WALL STREET, INSIDER TRADING A GO-GO - INCRIMINATO UN NUTRITO GRUPPETTO DI DIRIGENTI E TRADER CHE SI SCAMBIAVANO INFORMAZIONI RISERVATE - UN GIRO D'AFFARI DA 15 MLN DI DOLLARI - SOSPETTI ANCHE SULLA MAXI-OFFERTA DI KKR SULLA TEXANA TXU.

Marco Valsania per "Il Sole 24 Ore"


Wall Street aveva abituato i suoi censori a scandali di nuova generazione e da new economy: dalla ricerca manipolata su società di dubbie prospettive ai collocamenti truccati delle start-up più richieste, dalla scarsa trasparenza delle sue pratiche a sofisticate tecniche di compravendita, market timing e late trading, a favore dei grandi investitori, fino al coinvolgimento nei bilanci truccati dei colossi della Corporate America.

Ma neppure i vecchi vizi tramontano: a scuotere la piazza azionaria di New York è stata adesso una classica vicenda di insider trading, scoperta dalla Securities and Exchange Commission e dal Dipartimento della Giustizia e che ha portato ad almeno 13 incriminazioni. Ovvero il passaggio illegale - tra dirigenti e trader in forza a banche d'investimento quali Ubs, Bear Stearns e Morgan Stanley e anche ad alcuni hedge fund - di informazioni riservate per scommettere in anticipo sui movimenti del mercato. Una vicenda che ha consentito agli accusati di intascare 15 milioni di dollari.

E ieri sera la Sec ha annunciato di aver avviato indagini per far luce su un sospetto caso di insider trading anche nell'ambito dell'operazione Txu, la prima grande utility texana sulla quale i fondi Kkr e Texas Pacific Group hanno lanciato l'offerta da quasi 45 miliardi di dollari. La Consob americana ha congelato 5,3 milioni di dollari generati dalla vendita di stock option, acquistate appena pochi giorni prima dell'annuncio dell'operazione. «C'è il forte sospetto su alcune transazioni avvenute su conti esteri», spiega Katherine Addleman, il funzionario della Sec che conduce le indagini.

È in corso quindi la principale offensiva di "pulizia" di Wall Street lanciata dall'autorità federale sotto la guida di Christopher Cox, la cui leadership sembrava finora destinata più ad ammorbidire che non a irrigidire i controlli su vecchia e nuova finanza. Quella che gli inquirenti hanno definito una truffa «spregiudicata» era cominciata, quasi casualmente, nelle viscere di Grand Central Station, la grande stazione ferroviaria di New York. Qui, al ristorante Oyster Bar, nel 2001 Mitchell Guttenberg e Erik Franklin gettarono i semi della loro operazione.

Mitchell, che oggi ha 41 anni, era allora un executive nella divisione di ricerca di Ubs e aveva un debito da 25mila dollari da restituire a Franklin, 39enne al tempo gestore di Lyford Cay, hedge fund di Bear Stearns. Il piano concepito dai due era semplice: Guttenberg avrebbe ripagato Franklin passandogli analisi e rating ancora segreti della Ubs capaci di influenzare l'andamento di titoli e consentendo al gestore sicure scommesse.



Proprio dalle soffiate targate Ubs sarebbero derivati gran parte dei 15 milioni di dollari in guadagni illegali. Ma la rete di insider trading ben presto si allargò: una seconda fonte di insider information che coinvolse broker di Bear Stearns, nel 2004 e 2005, divenne Morgan Stanley grazie all'ex avvocato della società Randi Collotta. La trentenne legale, coadiuvata dal marito Christopher, passò a più broker notizie top secret altrettanto delicate: piani di fusione e acquisizione.

A rendere paradossale il nuovo ramo dello scandalo è il ruolo svolto da Collotta per Morgan: era un compliance officer, ovvero tra i funzionari incaricati di verificare il rispetto delle normative e delle leggi da parte della banca, mansioni rafforzate all'indomani dell'ondata di scandali scattata con i crack di Enron e WorldCom. Uno dei passaggi di informazioni riservate, secondo la ricostruzione del «Wall Street Journal», sarebbe avvenuto attorno al 18 aprile 2005: la Adobe System annunciò allora l'acquisto di Macromedia, spingendo il titolo in rialzo del 10 per cento.

Ma prima dell'annuncio Collotta aveva già passato la notizia a un amico operatore in Florida, Marc Jurman, che comprando opzioni su Macromedia guadagnò 30mila dollari e inoltrò l'informazione a un broker di Bear Stearns che aveva lavorato con Franklin, Robert Babcock, facendogli intascare 75mila dollari. Nell'intero periodo 2001-2003 il fondo Lyford Cay generò 600mila dollari di profitti illeciti e, con Babcock, si arricchirono altri due trader di Bear Stearns. Franklin, lasciata Ubs nel 2002, sbarcò inoltre presso un altro hedge fund, Chelsey Capital ora Dsj, generando altri due milioni di dollari di utili illegali. E un ulteriore investitore nella catena di insider information, David Tavdy,rastrellò complessivamente sei milioni.

Le accuse non si fermano all'insider trading: affiorano anche ipotesi di ricatto, connessi al pagamento di 150mila dollari a due degli operatori coinvolti per metterli a tacere. Nel mirino, inoltre, accanto ai singoli individui sono finite anche una società di day-trading, la Jasper Capital, e due hedge fund, Dsj e Q Capital, alimentando le polemiche per gli scarsi controlli su un universo di neoprotagonisti in continua espansione. Quattro degli accusati, tra cui Franklin e Babcock, hanno finora ammesso la loro colpevolezza.

Mentre le banche rimaste scottate, tutte firme di grande prestigio, si sono affrettate a negare ogni responsabilità:Ubs ha riaffermato l'impegno all'integrità del suo business. Bear Stearns ha denunciato l'accaduto come violazione delle sue «politiche e procedure». E Morgan Stanley si è definita «scioccata»e coopera con l'inchiesta.

Anche Bank of America è stata sfiorata:un suo broker avrebbe accettato busterelle in cambio di accesso a nuovi collocamenti. Le attività di insider trading dalla vasta "cordata" di operatori sarebbero proseguite dal 2001 fino a sei mesi or sono: allora la Sec completò una prima indagine su compravendite di titoli da parte del suocero di Franklin, legate nel 2005 all'acquisizione della Catellus Development nella quale era impegnata Morgan Stanley. Il sospetto di irregolarità divenne presto realtà.


Dagospia 05 Marzo 2007