VIDEO-CAFONALINO WALTER EGO – VELTRONI BOCCIA RENZI CHE SI ATTOVAGLIA CON BRIATORE - E FLAVIONE LO IMPALA SU TWITTER: NON TI VOGLIONO NEMMENO IN AFRICA

Video di Veronica Del Soldà per Dagospia

Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia

1. I TWEET DI FLAVIO BRIATORE SU VELTRONI

Flavio Briatore ‏@BriatoreFlavio
Quanti posti di lavoro ha creato Valter Veltroni... siamo sopraffatti
Forse Renzi comprende dove si muove il lavoro

Flavio Briatore ‏@BriatoreFlavio
e dove si muove il nulla caro Valter
Chissà se mi avesse incontrato prima forse l'Unità non sarebbe fallita

Flavio Briatore ‏@BriatoreFlavio
Questo Veltroni (tipo melandri) dopo le sconfitte politiche non doveva andare in Africa (sempre stipendiato da noi)....

Franco Sala ‏@franco_sala
@BriatoreFlavio. Flavio #Veltroni ce lo terremo sulla groppa per sempre. In Africa manda gli italiani. Buon pomeriggio Boss.

Flavio Briatore ‏@BriatoreFlavio
@franco_sala ciao Franco certo che hanno nessuna vergogna..e non gli paghiamo lo stipendio..

Tonio Cantoro ‏@tcantoro
@BriatoreFlavio portalo con te in Kenya...

Flavio Briatore
non lo vogliono

Flavio Briatore ‏@BriatoreFlavio
Caro valter dei nostri successi ne parlano anche in cina e dei tuoi?

Flavio Briatore
‏@BriatoreFlavio
@filippogreco5 hai ragione questo è quello che la politica a prodotto


2. VELTRONI: RENZI NON DOVREBBE INCONTRARE BRIATORE
Alessandra Longo per "La Repubblica"

Un partito aperto, inclusivo, non leggero ma «solido», capace di intercettare le domande di cambiamento radicale che arrivano dalla società in crisi. Da tempo Walter Veltroni non parlava con tanta passione del Pd (e mai aveva preso così freddamente le distanze da Matteo Renzi, considerato suo erede). Ieri sera, teatro Eliseo di Roma affollato come il Lingotto d'altri tempi. Serata di presentazione del suo ultimo libro: «E se noi domani. L'Italia e la sinistra che vorrei».

Coincidenza fortunata. Il libro parla anche di riforme istituzionali. Nelle ore di massima fibrillazione sull'argomento, Veltroni torna pubblicamente sulla sua idea: «Io dico che bisogna uscire dalla condizione pericolosa di una democrazia che non decide. Semipresidenzialismo, rafforzamento dell'esecutivo... si scelga una strada e si vada fino in fondo. Non cerchiamo spot ma una visione d'insieme, all'altezza di quella che ebbero i nostri Padri Costituenti. Di questo abbiamo bisogno e non, sia chiaro, di nuove furbizie, di qualcuno che pensi al semipresidenzialismo alla francese magari non bilanciato dal conflitto di interessi...».

Coraggio di cambiare, di affermare la propria radice identitaria di sinistra, di volare alto. Il parterre convocato da Veltroni lo invoca a gran voce. Ci sono la presidente della Camera Laura Boldrini, il segretario del Pd Guglielmo Epifani, l'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino ed Eugenio Scalfari. Unico, quest'ultimo, a prendere posizione su questa ansia di nuova architettura istituzionale che sembra dettare l'agenda politica. Scalfari mette in guardia gli sponsor del presidenzialismo e semipresidenzialismo, evoca le esperienze sudamericane, dall'Argentina al Cile, dall'Ecuador al Brasile dove la vittoria di Lula «è stato come fare tombola».

L'Italia - ricorda il fondatore di Repubblica- ha eletto, con l'attuale sistema, presidenti come Einaudi, Pertini, Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Lista di eccellenza cui si contrappone in un Paese dove i partiti sono di proprietà, tranne il Pd, l'insidia nascosta nel kit presidenzialista: «Vogliamo rischiare di mandare al Quirinale Grillo o Berlusconi?». Brivido in sala.

Cambiare, rischiare. Veltroni insiste: «Bisogna avere il coraggio di una riforma radicale. La crisi economica e la fragilità istituzionale possono portare dritti alla deriva del populismo e dell'autoritarismo, come scriveva Calamandrei ». Fa un certo effetto, in questa cornice declinata al futuro, la freddezza nei confronti di Matteo Renzi l'innovatore: «Ho simpatia
per lui, mi deve parecchio in termini di diritti d'autore...». E poi, quasi a bassa voce: «Su Briatore, però, non ci capiamo più». Il riferimento è al recente incontro tra il sindaco di Firenze e il re del Billionaire.

Dove andrà a parare il Pd? Gerardo Greco cerca di far dire a Epifani qualcosa sulle riforme istituzionali. Il clima è cordiale ma il segretario amabilmente glissa cercando piuttosto le sintonie con il disegno veltroniano. Anche lui evoca la «fragilità del sistema politico », e si dispiace dell'anemia identitaria del partito. Solo un sistema di valori forti, dice, può portare alla costruzione di «una visione ». Quella visione che gli italiani attendono per poter avere di nuovo fiducia nel domani.

In sala anche Ignazio Marino, accolto con standing ovation e benedetto da Veltroni: «Vedrai che il mestiere di sindaco è il più bello del mondo. E tu lo farai benissimo restituendo l'anima a Roma che, in questi ultimi cinque anni, l'ha persa».

Tocca a Laura Boldrini che evita, «per ovvie ragioni», il tema delle riforme costituzionali ma si lancia in un appassionato decalogo della sinistra che vorrebbe, più vicina alla società, ai diritti delle persone: «Ci vuole più coraggio, più passione, più nettezza». E anche «più sobrietà». Qui la presidente della Camera è chiarissima: «Per un politico non ci deve essere differenza tra comportamento pubblico e privato». Senza fare nomi.

 

Riccardo Pacifici Raffaele Ranucci Paolo Masini Patrizia Prestipino Paolo Conti Piera Detassis Massimo Wetmuller Marida Lombardi Pijola e AnnaMaria Ranucci

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