donald trump vladimir putin alexander dugin

NUOVO DISORDINE MONDIALE: TRUMP STA DEMOLENDO OGNI CERTEZZA - ALEXANDER DUGIN, POLITOLOGO RUSSO PROPAGANDISTA DEL CREMLINO, GODE: "È PIÙ VICINO IDEOLOGICAMENTE A PUTIN CHE ALLA MAGGIOR PARTE DEGLI ALLEATI OCCIDENTALI DI WASHINGTON" - IL POLITOLOGO YASCHA MOUNK: "LO SCANDALO NON È CHE TRUMP PARLI CON PUTIN, MA IL MODO IN CUI NE PARLA: È UN LINGUAGGIO DA BUSINESS, PIÙ CHE DA DIPLOMAZIA, CON COMPLETO MENEFREGHISMO DI QUELLO CHE ERA L'ORDINE MONDIALE PRESTABILITO" - "L'EUROPA DEVE DECIDERE COSA FARE…"

1. "TRUMP PIÙ VICINO A PUTIN CHE ALL'OCCIDENTE"

ALEKSANDR DUGIN

Estratto dell'articolo di R. e. per “La Stampa”

 

Il sospetto era già diffuso, adesso a Mosca lo rende esplicito anche un personaggio di spicco, il famoso filosofo e teorico politico russo Alexander Dugin. Parlando a con un giornalista della Cnn, Fred Pleitgen, Dugin ieri sera ha detto di credere che «il presidente americano Donald Trump è più vicino ideologicamente al presidente russo Vladimir Putin che alla maggior parte degli alleati occidentali di Washington».

 

Putin Trump

Dugin […] viene spesso definito «il cervello di Putin» o «il filosofo di Putin» ed è considerato da molti come l'architetto ideologico dell'invasione dell'Ucraina da parte del capo del Cremlino. […] […] il presidente Putin […] non ha mai indicato in Dugin una fonte di ispirazione. Comunque è un fatto (probabilmente non casuale) che le analisi politiche e le dichiarazioni messianiche di Dugin e di Putin spesso coincidono. […]

 

2. YASCHA MOUNK "MOSCA OTTERRÀ CIÒ CHE VUOLE SENZA CONCESSIONI PER TRUMP L'UCRAINA APPARTIENE AL CREMLINO" "

Estratto dell'articolo di Simona Siri per "La Stampa"

 

Yascha Mounk

È finita da poco la telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin […] Yascha Mounk – politologo, uno dei maggiori studiosi della crisi della democrazia liberale e dell'ascesa del populismo – nei giorni scorsi si era detto preoccupato per quello che si preannunciava come un accordo in cui l'Ucraina aveva tutto da perdere e la Russia tutto da guadagnare.

 

Oggi, a telefonata conclusa, non è stupito. «Sono mesi ormai che la situazione sembra volgere in questa direzione, con l'Ucraina che sarà costretta ad accettare una perdita del suo territorio sovrano. È ormai evidente da tempo che non è in grado di respingere l'esercito russo dal suo territorio e che quindi, in qualche maniera, una qualche forma di cessazione delle ostilità sia necessaria. Il problema è che, se anche questa realtà esiste, avremmo avuto bisogno di una condizione per arrivare a una pace non dico giusta, ma almeno la meno ingiusta possibile».

 

LA TELEFONATA PUTIN TRUMP SECONDO OSHO

Quale condizione?

«Il continuo sostegno pubblico e militare da parte degli Stati Uniti e dell'Europa, in modo da costringere Putin a fare delle vere concessioni. La paura in questo momento non è il cessate il fuoco, che tutti ci auguriamo, ma che si arrivi ad accettare che parte del territorio ucraino rimarrà sotto il controllo della Russia e che alla Russia non sarà chiesto nulla in cambio. Queste due cose insieme se anche portano alla pace, non portano a una pace stabile, se consideriamo le mire espansionistiche di Putin.

 

Putin esce riabilitato e rafforzato dalla telefonata con Trump?

«Lo scandalo non è che Trump parli con Putin, ma il modo in cui ne parla. Trump parla di "divisione degli asset ucraini". È un linguaggio da business, più che da diplomazia. […] Trump vede il mondo diviso secondo sfere di influenza.  Crede che l'Ucraina faccia parte della sfera di influenza naturale della Russia, che Taiwan faccia parte della sfera di influenza naturale della Cina e che la Groenlandia o Panama debbano fare parte della sfera di influenza naturale degli Stati Uniti.

la telefonata tra donald trump e vladimir putin

 

Il tutto condito da un'ottica opportunista per cui l'obiettivo è trarre il massimo da quelle zone che sono appunto sotto la diretta influenza degli Usa e abbandonare il resto a Russia o Cina, con completo menefreghismo di quello che era l'ordine mondiale prestabilito».

 

In tutto questo Trump come vede l'Europa?

«È un alleato ma conta poco o molto a seconda di quanto serve agli interessi americani. L'Europa […] dell'Ovest […] deve continuare a essere orientata verso Washington, ma in termini molto meno favorevoli rispetto al passato. In questo nuovo contesto mondiale l'Europa deve decidere cosa fare. Se vuole essere una entità il cui destino viene determinato da politici o dittatori lontani o se vuole diventare arbitra del suo stesso futuro.

 

E se vuole prendersi in mano il proprio futuro, allora deve cambiare parecchio, non solo spendere più soldi sul militare, ma anche ridiventare una vera forza economica nel mondo. […] Per troppo tempo l'Europa ha pensato di seguire un po' il modello italiano, un declino lento, ma piuttosto confortevole. In questa nuova realtà mondiale mi sa che questa opzione non esiste più».

DONALD TRUMP URSULA VON DER LEYEN

 

Ursula von der Leyen dice che se l'Europa vuole la pace deve essere preparata alla guerra.

«[…] Io credo che la miglior maniera per proteggersi contro il pericolo di un'espansione russa sia di avere forza di dissuasione, ma per mettere in pratica la dissuasione bisogna anche essere in grado di difendersi. Nessuno in Europa vuole la guerra, ma a volte la miglior maniera di evitare la guerra è sapersi difendere».

putin trumpALEKSANDR DUGINDONALD TRUMP GIOCA A HOCKEY CON PUTIN - IMMAGINE GENERATA DALL IAvladimir putin se la ride per il ritardo della chiamata con donald trumpursula von der leyen e donald trump a davos nel 2020 VIGNETTA ELLEKAPPA - IL VERO SUCCESSO DI TRUMPGIORGIA MELONI VLADIMIR PUTIN DONALD TRUMP aleksandr dugin al congresso dei russofili a mosca

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…