IL "CODICE SISTINA" - IN UN LIBRO SI AFFERMA CHE GLI AFFRESCHI DI MICHELANGELO ALL'INTERNO DELLA CAPPELLA CONTENGANO MESSAGGI PACIFICATORI TRA CATTOLICI ED EBREI E ANCHE UN INSULTO A PAPA GIULIO II.
Stefano Miliani per "l'Unità"
Come un pozzo senza fondo, a cercare messaggi segreti negli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina qualcosa può sempre saltar fuori. Una nuova ipotesi vi avrebbe scovato lettere ebraiche nascoste, messaggi pacificatori tra religione cattolica ed ebraica, e finanche un insulto mascherato a un papa. Il tutto lo rivelerebbe un libro di cui ha dato conto il "Times" londinese di domenica: il volume si intitola "The Sistine Secrets: Unlocking the Codes in Michelangelo's Defiant Masterpiece", lo ha pubblicato a fine aprile Harper Collins, è già uscito in spagnolo, dovrebbe uscire in Francia, Olanda, Brasile, Polonia, in autunno in Italia.
Firmano il saggio il rabbino Benjamin Blech, professore associato di Talmud alla Yeshiva University di New York, membro della delegazione ebraica che nel 2005 ringraziò Papa Giovanni Paolo II per la sua visita al Muro del Pianto e per quanto aveva fatto per gli ebrei, e Roy Doliner, scrittore nonché drammaturgo americano che vive a Roma e guida spesso ebrei alla Sistina. Blech e Doliner avrebbero visto cose mai viste finora.
Secondo i due autori il Buonarroti avrebbe insultato - senza farsi notare - papa Giulio II, il committente del soffitto della Sistina nel 1508. Sulla parete in cui raffigura Zaccaria l'artista avrebbe celato, nelle fogge del profeta, il pontefice. Dietro di lui compaiono due putti, uno dei quali tiene il pugno con il pollice inserito tra l'indice e il medio.
«Un gesto estremamente osceno dietro la testa di Giulio», scrivono Blech e Doliner, cioè la versione medioevale del dito medio così frequentemente alzato oggigiorno fra automobilisti in vena di complimenti. L'artista avrebbe mandato a quel paese, nelle stanze del committente stesso, la persona più potente dell'Occidente. L'avrebbe insultato, e bastava molto meno per finire sul rogo, perché il Buonarroti odiava corruzione e lusso papalini.
Ancora: nel Giudizio Universale, iniziato nel 1534, Blech e Doliner hanno rintracciato lettere ebraiche. Una la incarnerebbe David: nella battaglia contro Golia il giovane eroe avrebbe la forma della lettera «gimel», che nella Cabala simboleggia la forza, mentre nella parete opposta la scena di Giuditta con fantesca e la testa mozzata di Oloferne avrebbe le sembianze della lettera «chet», ovvero, per i due autori, «la gentilezza amorosa» (tra cristianesimo ed ebraismo). Sia Davide che Giuditta, per Blech e Doliner, corrisponderebbero ai due lati dell'«albero della vita» della Cabala.
Per arrivare a queste conclusioni, che già fanno il giro del mondo mediatico, i due ricercatori (non sono storici dell'arte), si appoggiano alla biografia di Michelangelo e alle sue frequentazioni. Ricorrono innanzi tutto agli anni giovanili a Firenze a fine '400, sotto Lorenzo il Magnifico, ai cenacoli dove prendevano parola il neoplatonico Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, dove il pensiero si apriva alla cultura ebraica (nonché araba).
Ora, che l'Umanesimo fosse intriso anche di cultura ebraica lo hanno accertato più studiosi. Ora, che Michelangelo, in special modo nella fase tarda della sua lunga vita (1475-1564), considerasse con favore una religiosità più scarna, contraria al lusso, lo hanno suggerito lettere con la sua nobile protettrice Vittoria Colonna, alcune sue poesie, lo ha suggerito, testi alla mano, anni fa libro del restauratore e studioso del Buonarroti Antonio Forcellino. Che Michelangelo spedisse a quel paese il pontefice tramite pittura suona improbabile: col suo carattere, sapeva farlo a voce.
