
DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - CHI SONO GLI “INCEL”? SI TRATTA DI “CELIBI INVOLONTARI”, SOPRATTUTTO, MA NON SOLO, MASCHI RIFIUTATI E CHE NON FANNO MAI SESSO E CHE SI CHIUDONO IN MONDI DI CINEMA O VIDEOGIOCHI CONDIVISI IN RETE CON ALTRI “INCEL”. PER LO PIÙ SVILUPPANO UNA MISANTROPICA INDIFFERENZA, QUALCHE VOLTA ODIO FINO ALL’OMICIDIO - L’INTERVISTA A MASSIMILIANO MARTIRADONNA DEL COLLETTIVO DIKOTOMIKO, AUTORE DEL LIBRO “INCEL IN UNA STANZA”
Federico Ercole per Dagospia
Incel, ovvero celibi involontari. Coloro che non hanno relazioni sessuali, forse non le hanno mai avute e si chiudono -struggendosi o esaltandosi, magari impazzendo e facendo stragi- in universi di cinema e videogiochi e fumetti, condividendo le loro ossessioni/passioni con comunità virtuali composte da altri Incel. Gli incel possono essere di qualsiasi genere, infatti il termine fu definito da una ragazza canadese nel 1997 ma con il tempo sono restati per lo più maschi bianchi.
D’altronde femminismo o non femminismo, patriarcato o non patriarcato, è assai più facile che solo ci resti un uomo non attraente e soprattutto non ricco, essendo la società ancora schiava di questi cliché sociali malgrado fumose dichiarazioni di emancipazione. Ci sono tanti Incel tra le comunità dei videogiocatori, quelli che si indignano se la protagonista di un Horizon, ad esempio, è una donna non troppo sessualizzata ma forte. O il celeberrimo Depression Quest, sviluppato da una donna che volle sottrarre il videogioco ai luoghi dominanti dello sparatutto e per questo avversata in maniere indegne: l’origine dello scandalo conosciuto come “Gamergate”.
massimiliano martiradonna incel in una stanza
Il collettivo “Dikotomiko” ha scritto uno straordinario compendio letterario e filosofico sul tema, che risulta appassionante e inquietante quanto un romanzo “new horror”: Incel in una stanza, per Shatter Edizioni. È sul cinema dei “maschi brutti, soli e cattivi” ma parla anche di videogiochi. Ho fatto qualche domanda a Massimiliano Martiradonna, critico ed esegeta del cinema, che insieme a Mirco Moretti compone Dikotomiko, già responsabile degli scritti Black Fears Matters e Lo Specchio Nero.
Scrivete soprattutto di cinema horror, e in effetti non lo sono anche gli incel un tema da horror; è anche per questo che hai scritto a proposito?
L’horror è uno specchio magico che riflette la realtà, o meglio, la proietta. Nel genere c’è tutto: incubi, paranoie, fobie, lotta tra generi, tra generazioni, tra classi. L’horror è un’ideologia, cioè una visione del mondo. Scriviamo di horror ma con la lanterna accesa, con la presunzione di fare luce su quello che sfugge ai radar, a volte del pubblico, più spesso della critica ufficiale, ingessata su posizioni che ostacolano l’intercettazione dell’inquietante, nel presente o nei futuri prossimi.
In questo senso nessuno ha mai preso in considerazione questo incubatoio di paranoie e deliri che è l’incelosfera, nessuno prima ha considerato come questa subcultura si appropri delle icone cinematografiche – pop per eccellenza – per strutturarsi ed attecchire su persone, spesso in situazioni di disagio economico e psicologico, che vivono compulsivamente di jpeg, di reel, di meme.
Perché avete scelto di scrivere a proposito del Gamergate? Quale è la sua importanza seminale nella definizione e rivelazione del fenomeno incel?
