greg, la politica-cabaret e il politicismo che hanno caratterizzato l'avvio della campagna elettorale finiscono nel mirino di Bersani. Ehi, ragassi, «non si nasce imparati neanche in politica ma non c'è bisogno nemmeno di avere 60 anni per essere imparati».

Davanti ai neo-maggiorenni che a febbraio voteranno per la prima volta, il segretario del Pd tira qualche frecciata a Monti e archivia «l'insostenibile leggerezza» del ventennio berlusconiano, demolisce il qualunquismo «che approda a posizioni fascistoidi per cui non c'è più differenza tra destra e sinistra» e prova a delineare una prospettiva di ricostruzione del Paese.

Norme anti corruzione, leggi sul conflitto di interesse e per i figli degli immigrati, liberalizzazioni, una piattaforma laburista in termini di politica economica che metta al centro il lavoro e un nuovo modello sostenibile di welfare.

Dalla sinistra legata ai valori e ai fatti concreti di quel gran pezzo dell'Emilia scolpita da Bersani alla sinistra romana che - secondo il sindaco Alemanno - porta sfiga: «La verità è un'altra: la sinistra della Capitale fa gli scongiuri e prega che non piova o non nevichi perché da quando c'è questo sindaco ogni volta che succede qualcosa, si blocca la città», ribatte il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli che conferma le primarie per la scelta del candidato al Campidoglio per la fine di marzo.

Tra Ileana Argentin e Ranucci, spunta il vice-capogruppo al Senato Luigi Zanda in vena di profezie: «il Pd vincerà le elezioni, Bersani sarà il prossimo presidente del Consiglio e nel prossimo esecutivo, se ci sarà il concorso dei centristi sarà una buona cosa...»

Sulla stessa lunghezza d'onda anche Matteo Orfini: «il giorno dopo le elezioni i progressisti chiederanno ai moderati la disponibilità a discutere insieme di riforme e si verificherà la compatibilità dei programmi».

Il giovane turco richiama il fronte europeo critico nei confronti dell'austerity («il rigore non ha prodotto risanamento e il debito pubblico è aumentato»), rammenta l'intervista al Financial Times di Fassina (che segue tutto l'intervento di Bersani, in piedi, vicino a Franceschini) e ribadisce la necessità di creare lavoro e promuovere politiche di sviluppo che aiutino le nuove generazioni.

Mentre Bersani spara a palle incatenate sui partiti personali che definisce cancro della democrazia e rivendica la scelta di non mettere il nome sul simbolo, lo spin Gotor approfondisce le questioni legate alle scelta di trasformare il partito in infrastruttura civica e i caratteri della "narrative" bersaniana che parte dal principio di realtà «e da un'Italia vera».

Basta con «i cieli azzurri», le luminarie fasulle e le lontane promesse, lo storico che aveva in passato accusato Bersani di rivolgersi «a una ristretta platea di cattolici e socialisti dell'Ottocento» riannoda i fili di una sfida che porta il figlio di un benzinaio a giocarsi le sue carte per diventare presidente del Consiglio.

Ecco, quindi, dopo la photo opportunity alla pompa di benzina di famiglia, il comizio in piazza, la banda e l'afflato comunitario, la forzatura retorica del «cambiamento rassicurante» che dal rock di Vasco Rossi porta a scegliere come colonna sonora una canzone di Gianna Nannini, Inno, che dice vita, sofferenza, rinascita. Tra la via Emilia e il pop.

La singing review di Bersani mette in pausa Rolling Stones, Led Zeppelin, i concerti di Bob Marley dopo il suo primo consiglio regionale e degli Ac/Dc mentre si decideva la sua nomina a ministro, il senso a questa storia di Vasco e titilla, secondo Gotor, la «giusta misura», il tono rassicurante di un cambiamento che non deve spaventare un Paese già «impaurito e smarrito» ma piuttosto spingerlo a (ri)trovare speranza e coraggio.

Un po' quello accaduto ai tempi di Italia '90, delle notti magiche e di quell'inno anche in quel caso cantato da Gianna Nannini (con Edoardo Bennato). Come andò a finire, è storia nota. Si perse un mondiale che si pensava già vinto. Nel dubbio, è concesso ad ogni democratico di "allungare la mano e toccarsi l'America" (come da invocazione rock e libertaria di Gianna Nannini in un'altra canzone. E in un'altra Italia)

 

 

 

 

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