Dagospia 17 Giugno 2008
Come un pozzo senza fondo, a cercare messaggi segreti negli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina qualcosa può sempre saltar fuori. Una nuova ipotesi vi avrebbe scovato lettere ebraiche nascoste, messaggi pacificatori tra religione cattolica ed ebraica, e finanche un insulto mascherato a un papa. Il tutto lo rivelerebbe un libro di cui ha dato conto il "Times" londinese di domenica: il volume si intitola "The Sistine Secrets: Unlocking the Codes in Michelangelo's Defiant Masterpiece", lo ha pubblicato a fine aprile Harper Collins, è già uscito in spagnolo, dovrebbe uscire in Francia, Olanda, Brasile, Polonia, in autunno in Italia.
Firmano il saggio il rabbino Benjamin Blech, professore associato di Talmud alla Yeshiva University di New York, membro della delegazione ebraica che nel 2005 ringraziò Papa Giovanni Paolo II per la sua visita al Muro del Pianto e per quanto aveva fatto per gli ebrei, e Roy Doliner, scrittore nonché drammaturgo americano che vive a Roma e guida spesso ebrei alla Sistina. Blech e Doliner avrebbero visto cose mai viste finora.
Secondo i due autori il Buonarroti avrebbe insultato - senza farsi notare - papa Giulio II, il committente del soffitto della Sistina nel 1508. Sulla parete in cui raffigura Zaccaria l'artista avrebbe celato, nelle fogge del profeta, il pontefice. Dietro di lui compaiono due putti, uno dei quali tiene il pugno con il pollice inserito tra l'indice e il medio.
«Un gesto estremamente osceno dietro la testa di Giulio», scrivono Blech e Doliner, cioè la versione medioevale del dito medio così frequentemente alzato oggigiorno fra automobilisti in vena di complimenti. L'artista avrebbe mandato a quel paese, nelle stanze del committente stesso, la persona più potente dell'Occidente. L'avrebbe insultato, e bastava molto meno per finire sul rogo, perché il Buonarroti odiava corruzione e lusso papalini.
Ancora: nel Giudizio Universale, iniziato nel 1534, Blech e Doliner hanno rintracciato lettere ebraiche. Una la incarnerebbe David: nella battaglia contro Golia il giovane eroe avrebbe la forma della lettera «gimel», che nella Cabala simboleggia la forza, mentre nella parete opposta la scena di Giuditta con fantesca e la testa mozzata di Oloferne avrebbe le sembianze della lettera «chet», ovvero, per i due autori, «la gentilezza amorosa» (tra cristianesimo ed ebraismo). Sia Davide che Giuditta, per Blech e Doliner, corrisponderebbero ai due lati dell'«albero della vita» della Cabala.
Per arrivare a queste conclusioni, che già fanno il giro del mondo mediatico, i due ricercatori (non sono storici dell'arte), si appoggiano alla biografia di Michelangelo e alle sue frequentazioni. Ricorrono innanzi tutto agli anni giovanili a Firenze a fine '400, sotto Lorenzo il Magnifico, ai cenacoli dove prendevano parola il neoplatonico Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, dove il pensiero si apriva alla cultura ebraica (nonché araba).
Ora, che l'Umanesimo fosse intriso anche di cultura ebraica lo hanno accertato più studiosi. Ora, che Michelangelo, in special modo nella fase tarda della sua lunga vita (1475-1564), considerasse con favore una religiosità più scarna, contraria al lusso, lo hanno suggerito lettere con la sua nobile protettrice Vittoria Colonna, alcune sue poesie, lo ha suggerito, testi alla mano, anni fa libro del restauratore e studioso del Buonarroti Antonio Forcellino. Che Michelangelo spedisse a quel paese il pontefice tramite pittura suona improbabile: col suo carattere, sapeva farlo a voce.
Dagospia 17 Giugno 2008