Siamo arrivati al Gamergate attraverso l’analisi di USS Callister, uno degli episodi cult della serie cult Black Mirror, presente in stagione 4 e di così clamoroso successo dall’essere l’unico episodio con un sequel – una puntata di 90 minuti, un film, praticamente – in stagione 7, cosa contraria al dogma dei creatori di Black Mirror. All’epoca dell’uscita di USS Callister il dibattito si concentrò proprio sul fatto che guardasse indubitabilmente al Gamergate, su come questo avesse fatto luce – anche qui la lanterna – su un sottomondo sessista, pieno di solitudine, di odio e di rimestatori tendenziosi.
incel in una stanza del collettivo dikotomiko
Molti lettori, leggendo Incel in una Stanza, ci domandano: è colpa del cinema? E’ colpa dei videogiochi? Noi rispondiamo seminando ulteriori domande, piuttosto che colpe manichee e responsabilità. Per decenni il mondo dei videogiochi è stato uno sfogatoio per persone vissute nel disagio, si ritrovavano nella loro solitudine, alcuni si nascondevano dietro nickname che rievocavano i nomi dei serial killer o dei mass shooter, poi si connettevano on line e alimentavano odio e rancore vicendevolmente con altri giocatori, invisibili ma realmente esistenti.
Il Gamergate è stato un test di come può funzionare militarmente una macchina dell’odio che conta su migliaia (milioni ?) di cani sciolti, che non si sono mai incontrati né mai si incontreranno, ma che hanno in comune l’alienazione. Per farvi un esempio: il killer di Graz di qualche settimana fa, che ha fatto strage in una scuola media, era un accanito giocatore di sparatutto in prima persona e frequentatore di LAN party. La polizia ha affermato di ritenere che i suoi principali contatti sociali fossero stati formati dalla comunità online dei giocatori e che per il resto fosse un solitario che se ne stava per conto suo.
Non pensate che ci siano comunque preconcetti e generalizzazioni sui videogiochi e sul loro pubblico?
Assolutamente, il mondo ed il pubblico dei videogiochi sono costantemente oggetto di stigma e pregiudizi. Come appassionati di cinema noi invece guardiamo con entusiasmo ed interesse allo scambio costante e biunivoco tra cinema e videogame, sia in quanto ad autori e sceneggiatori, sia in quanto a modi di rappresentare che diventano anche modi di raccontare.
Penso ai film girati in soggettiva ad esempio, o alla famosa estetica dei videogame che per noi è un contenitore pieno anziché vuoto, una miniera di soluzioni visionarie. E’ tuttavia altrettanto vero che spesso i videogiocatori condividono forme di settarismo molto pericolose, diventano fanatici alla maniera del tifo calcistico, E’un aspetto che hanno in comune con alcuni gruppi di adoratori di fumetti.
Dopo l’uscita del libro abbiamo subito violentissimi attacchi on line da un gruppo che si raccoglieva dietro una pagina, apparentemente innocua, di fumetti e videogiochi vintage anni 90, ma che in realtà era un incubatoio per deliri antifemministi, novax, sovranisti assortiti
Che rapporto hai con i videogame, li giochi? Quali ami?
Ho un rapporto bonario ma distante. Decenni addietro sono stato addicted di Tekken, di Time Crisis e di un ammazzazombie di cui non ricordo più il titolo. Oggi è il cinema che attira tutte le mie compulsioni, ma gurado mio figlio crescere e giocare, seppure in maniera moderata. Un titolo che ha molto amato, e che io gli ho consigliato, è Read Dead Redemption
Gli incel si stanno estinguendo o evolvendo?
Gli incel si evolvono, sono una subcultura che oggi è conosciuta anche da chi non è incel, o non ha avuto a che fare con gli incel. Bifo Berardi, nel raccontare di Thomas Crooks, lo sparatore di Donald Trump, evidenziava come fosse un personaggio totalmente avulso dal sottomondo incel – nessun manifesto o invito all’azione, nessuna frequentazione di forum, nessun profilo social, nessuna esistenza digitale – ma che, nonostante questo, fosse proprio il primo caso di incel universale, per il suo essere, all’apice della sua solitudine, totalmente fuori da ogni sistema eppure così chiaramente riconoscibile, Incel oggi purtroppo è uno stigma.
Va fatta luce su persone sole che vivono nel disagio e possono essere preda dei soliti cattivi maestri. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo solo provato a disvelare come il cinema, i videogame, la musica possano essere chiavi per capire rappresentazioni ed autorappresentazioni degli incel
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